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Pescara, 25/07/2024
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Data: 08/09/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Grillo: Raggi avanti ma noi vigileremo E impone la tregua con il Direttorio. Beppe torna a giocare la carta del Vaffa Ma si raccomanda: sul palco baciatevi tutti

ROMA L'abbraccio di Nettuno ricompatta per una sera il direttorio grillino. Le battute dal palco di Beppe Grillo fanno tornare il sorriso al popolo M5S ma non il buon umore, non disinnescano uno scontro interno che rimane durissimo. A prevalere è la linea delle scuse, riassunta dall'ex comico nella formula minimalista «abbiamo fatto una cazzatina». Per tutto il giorno l'arrivo del capo grillino viene ammesso e negato. Depistaggi, avvistamenti. Un fantasma, Grillo.

SUMMIT IN CAMPAGNA La Raggi arriva in Campidoglio di primo mattino e dice che un incontro con il leader «è possibile». Intanto in Senato una decina di parlamentari pentastellati si riuniscono per esaminare la situazione. All'incontro non è presente Paola Taverna, la senatrice che ha inviato la mail a Di Maio per metterlo al corrente che l'assessore Muraro era indagata. Poi si scatena la caccia a Grillo. Finito il tempo delle dirette streaming, ecco le riunioni segretissime in aperta campagna laziale, stile G8 . Un incontro al quale ha preso parte anche il vice sindaco Frongia. Poi i big tutti insieme, Di Maio, Di Battista, Ruocco, Sibilia sul palco di Nettuno per il comizio della riscossa. E per ribadire il «no secco» alle Olimpiadi.
Nessuno si cosparge il capo di cenere. Tutt'al più l'ammissione che «si può imparare dagli errori, perché chi è che non sbaglia?».
Per ammissione dello stesso Grillo «è stata una giornata difficile». Mentre Virginia Raggi intanto va avanti: «Vigileremo, nel caso ravvisassimo profili di illiceità agiremo di conseguenza, sconti non ne abbiamo mai fatti a nessuno e continueremo a non farli», promette, postando un video in cui appare dimagrita e provata. Lo ripeto - continua - vogliamo leggere le carte. Ci auguriamo e chiediamo che arrivino quanto prima - prosegue - E siate certi che nel caso ravvisassimo profili di illiceità, agiremmo di conseguenza. Sconti non ne abbiamo mai fatti a nessuno e continueremo a non farli. Lo dico chiaro a tutti: saranno i pm a decidere se c'è una ipotesi di reato o si va verso una richiesta di archiviazione. Non i partiti o qualche giornale. Intanto, l'assessore deve continuare ad impegnarsi per ripulire la città. E si metta fine alle polemiche. Non è passato giorno senza che ci sia un attacco, un'accusa. Io ho le spalle larghe e non ho paura. Voglio migliorare Roma. Sono stati giorni e notti di lavoro senza sosta».

PASSO INDIETRO Rinuncia la Raggi dopo un lunghissimo braccio di ferro a Raffaele Marra, il vice capo di gabinetto diventato ormai un casus belli. Da ieri l'ex finanziere è stato demansionato. Era il suo braccio destro, l'uomo che nella scorsa consiliatura l'ha seguita nelle inchieste più importanti, quando lei da semplice consigliere era seduta all'opposizione. L'uomo che in questi primi 4 mesi controllava prima che lei le firmasse tutte le delibere nel timore che sotto il naso le finisse qualche polpetta avvelenata. La sindaca rinuncia anche a Salvatore Romeo, il capo della segreteria al quale aveva triplicato lo stipendio.

IL COMPROMESSO La rinuncia ai suoi fedelissimi è il primo atto di sottomissione al direttorio nazionale. Non aveva ceduto quando a chiederglielo era stata Roberta Lombardi, ha ceduto ieri dopo averne parlato a telefono con Belle Grillo (che ha evitato incontri diretti con lei, a sottolineare il gelo). In compenso l'assessore al Bilancio De Domicinis rimane al suo posto e potrà finalmente accomodarsi sulla sedia occupata fino a qualche giorno fa da Marcello Minenna. Resta sospesa in una bolla l'assessore al Bilancio Paola Muraro. «Stiamo aspettando di leggere il fascicolo della procura», scrive sul blog di Beppe Grillo la Raggi. La parola d'ordine è restare uniti. Roma è più importante, un tonfo avrebbe ricadute nazionali. Ma d'ora in poi i margini di autonomia della Raggi saranno ridotti. Esce, soprattutto, depotenziato il candidato premier Luigi Di Maio costretto a fare ammenda dinanzi alla prova delle sue responsabilità. Perseverare sarebbe diabolico.


