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Pescara, 25/07/2024
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Data: 11/09/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
La Raggi diserta l’incontro in Vaticano. L’Osservatore: Roma in stato di abbandono. L’ultimatum di M5S a Virginia: se sbaglia un’altra volta è fuori. Nel toto-nomi Grillo mette Di Pietro ma il sindaco non lo vuole in squadra

CITTÀ DEL VATICANO E dire che Virginia Raggi in Vaticano era partita col piede giusto, una udienza papale più che positiva, una intervista alla Radio Vaticana densa di temi cari alla dottrina sociale. I poveri, l’attenzione agli esclusi, la legalità, il decoro. Di quel credito però sembra essere rimasto poco a giudicare una serie di segnali. L’Osservatore Romano, per esempio, sempre parco di giudizi, ieri sentenziava severo: «Nella Capitale, a riprova dello stato di abbandono in cui per certi aspetti versa la città, pochi minuti di pioggia sonobastati per provocare la caduta di numerosi alberi, danneggiando alcune automobili e mettendo a serio rischio l’incolumità dei cittadini ». Poi si elencavano le strade allagate a causa della mancata pulizia dei tombini.
DELUSIONE A questo si aggiunge il secondo forfait nell’arco di pochi giorni a iniziative ecclesiastiche. Quattro giorni fa Raggi era attesa al Laterano su invito del rettore, mentre ieri pomeriggio la aspettava monsignor Galantino, segretario dei vescovi. L’Azione Cattolica aveva organizzato un momento di dialogo diretto tra centinaia di bambini, la sindaca e il vescovo. Saltato anche questo. All’ultimo minuto la segreteria del sindaco ha fatto sapere che vi erano «impegni inderogabili ». Galantino non ha rinunciato al suo consueto buon umore: «Sarei stato più dispiaciuto se non fossero venuti i ragazzi». Lei è favorevole alle Olimpiadi? «A parte che non è un argomento che ho seguito da vicino, meno male non devo decidere io. Certo, possono diventare un pericolo o una occasione, ma dipende dallo spirito con cui si affrontano le cose e dalle capacità che si mettono in campo». Insomma, non necessariamente rischiano di trasformarsi in una debacle economica. Quanto al futuro di Roma il vescovo si augura certamente un clima sereno e una «città più vivibile ». Come dargli torto. In pratica una Roma pulita in senso reale e in senso metaforico. Senza spazzatura per le strade e senza demoni nell’anima. Legalità, attenzione per i poveri, accoglienza. E l’affondo dell’Osservatore arriva dopo quelli di Galantino e Parolin.
LE ASPETTATIVE È la Roma che il Vaticano si aspetta dall’operato di un sindaco. «Purtroppo non abbiamo avuto ancora occasione per esprimere giudizi di merito su Raggi» viene fatto filtrare dai Sacri Palazzi. «Nessuna iniziativa concreta, fino ad oggi, ci permette di valutarne l’ operato a due mesi dal suo insediamento ». Il giudizio resta sospeso ma tra le righe si può leggere la delusione per un ritardo di operatività. Eppure l’impressione che la sindaca aveva suscitato durante l’udienza era più che positiva. Nei sacri palazzi c’è chi si addentra a soppesare con minore indulgenza l’empasse che sta paralizzando l’attività del Campidoglio: «Resta incomprensibile - dicono i più critici- questo rito bizantino di consultazioni a vari livelli e questa strana liturgia esoterica dei cerchi magici». C’è chi ritiene di aver notato una impreparazione di fondo complicata dalle contrapposizioni ideologiche tra le varie anime dei 5 Stelle, una di destra e l’altra di sinistra, che «erano fatalmente destinate a deflagrare ». C’è, ancora, chi suggerisce ai partiti dell’opposizione di sedersi sulla riva del fiume ad aspettare che i limiti gestionali delle liturgie grilline vengano a galla.

