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Pescara, 25/07/2024
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Data: 12/09/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Pensioni anticipate, flessibilità per tutti assegni mensili tagliati fino al 18%. Boeri: «Il sistema non ha problemi la riforma è una questione di equità»

ROMA Gli ultimi dettagli saranno discussi al tavolo previsto per oggi tra governo e sindacati. Ma si tratta di piccole limature. Il pacchetto sulla previdenza che entrerà nella prossima legge di bilancio è sostanzialmente pronto, a cominciare dal suo pilastro fondamentale, il cosiddetto «Ape», l'anticipo pensionistico che permetterà di anticipare fino a tre anni e sette mesi l'uscita dal lavoro. Intervistato da Presadiretta, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio, Tommaso Nannicni, ha chiarito che di questa opportunità potranno godere tutti i lavoratori: dipendenti, autonomi, come le partite Iva, e anche gli statali. L'uscita sarà su base volontaria. Per il tempo che manca alla pensione, da uno a tre anni, il lavoratore percepirà un assegno mensile erogato dall'Inps, ma a valere su un prestito ottenuto dalle banche. Questo prestito dovrà poi essere restituito in 20 anni con rate costanti che saranno trattenute dalla pensione. Quanto peseranno queste rate? Secondo quanto ha spiegato lo stesso Nannicini, su una pensione di mille euro netti, cinquanta-sessanta euro al mese per ogni anno di anticipo.
IL CALCOLO Significa che se una persona vuole uscire tre anni prima, guadagnando mille euro netti, dovrà rinunciare ogni mese a 150-200 euro. Una penalizzazione, insomma, tra il 15% e il 18%. Non è poco, se raffrontato ad alcuni disegni di legge presentati in Parlamento che invece prevedeano una penalità tra il 2% e il 3% per anno. «L'Ape», spiega Enrico Zanetti, vice ministro dell'Economia, «è un istituto ottimo per venire incontro a chi si ritrova senza lavoro e gli mancano ancora tre anni per la pensione, mentre», aggiunge, «credo che nei confronti di chi un lavoro ce l'ha e lo vuole lasciare volontariamente per andare in pensione prima, troverà un utilizzo abbastanza limitato, come accaduto anche per il Tfr in busta paga». In effetti, se la regola generale prevede una penalizzazione del 5% l'anno, per chi si trova in situazioni di «disagio», come per esempio un disoccupato, un lavoratore con disabile a carico, o chi fa lavori usuranti, la penalizzazione sarà ridotta, arrivando al massimo al 3% all'anno. Sarà inoltre legata al reddito. Per chi ha maturato una pensione inferiore a 1.500 euro lordi al mese non ci sarà nessuna penalità. Il costo di restituzione del prestito sarà a carico dello Stato, che rimborserà la rata dovuta alle banche direttamente nel cedolino del pensionato con un meccanismo simile a quello del bonus da 80 euro.
I COSTI Per le casse dello Stato la flessibilità delle pensioni, in questa accezione, dovrebbe avere un costo limitato. La stima iniziale era tra i 700 e gli 800 milioni di euro. Secondo alcune fonti si starebbe ancora ragionando su qualche meccanismo per ridurla ulteriormente fino a circa 500 milioni. Una delle ipotesi sarebbe quella di ridurre da tre anni a due anni il periodo massimo di anticipo, ma appare una via difficilmente percorribile. Il punto è che il pacchetto previdenziale del quale stanno discutendo governo e sindacati non riguarda soltanto la flessibilità. Sul tavolo ci sono anche quegli aumenti alle pensioni più basse anticipati la settimana scorsa direttamente da Matteo Renzi. I tecnici sono al lavoro sull'ipotesi di estendere la platea di coloro che percepiscono la quattordicesima, che oggi tocca a circa 2,2 milioni di pensionati con un assegno mensile fino a 750 euro.
L'importo della quattordicesima varia da 336 euro, per chi ha versato fino a 15 anni di contributi, a 504 euro, per chi nella vita lavorativa ha versato oltre 25 anni di contributi. L'intenzione sarebbe quella di alzare l'asticella degli aventi diritto portando la soglia a mille euro. Nannicini ha sottolineato che la quattordicesima dovrebbe essere di 400 euro. Dunque anche chi già attualmente la percepisce ed è sotto questa soglia dovrebbe ricevere una integrazione.

Boeri: «Il sistema non ha problemi la riforma è una questione di equità»

ROMA Sulla riforma previdenziale è intervenuto anche il presidente dell'Inps, Tito Boeri. «Il problema vero che noi abbiamo oggi in Italia», ha detto intervistato da Presadiretta, «è quello dell'equità e non quello della sostenibilità finanziaria del nostro sistema pensionistico». Secondo Boeri ci sono delle persone che oggi hanno dei trattamenti pensionistici, o hanno dei vitalizi, come nel caso dei politici, che sono del tutto ingiustificati alla luce dei contributi che hanno versato in passato. «Abbiamo concesso per tanti anni questo trattamento privilegiato a queste persone», ha spiegato il presidente dell'Inps. «Per chi ha degli importi molto elevati di prestazioni, - si chiede quindi Boeri - non è il caso di chiedere loro un contributo che potrebbe in qualche modo rendere, alleggerire i conti previdenziali? Ci permetterebbe di fare qualche operazione di redistribuzione, per esempio andare ad aiutare quelle persone che sono in quella fascia di età prima della pensione che sono in condizione di povertà, oppure potremmo concedere maggiore flessibilità in uscita verso il sistema pensionistico. Ecco sono tutte operazioni che si possono fare in questo ambito. Legare contributi e prestazioni, questo è il vero problema di fondo».
LE POSIZIONI Alla proposta di Boeri ha risposto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, confermando la posizione del governo, contraria a mettere le mani sulle pensioni già in essere. «Il rischio di mettere le mani nelle tasche sbagliate è troppo grosso. Abbiamo deciso di fermarci», ha spiegato. «Questo tipo di ricalcoli non sono semplicissimi - ha sottolineato ancora Nannicini - richiedono molte ipotesi e molti dati. E devi stare molto attento perché non si riesce a fare con il bisturi del chirurgo questa distinzione un po' intellettualistica. Proprio perché è difficile fare queste ipotesi, avere i dati necessari per farlo, rischi di fare danni. Rischi», ha aggiunto ancora, «davvero di tagliare pensioni alte ma meritate, oppure di toccare pensioni che sono generose rispetto ai contributi versati ma sono basse». Nel dibattito si è inserito anche il presidente della Commissione lavoro della Camera, Cesare Damiano, che ha ricordato come il governo Letta con la legge di Stabilità del 2014 ha istituito un contributo di solidarietà per le pensioni di importo superiore ai 90.000 euro lordi annui. «Si tratta», ha detto, «di un prelievo progressivo del 6, 12 e 18% che porta la tassazione delle pensioni più ricche al 61% (43 + 18%).Questo contributo ha durata triennale e scade alla fine di quest'anno». «Non si può prorogare - ha spiegato Damiano - perché molto probabilmente non avrebbe il benestare della Corte Costituzionale, ma nulla vieta di individuare un'altra misura di analogo significato».

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