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Pescara, 25/07/2024
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Data: 02/09/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
La fuga dalla Raggi scuote il Comune: si dimettono in 5 Lei: «Non mi fermo». Per primi lasciano i vertici dell'Atac (la municipalizzata dei trasporti) - l'amministratore unico Armando Brandolese e il direttore generale Marco Rettighieri. Il sindaco assediato nel bunker lite con Taverna: «Così o lascio»

ROMA La fuga dal Campidoglio parte in piena notte. Quando Virginia Raggi, con un post su Facebook, annuncia l'intenzione di revocare l'incarico di capo di Gabinetto a Carla Romana Raineri: una nomina che aveva creato polemiche con la base dei Cinque stelle per lo stipendio (193 mila euro annui), ma anche tensioni tra le diverse anime del M5s. La notizia, anticipata ieri dal Messaggero, crea un imprevedibile effetto domino: in mattinata vengono annunciate le dimissioni «irrevocabili» di Raineri - che diffida chiunque avanzi l'ipotesi che le sue dimissioni siano legate ad eventuali riduzioni dei suoi compensi - e di Marcello Minenna, assessore al bilancio e uomo chiave della giunta capitolina, sponsorizzato proprio dall'ormai ex capo di Gabinetto. «Ho servito lo Stato anche stavolta, come sempre», spiega l'uomo venuto dalla Consob, che lascia in polemica con il raggio magico che aveva deciso di defenestrare Raineri. La collaborazione tra i due si era consolidata già nella segreteria tecnica dell'ex commissario straordinario del Comune di Roma, Francesco Paolo Tronca.
LE AZIENDE
Come se non bastasse, ad alimentare il caos romano arrivano in sequenza altre tre dimissioni pesanti. Per primi lasciano i vertici dell'Atac (la municipalizzata dei trasporti) - l'amministratore unico Armando Brandolese e il direttore generale Marco Rettighieri - dopo giorni di polemiche col Campidoglio, tacciato di «ingerenze e intromissioni». Poi tocca ad Alessandro Solidoro, amministratore unico di Ama, arrivato da meno di un mese alla guida dell'azienda dei rifiuti e fedelissimo di Minenna, che «ha ritenuto venute meno le condizioni per l'incarico affidatogli».
LA REAZIONE
«Stiamo lavorando per individuare delle personalità di rilievo che possano contribuire al rilancio della città: non ci fermiamo», assicura la sindaca alla sua maggioranza, subito riunita a Palazzo Senatorio. «Tutti parlano di caos e di bufera, ma questo è solo l'inizio - dice il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, sponsor di Minenna - Chi pensava che governare Roma sarebbe stata una passeggiata si sbagliava. Ci siamo fatti tanti nemici». Il parlamentare di punta del M5s assicura: «Governeremo Roma». Ma il clima è tutt'altro che sereno: stupore tra i consiglieri, voci di dissidi interni a pezzi dell'amministrazione capitolina, gelo nel mindirettorio a 5 Stelle. C'è preoccupazione nelle stanze del Campidoglio e nella base pentastellata, in fermento. Sulla nomina di Carla Raineri arriva anche un esposto depositato ieri da Fratelli d'Italia. Per il capogruppo Fdi Fabrizio Ghera, che ha firmato l'esposto con Andrea De Priamo, sulla nomina di Raineri «scegliendo l'articolo 110 del Tuel hanno eluso due requisiti importanti della norma: il primo, accertarsi che all'interno dell'amministrazione nessuno avesse i requisiti richiesti; il secondo, bandire un avviso pubblico». E il Pd parte all'attacco: «Dopo neanche due mesi e mezzo, Virginia è già al capolinea». Votate all'understatement le parole di Matteo Renzi: «Rispetto il lavoro del sindaco, ha vinto lei, a lei onori e oneri, non metto bocca sulla squadra, chi vince ha la responsabilità e il dovere di governare». Parole identiche spese anche per l'allora sindaco Ignazio Marino, che dopo pochi giorni vide la sua giunta cadere. Raggi resiste, ma a neanche tre mesi dalla sua elezione deve già subire il primo scossone.


