Iscriviti OnLine
 

Pescara, 25/07/2024
Visitatore n. 738.574



Data: 12/08/2016
Testata giornalistica: Rassegna.it
Incognita risorse sulle pensioni. I sindacati chiedono più degli 1,5 miliardi ipotizzati dal governo. Pil, verso revisione stime

ROMA Governo a caccia di risorse per far quadrare i conti in vista della legge di Stabilità in un clima che si sta surriscaldando per l’inquietudine dei sindacati sul tema pensioni. Il governo punta a mettere sul piatto 1,5 miliardi per la flessibilità in uscita e gli altri interventi previsti per modificare le riforma Fornero, ma dalle prime stime che stanno emergendo ne servirebbero almeno 4 a regime e dunque le parti sociali reclamano più fondi. Proprio in queste ore si capirà qualcosa in più sugli spazi di manovra a disposizione di Palazzo Chigi ma il vento che tira non è affatto buono. Oggi l’Istat rende noti i dati sul Pil dei primi 6 mesi che secondo gli economisti, in scia alla deludente produzione industriale, dovrebbe salire appena dello 0,2% nel secondo trimestre. Si fa sempre più concreto quindi il rischio che il Tesoro debba rivedere al ribasso quell’1,2% scritto nel Def e procedere con la nota di Aggiornamento da presentare a fine settembre riducendo la stima a quota 0,8%. Situazione che aggraverebbe il livello di deficit previsto che, pur restando sotto il 3%, salirebbe oltre il 2,3% concordato in sede europea. Ma quello sulla crescita non è l’unico dato atteso: da Bankitalia potrebbe arrivare un’altra brutta sorpresa in tema di debito pubblico mettendo a forte rischio la promessa del governo di far scendere il passivo per la prima volta dopo 8 anni. Insomma l’attesa è alta mentre si cerca di capire come comporre la prossima manovra e su quali risorse poter contare. Il piatto forte della prossima legge di Stabilità sarà l’intervento sulle pensioni: dalla flessibilità in uscita all’aumento delle minime. Si partirà dalla cosiddetta Ape, l’uscita anticipata dal lavoro almeno 3 anni e 7 mesi prima col prestito ventennale garantito da banche e assicurazioni che costerebbe comunque alle casse pubbliche 600-700 milioni. Il governo cerca quindi di valutare alternative tecniche e recuperare nuove risorse rispetto a quelle già in cassa. Un lavoro complicato dal fatto che tra i sindacati crescono i mal di pancia. E nella Cgil in particolare. «L’Ape è un prestito, un marchingegno che non può funzionare come soluzione generale al tema della flessibilità in uscita» ha tuonato Susanna Camusso. «Del resto - ha argomentato - è facile capire che l’idea che ci si debba indebitare alla fine dell’età lavorativa, con un prestito da restituire in 20 anni sulla stessa pensione, è un’idea contraria alla naturale propensione delle persone». Meno severo il giudizio della Uil. «Si tratta di uno strumento per andare incontro ad alcune esigenze» ha riconosciuto il segretario confederale Domenico Proietti, avvertendo però che, per alcune tipologie di lavoro come i disoccupati di lungo corso, gli invalidi e chi svolge lavori usuranti, «il governo deve coprire il rimborso della rata del prestito della banca». Per poter fare valutazioni «serie e di merito», la Cisl rimanda a settembre quando, con la ripresa del confronto sulle materie delle politiche attive e del lavoro, «sarà possibile verificare la quantità di risorse necessarie», ha detto il segretario confederale, Maurizio Petriccioli.

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it