La delusione e il gelo della Santa Sede. Pesano i ritardi e gli errori di gestione

CITTÀ DEL VATICANO L’idillio, se di idillio si è trattato, è durato poco. Meno dello spazio di una estate segnata da una emergenza capitolina all’altra. La disillusione vaticana ha prevalso sull’ottimismo iniziale, quando nei Palazzi Apostolici si diceva: «Lasciamola lavorare e poi giudichiamo». Sembrano lontani anni luce i tempi in cui Virginia Raggi, sorridente e distesa, il primo luglio, varcava la soglia della biblioteca apostolica per conoscere Francesco, il Papa con il quale condivideva la visione della enciclica Laudato sì. Alla Radio Vaticana poi Virginia Raggi rassicurava il mondo cattolico sul fatto che avrebbe preso provvedimenti per fare uscire dallo stato di «emergenza o di pre emergenza la Capitale, ricominciando a programmare in maniera ordinata una visione del ciclo dei rifiuti». Proprio come è inquadrato anche nell’enciclica verde di Bergoglio. La possibilità che beni e oggetti possano essere riassorbiti dentro un ciclo produttivo per rientrare in circolo in modo diverso. Il Papa la aveva apprezzata per la sua semplicità, il suo andare controcorrente, l’impegno a difendere gli ultimi, a ravvivare le periferie, a dare ascolto agli emarginati. Un programma di governo che aveva fatto breccia. Francesco appoggiava persino la richiesta elettorale del pagamento dell’Imu. «E’ giusto che le strutture cattoliche paghino se devono pagare». Poi man mano che le difficoltà della giunta capitolina aumentavano, si allungavano di pari passo anche gli interrogativi degli uomini di Chiesa. Difficile ignorare la paralisi in tutti i settori, i campi dei profughi in alto mare, le emergenze sempre le stesse.
IL PERCORSO A determinare la vittoria della Raggi sono stati anche gli elettori cattolici. Per questo poco primadella visita al Papa, il neo sindaco, con tanto di fascia tricolore, era andata alla Pontificia Università Lateranense, per il Giubileo dei politici. Aveva assistito alla messa, poi ha fatto visita alla mensa Caritas di Colle Oppio. Intanto il Campidoglio ogni giorno regalava notizie paradossali. Un sindaco eletto con percentuali altissime si trovava costretto a consultare un direttorio per poter procedere. Qualcuno sostiene che l’idillio è finito perché la Raggi continua ad andare avanti con le coppie gay. Chissà. A rompere gli argini è stato il cardinale Parolin dichiarando: «Mi auguro che la situazione si risolva in modo tale che l’Amministrazione si metta a lavorare e ad affrontare i problemi e le difficoltà dei cittadini che a Roma sono molti». Opinione condivisa anche da monsignor Galantino. Più pesante L’Osservatore Romano, Roma è in uno stato di abbandono. La poltrona della Raggi traballa sempre di più. Quella del Vaticano potrebbe essere la spallata decisiva. Proprio come è accaduto al suo predecessore, Ignazio Marino.