Il sindaco assediato nel bunker lite con Taverna: «Così o lascio»

ROMA «Vai, pubblica». Sono le 4.45 di notte, le luci nell'ufficio di Virginia Raggi sono ancora accese, nemmeno un'ora e il sole spunterà da dietro ai Fori. Al primo piano del Campidoglio però si tira alle lunghe, è in corso bagnata dai caffè una riunione ristrettissima: ci sono, tra gli altri, Daniele Frongia, l'inseparabile braccio destro, e Raffaele Marra, il contestato vicecapo di gabinetto. Sono appunto le 4.45 quando la sindaca dà il via libera al suo portavoce: «Ok, Teo, pubblica il post sul mio profilo Facebook». L'ora è inusuale per chi frequenta i social e lo status che sta per essere condiviso non è uno come tanti: si parla della revoca della nomina del capo di gabinetto Carla Romana Raineri dopo lo stop dell'Anac (la notizia è già nota, in quanto anticipata da Il Messaggero).
LO SCONTRO
E' l'inizio di una giornata lunghissima, con pezzi da novanta della Capitale che si dimetteranno, saltando come tappi di lambrusco. Giudici e «professori», politici e manager. Raineri, e Marcello Minenna, il sindaco ombra, e poi i vertici di Atac e Ama. E' l'inizio di un nuovo corso, «la guerra d'indipendenza», ma anche di un isolamento che si fa plastico, per «Virginia». L'unico big che l'avvocato pentastellata incontra è la senatrice Paola Taverna, poco prima di pranzo. Il faccia a faccia, per chi conosce la Taverna e la sua proverbiale schiettezza, non è difficile da immaginare. In Comune si racconta di urla. «Ti stai facendo il vuoto intorno, Virginia. Stai danneggiando Roma e soprattutto il M5S. Ho parlato anche con Beppe. Queste sono due perdite gigantesche». La risposta della sindaca suona così, piatta e abbastanza impostata come ormai vuole apparire la grillina. «Rispetto la trasparenza e soprattutto le nomine dei miei collaboratori le faccio io. Altrimenti mi dimetto». Ecco, questo è un concetto che la Raggi farà trapelare anche durante la riunione di maggioranza allargata ad assessori e presidenti dei municipi.
LE MINACCE
Un'altra riunione anomala, «surreale». Le voci dello scontento sono rappresentate da Andrea Coia, consigliere comunale di primo pelo. Tacciono Marcello De Vito, il presidente del consiglio comunale, e Paolo Ferrara, il capogruppo. Bene, proprio Coia critica la sindaca e chiede che venga azzerato tutto lo staff, a partire proprio da Salvatore Romeo, il capo della segreteria politica, che da dipendente capitolino è stato premiato - in quanto militante - vedendosi triplicare lo stipendio («Invece noi dobbiamo mettere un tetto ai compensi fino a un massimo di 70mila euro»). La sindaca - che ufficialmente non metterà mai il naso fuori dal proprio ufficio per tutta la giornata - dirà, come riportano tanti consiglieri, che «d'ora in poi ci sarà maggiore condivisione nelle scelte», un linguaggio non proprio da nuovo corso politico. Ma allo stesso tempo ripete, anche in questa circostanza, che vuole le mani libere e persone fidate al suo fianco. Il riferimento è soprattutto al tandem Minenna-Raineri, ritenuto dal «Raggio magico» (che ha vinto la battaglia ma rischia di perdere la guerra) una sorta di microspia dei big del M5S all'interno del Comune. Un contropotere, insomma. Dietro le quinte si tenta un disperato tentativo di ricucitura con l'assessore al Bilancio, ma la sindaca alza lo scontro e fa circolare che «siamo già al lavoro per il sostituto del professore».
Arrivano fulmini nelle chat e silenzi pesanti - l'unico che lo romperà sarà Luigi Di Maio in tarda serata per una dichiarazione non proprio dirompente - e i grillini romani attaccano: «Dopo due mesi Virginia è già come Pizzarotti a Parma». Oppure: «Se continua così le togliamo il simbolo». Intanto la pagina Facebook della Raggi, quella del post quasi all'alba, inizia a essere riempita dalle critiche dei militanti per la prima volta. Per chi bazzica da un po' le maestose aule del Campidoglio sembra che il tempo si sia fermato: ancora un bunker, ancora un primo cittadino in trincea contro il proprio partito, ancora un teatrino della politica con il retroscena che supera ancora una volta la scena. Affidata per il momento alle parole un po' lunari e da prima repubblica di Daniele Frongia, l'unico a metterci la faccia davanti alle telecamere: «Cinque dimissioni in un giorno? Non è una crisi ma trasparenza». E' sera quando i commessi capitolini, che ne hanno viste parecchie, aprono le braccia. E' in corso un'altra riunione di maggioranza (presenti Gianluca Perilli e Paola Taverna per il mini direttorio), processano la sindaca. Urla e sbuffi dal primo piano («Ma noi che ci stiamo a fare? Non si può andare avanti così», chiedono i consiglieri a Virginia). Un commesso in portineria: «Me sa che famo l'alba pure sta volta».

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