Beppe torna a giocare la carta del Vaffa Ma si raccomanda: sul palco baciatevi tutti

NETTUNO Il bagno purificatore della piazza. Il tuffo dentro il popolo grillino, ritenuto magicamente capace di riportare concordia tra le fazioni 5Stelle e di coprire con il grido salvifico «onestà-onestà-onestà» i pasticci e le bugie del caso Muraro-Raggi-Di Maio. Anche se su Di Maio nella tempesta qualche dubbio serpeggia: «Ha sbagliato tutto, ma è un ragazzo...».
Mentre tra i colleghi del Direttorio, tutti insieme appassionatamente nell'esibizione della concordia sul palco di Nettuno dove il sindaco pentastellato ha un cognome in purezza perché si chiama Casto, qualche sussurro racconta che «questa storia potrebbe servire a dare una ridimensionata a Luigi». Il quale sta a lungo tra le braccia di Grillo, che lo coccola e lo protegge. E prima di andare on stage, Beppe dice ai suoi ragazzi: «Ora che salite sul palco state tutti insieme, abbracciatevi e baciatevi. Chiaro?».
La dissimulazione, arte suprema dei gesuiti, debutta su questo pianeta combat. E il tutti contro tutti di questi giorni convulsi, e per Roma drammatici, è l'immagine che deve sparire. A ciò serve questa «piazza, bella piazza, c'è una lepre pazza», come da celebre canzone di Claudio Lolli. Nella quale, Grillo ammette: «Qualche cazzatina ogni tanto la facciamo anche noi». Poi si lascia scappare una battuta un po' così su Di Maio, il quale dismessa la divisa da premier in pectore azzarda addirittura un jeans e una camicia normale senza grisaglia e cravattona: «Lo accuseranno anche di essere omosessuale». E anche questa, di Beppe sulla Raggi, non è sopraffina: «Virginia oggi è nella stessa condizione del primo sindaco negro del Mississippi nel 68...».
«Virginia, Virginia», intona la folla. È il turno di Di Maio, ovvero della contrizione: «Ho commesso un errore e ora, guardandovi negli occhi, ve lo dico». Poi comincia a dire che è tutto un complotto: «Dov'erano i giornalisti quando Mafia Capitale si stava mangiando Roma?». E via così, alla riconquista del passato di un'illusione, quella della possibile premiership. «Abbasso Renzi», tuona la piazza. Che Grillo cerca di divertire, tra un vaffa e un balletto: «Su, non vi abbattete...». Sui social, però, il Movimento è diventato gergalmente, dopo le gesta di Di Maio e compagnia, «mo-vi-mento»: ossia, ora vi racconto fandonie.
Contro il rischio del disfattismo che potrebbe affacciarsi tra gli elettori, il Dibba inteso come Di Battista l'esagitato motorizzato che volteggia tra discorsi sulla massoneria e altre piacevolezze è il Marat, l'ami du peuple che deve rassicurare le masse che i puri sono rimasti puri e tutto il resto è «complotto-complotto-complotto!». Il Dibba senza freni, mentre abbraccia sul palco Giggino, si sta prendendo il ruolo di candidato premier che Di Maio pensava di avere già in tasca?
L'uno se la gode questa piazza, l'altro ha nello sguardo la concentrazione triste e insieme l'horror vacui di chi sa che gli tocca partire quasi da zero nella ricostruzione della credibilità perduta.
IL RI-PASSO AVANTI L'affaire Di Maio e tutto il resto, insomma, hanno fatto fare un clamoroso passo indietro al passo di lato rispetto al movimento che Beppe sogna ormai da tempo ma le condizioni - ossia la crescita di una classe dirigente spendibile - clamorosamente non sembrano esserci. E abbonda invece, in Di Maio, un misto di vittimismo e di dietrologia così espresso nel backstage: «Mi sono sovraesposto, forse, e queste cose si pagano». Roberto Fico dal palco fa filosofia: «Il mondo è meta-realtà e noi siamo il nuovo umanesimo». «Abbiamo pure un sociologo», lo sbeffeggia affettuosamente Grillo. Lo show comunque è molto applaudito - unica critica dei presenti è quando il comico va via a bordo di una macchinona bianca a luci spente nel lungomare: «A Beppeeeeee, accendi i fariiii....» - e Grillo abilmente coccola la sua platea in un momento particolarmente difficile e a rischio disgregazione: «Questa è la piazza della giustizia e del perdono, la città di Santa Maria Goretti».
Ma Di Maio continua a soffrire. È come spaesato in questa condizione nuova di uno costretto a ridimensionare se stesso, senza darlo a vedere. È più caloroso del solito con il pubblico. Cerca l'affetto. Mentre il Dibba che delizia tutti tra cosche e piovre, e viene pure a piovere come al festival di Woodstock dove al posto di Ale c'erano Jimi Hendrix e Carlos Santana, fa il pienone dei consensi. Specie quando comincia a leggere nella notte di Nettuno il risorgimentale Marzo 1821 di Alessandro (Ale) Manzoni aggiungendo che «questa è la piazza del riscatto», e da un balcone di un palazzo di fronte al palco comincia a sventolare una bandiera tricolore che commuove Grillo e tutti quanti. Lo stesso Grillo che, ormai è passata più di un'ora, continua ad abbracciare platealmente Di Maio. Lo sta stritolando?

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