L’ultimatum di M5S a Virginia: se sbaglia un’altra volta è fuori

ROMA «Perché Virginia non parla chiaro e da lei non esce un “no” secco alle Olimpiadi? Perché pur avendo commesso alcuni errori, sia pure in buona fede, non abbiamo ancora sentito il sindaco di Roma chiedere scusa come ha fatto Di Maio cospargendosi il capo di cenere? E perché non si decide a scegliere il nuovo assessore al Bilancio, prima che questa storia diventi una barzelletta?». La freddezza dei vertici pentastellati, l’irritazione per la falsa partenza e per gli scivoloni, si sta trasformando con il passare dei giorni in insofferenza. «Finché si sbagliano le nomine pazienza. L’inesperienza si può perdonare. Ma se si viene meno al programma allora non ci sono più alibi: Virginia è fuori», dicono chiaramente gli stessi che fino a ieri difendevano almeno le apparenze. Il concetto è chiaro: ora che lei, la Raggi, ha le mani libere, ora che può fare ciò che vuole. E non c’è un più un mini direttorio. E non c’è più la Taverna. E non c’è più Vignaroli, ora che Beppe è tornato a Genova e da Milano, dallo staff Casaleggio, non è arrivata nessuna telefonata né di censura né di incoraggiamento, «vediamo come Virginia se la cava». Solo qualche pressione per riportare in Comune l’ex assessore al Bilancio Marcello Minenna, presenza considerata strategica al di là delle divisioni.
L’AUTOCRITICA DI “DIBBA” Così si ragionava ieri nelle sfere più alte. Il timore che la Raggi non regga la tensione e si trasformi in una scheggia impazzita. Un altro caso-Marino. «Roma ha bisogno di un assessore al Bilancio e di essere governata, non c’è più tempo da perdere ». Ecco, la differenza è che ora sono loro e dire queste cose, i big del M5S, non l’opposizione. Aspettano a braccia conserte che la Raggi batta un colpo masoprattutto - e qui si sfiora la crisi ansiogena - che si affretti a dire quel “no” ai Giochi olimpici. Lo ha fatto Elio Lannutti con un post sul blog suggeritogli da Beppe Grillo per mettere fretta al sindaco. In Campidoglio a tutt’oggi nessuno però ha cliccato ”mi piace”. Lo ha fatto la Ruocco sulla sua bacheca Facebook e Di Battista che ieri, dentro un lunghissimo post, ha persino accennato al mea culpa, «io prenderò il buono dei miei sbagli, ne ho commessi in questi 3 anni come è ovvio che sia non essendo un politico di professione e avendo oltretutto un carattere piuttosto acceso». Inspiegabile agli occhi del direttorio resta il motivo per cui la Raggi non si sia ancora scusata. «Non dobbiamo aver paura di chiedere scusa specialmente se possiamo dimostrare che i nostri errori sono stati commessi in buona fede», si ragiona. «Se un sindaco - si fa osservare - prima tesse l’elogio del nuovo assessore al Bilancio De Dominicis in un video che hanno visto tutti ma 36 ore dopo scopre che quella nomina era inopportuna il minimo che ci si aspetta è che si scusi con i cittadini»
IL FACCIA A FACCIA Che siano stati toccati nervi scoperti è sin troppo evidente. Ieri Di Maio, uno che pure non manca di self control, si è scagliato contro Enrico Mentana e il direttore de La7 ha risposto per le rime. Altro segno del nervosismo che si autoalimenta dietro le quinte. L’ordine di scuderia rimane lo stesso: lasciatela lavorare. Non è il momento di alimentare le polemiche. Chi ad esempio come la senatrice pugliese Barbara Liuzzi si è lamentata chiedendo l’allargamento del direttorio «ha sbagliato », certe uscite, si fa sommessamente notare, producono l’effetto contrario. Certe questioni vanno discusse internamente come hanno fatto ieri sera Di Maio e Di Battista in un incontro privato a casa del deputato romano. Se il rapporto tra i due non si fosse incrinato, come si è cercato di far credere per insabbiare le tensioni non ci sarebbe stato bisogno di nessun faccia a faccia. Si è parlato ovviamente della Raggi e di come uscire dall’angolo in cui lei stessa si è infilata. A “Dibba” è stato chiesto un impegno più diretto, «è la tua città non puoi andartene in giro a fare i tour come se nulla fosse». Il messaggio è arrivato. Recapitato a domicilio. E per un po’ il suo scooter potrebbe non uscire dal grande raccordo anulare.

