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Data: 02/09/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Il piano fiscale del governo: cuneo giù e più produttività

ROMA Meno tasse sul lavoro: sia con una riduzione strutturale del cuneo-fiscale e contributivo, se possibile già dal prossimo anno, sia con misure finalizzate a spingere la produttività. Il presidente del Consiglio conferma la volontà di ridurre il peso dell'imposizione che grava sulle imprese. Il punto fermo è la riduzione di tre punti dell'Ires che scatterà dal 2017, come previsto già dalla legge di Stabilità approvata lo scorso autunno. Accanto a questa mossa che favorisce le società e quindi in particolare i grandi gruppi, Renzi ne ha annunciata ieri un'altra: sempre dal prossimo gennaio debutterà anche l'Iri, imposta sul reddito imprenditoriale, una misura che era stata inserita nella legge delega di riforma del fisco ma poi non aveva trovato attuazione. In questo caso i beneficiari sono le società di persone in contabilità ordinaria, quindi sostanzialmente i piccoli.
LA PLATEA L'idea di fondo è separare il reddito che l'imprenditore in quanto persona percepisce (soggetto a Irpef) e quello dell'impresa sottoposto invece alla nuova imposta allineata a quella dell'Ires. L'aliquota complessiva si ridurrebbe e gli imprenditori sarebbero incentivati a lasciare in azienda una parte degli utili. La platea degli interessati si aggira sul mezzo milione di soggetti, con un costo per l'erario in termini di minor gettito poco al di sotto del miliardo; proprio questo aspetto aveva finora ritardato l'introduzione della novità. Contemporaneamente, il premier ha annunciato anche provvedimenti specifici a favore in particolare dei lavoratori autonomi più giovani.
Nel menu della legge di stabilità entreranno poi la conferma, o addirittura il rafforzamento del cosiddetto super-ammortamento degli investimenti e - a beneficio dei lavoratori - una più robusta detassazione della quota di retribuzione legata alla produttività: saliranno sia la soglia di reddito al di sotto della quale si è ammessi al beneficio, sia l'importo della somma sottoposta ad una tassazione sostitutiva del 10 per cento, al posto della più alta aliquota Irpef.
Fin qui le misure praticamente certe. Ma lo stesso Renzi, in un'intervista radiofonica a Rtl, ha spiegato che «piano piano interverremo per ridurre in modo strutturale il costo del lavoro». Il problema è ben noto: come sostituire l'incentivo temporaneo della decontribuzione, che dopo aver spinto il mercato del lavoro ha visto negli ultimi mesi i propri effetti quasi azzerati. Il taglio di alcuni punti dell'aliquota contributiva che grava sugli stipendi di tutti i lavoratori (non solo i neoassunti), taglio da mettere finanziariamente a carico dello Stato per non intaccare le pensioni future, è un progetto al quale l'esecutivo lavora da tempo. Iniziare ad attuarlo già dal prossimo anno non sarà però facile, anche se Palazzo Chigi non ha rinunciato a questa opzione. Mentre dovrebbe senz'altro restare fissato al 2018 l'appuntamento con la riduzione generalizzata dell'Irpef.
IL QUADRONaturalmente su tutto ciò incombe l'incertezza del quadro macro-economico. Per oggi il governo si attende una buona notizia dall'Istat, ovvero la revisione verso l'alto (allo 0,1-0,2 per cento) di quell'imbarazzante zero calcolato in via provvisoria per il secondo trimestre di quest'anno. A spingere l'ottimismo sono gli ultimi dati positivi sul fatturato dei servizi. Bisognerà poi decidere quale stima di crescita scrivere per l'intero anno e poi per il 2017 nella Nota di aggiornamento al Def. Su quei numeri si baseranno a loro volta le previsioni sul deficit e di conseguenza l'entità della manovra da realizzare. Politicamente sarebbe preferibile indicare per il 2016 un +1 tondo, valore che tuttavia a detta degli analisti è tutt'altro che scontato. E resta da capire se ci saranno ulteriori margini di flessibilità rispetto agli obiettivi europei di riduzione del disavanzo.

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