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Pescara, 25/07/2024
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Data: 12/08/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Prezzi, deflazione anche a luglio

ROMA L'Italia resta in zona deflazione, con i prezzi di luglio confermati in negativo. E dal momento che non è l'unico Paese dell'Eurozona a flirtare con uno scenario deflazionistico, toccherà nuovamente alla Bce muoversi: ora se lo aspetta anche il Fondo monetario internazionale. L'istantanea dell'Istat, per la verità, non è drammatica. I prezzi sono in calo annuo dello 0,1% a luglio, ma va meglio rispetto al mese precedente (-0,4%) e rispetto al più allarmante -0,5% registrato a fine aprile.
Il carrello della spesa monitorato dall'istituto statistico - che di fatto conferma i dati preliminari - segna una crescita dello 0,4%, accelerando dallo 0,2% di giugno. Ma per Mario Draghi e i suoi economisti, è solo l'ultimo tassello di un quadro che si va delineando da alcuni mesi. Nonostante l'impatto della Brexit sia rimasto abbastanza contenuto, e passato l'ostacolo non da poco degli stress test bancari, l'economia dell'Eurozona procede con una ripresa mediamente debole e l'inflazione appare ben lontana dagli obiettivi dell'Eurotower, che già hanno fatto slittare al 2018 il ritorno all'obiettivo dei prezzi al 2%. E dunque, se Francia e Germania tengono, la Spagna (che pubblicherà i dati oggi) è attesa con un dato pesante: -0,6%. E a peggiorare il tutto c'è il prezzo del petrolio, tornato a scendere dopo la recente ripresa, con un -13% in poco più di un mese, mettendo un punto interrogativo sulle previsioni di un'inflazione che si andava gradualmente rafforzando. Per gli economisti del settore privato, è chiaro che Draghi dovrà rimettere mano al Quantitative easing, gli acquisti di titoli (principalmente governativi) partito nel 2015 e finora destinato a raggiungere quota 1.700 miliardi di euro. Un'espansione che probabilmente non arriverà l'8 settembre, quando torna a riunirsi il consiglio Bce sulla politica monetaria. Ma che rischia di arrivare entro fine anno, probabilmente nella forma di un nuovo slittamento della scadenza del Qe, finora fissata a settembre 2017, e con la possibilità di un'ulteriore accelerazione degli acquisti mensili di asset finanziari (erano partiti con 60 miliardi al mese e quest'anno sono saliti a 80 miliardi).
LA STRATEGIA DI FRANCOFORTE
Come la pensino negli ambienti finanziari internazionali - con l'Eurozona che non è neanche il problema principale, visto che il Giappone è risprofondato in deflazione nonostante gli acquisti stellari del debito pubblico- è abbastanza chiaro dalla lettura di un articolo sul blog del Fmi a firma di Andy Jobst e Huidan Lin: «Ulteriori tagli dei tassi potrebbero indebolire l'efficacia della politica monetaria» (il pensiero va alle banche europee che annaspano tra margini d'interesse risicatissimi). E dunque, «guardando avanti, la Bce potrebbe doversi affidare maggiormente a più acquisti di asset». Nuovi negoziati aspettano Draghi, con i maldipancia tedeschi sul Qe destinati a riaffiorare: sempre più economisti ragionano, data l'ampia indisponibilità di titoli tedeschi i cui rendimenti sono scesi troppo, se non sia il caso di comprare più carta italiana, o spagnola, rinunciando alla regola che vuole il Qe proporzionato alla capital key, la quota di ciascun Paese nel capitale Bce.

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