Nel toto-nomi Grillo mette Di Pietro ma il sindaco non lo vuole in squadra

ROMA Chi le sta vicino dice che Virginia Raggi, eufemisticamente, non sarebbe entusiasta dell’idea. Ma per il ruolo di capo di Gabinetto del Campidoglio, lasciato libero dieci giorni fa da Carla Romana Raineri, cresce il partito che spinge per l’approdo di Antonio Di Pietro negli uffici al primo piano di Palazzo Senatorio. L’ex pm - fondatore dell’Italia dei Valori e due volte ministro (dei Lavori pubblici e delle Infrastrutture) nei Governi di Romano Prodi - sarebbe pronto a confrontarsi con questa nuova sfida. Non con un ruolo in giunta, come qualcuno aveva sussurrato nei giorni scorsi, ma a stretto contatto con la sindaca. A fare da pontieri sarebbero alcuni ambienti vicini all’Idv: a partire da Elio Lannutti, presidente dell’Adusbef ed ex senatore dipietrista, autore nei giorni scorsi del post, pubblicato sul blog di Beppe Grillo e subito rilanciato su Twitter, con il quale è stato esplicitato il pollice verso dei pentastellati nei confronti della candidatura di Roma per le Olimpiadi 2024.
IL PRESSING Di Pietro, ieri, si è pubblicamente esposto a sostegno della sindaca su Facebook: «Solidarietà a Virginia Raggi - ha scritto l’ex pm - Quando facevo politica ho vissuto le stesse esperienze in positivo e in negativo che ora sta vivendo il Movimento Cinque Stelle. Dover costruire una classe dirigente dalla sera alla mattina è complicato. Ci vuole tempo, esperienza, umiltà e pazienza». Per questo, aggiunge Di Pietro, «criminalizzare la giunta Raggi è una furbata a cui alcuni stanno ricorrendo per nascondere le proprie malefatte nel corso di questi anni». L’uscita dell’ex presidente Idv non è ovviamente passata inosservata: le voci da dentro del giro M5S raccontano di un Grillo che sarebbe fortemente tentato di dare la sua benedizione all’ingresso dell’uomo simbolo di Mani pulite nella squadra di governo della Capitale. Ciò anche per offrire un solido punto di riferimento alla Raggi ed evitare nuovi psicodrammi interni almeno fino a novembre, con il referendum che il comico genovese considera il vero spartiacque della stagione politica nazionale, a cui sarà legato anche il destino della giunta romana.
LE SCELTE La sindaca, però, è tutt’altro che convinta di questa soluzione. Intimamente contenta di essersi sbarazzata del mini-direttorio, che lei considera l’unico risultato positivo dell’ultima settimana, l’inquilina del Campidoglio considera Di Pietro una figura troppo ingombrante, che le farebbe perdere quella «autonomia decisionale» che pensa di aver conquistato con gli ultimi avvenimenti, seppur a carissimo prezzo. Ieri si è chiusa in casa, in primis per riflettere e tirare il fiato, dedicandosi un po’ al figlio. Ma anche lontano da Palazzo Senatorio, non può distaccarsi dai dossier più caldi del momento.A partire da quello dell’assessore al Bilancio, dopo le dimissioni di Marcello Minenna e la nomina (poi revocata) di Raffaele De Dominicis. La Raggi sta vagliando 14 curriculum e avrebbe già escluso il nome di Ugo Marchetti, generale della Guarda di finanza e già vice sindaco di Palermo, proposto, dicono alcune indiscrezioni, da Raffaele Marra, il vicecapo di Gabinetto spostato ad altro incarico dopo l’altolà del direttorio. In queste ore avanzano tre ipotesi: Lucrezia Reichlin, docente alla London Business School con un passato da dirigente nella Bce (che si dichiara «all’oscuro» e «non interessata »), l’economista Nino Galloni (che avrebbe già dato una disponibilità di massima) e Daniela Morgante, la lady dei conti nel primo anno della giunta di Ignazio Marino, nome già circolato nel totogiunta di fine giugno. Tra i papabili anche gli economisti Antonio Carmine Lacetra, Alessandro Pantoni, Saverio Canepa e Massimo Zaccardelli.

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