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Pescara, 25/07/2024
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Data: 16/09/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Statali, l'ipotesi di un contratto ponte

ROMA Il primo round è finito. Il termine ultimo per le consultazioni tra i sindacati e l'Aran, l'agenzia governativa che si occupa della contrattazione pubblica, è scaduto ieri. Le varie sigle che rappresentano i lavoratori del pubblico impiego sono state ascoltate singolarmente dal presidente Sergio Gasparrini, che nei prossimi giorni dovrà fare il punto delle proposte raccolte con il ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia. Poi toccherà a quest'ultima convocare i sindacati, probabilmente entro la fine del mese, per un vertice «politico» che porti ad un accordo in vista della legge di Stabilità nella quale dovranno essere definitivamente indicate le risorse per il rinnovo del contratto del pubblico impiego congelato ormai da sette anni. La trattativa sarebbe arrivata ad un nodo da sciogliere considerato molto delicato: la riforma delle regole del lavoro pubblico e soprattutto l'attuazione del nuovo sistema di erogazione della parte variabile della retribuzione introdotta dalla legge Brunetta. Si tratta di norme particolarmente stringenti, che prevedono che il 50% dei premi sia diviso tra il 25% dei più meritevoli, mentre l'ultimo 25% degli statali non otterrebbe nessuna retribuzione accessorie (il restante 50% si dividerebbe l'altro 50% della torta). Questo meccanismo scatterebbe, prevede la legge, al primo rinnovo di contratto. Nessun sindacato si sarebbe detto disposto a mettere la firma in calce all'accordo se questo sistema non viene superato. In realtà il governo ha in preparazione una riforma complessiva del lavoro statale, che arriverà a febbraio con il nuovo Testo unico sul pubblico impiego. In quel contesto saranno riscritte tutte le regole. Difficile dunque, fare una contrattazione senza avere prima ben presente il nuovo quadro. Per questo l'ipotesi che starebbe emergendo, sarebbe quella di una sorta di «contratto ponte», ossia l'erogazione per un anno si una sorta di indennità agli statali in modo da avere più tempo davanti per discutere il nuovo contratto. Una strada che la Cisl ritiene, per esempio, pragmatica, per evitare un rischio di rottura ad un tavolo sul quale le questioni sono molte e complesse.
LA VIA D'USCITA Anche per il governo potrebbe essere una via d'uscita, evitando che la trattativa sugli statali possa interrompersi bruscamente alla vigilia del referendum sulle riforme costituzionali. Ma ci sono comunque dei passaggi delicati da affrontare. Innanzitutto nella manovra andrebbe inserita una misura che congeli la legge Brunetta. Il governo sarebbe disponibile, ma solo avendo già un accordo con i sindacati che stabilisca un nuovo sistema di valutazione che abbia dei meccanismi vincolanti da introdurre nel nuovo Testo unico sul pubblico impiego. Il secondo punto riguarda la platea di chi dovrebbe ricevere questo aumento «ponte». Il ministro Madia ha sempre detto che gli aumenti non potranno essere a pioggia, e quindi andrebbero stabilite delle soglie di reddito (i dirigenti, per esempio, potrebbero essere esclusi). Ma il nodo principale è quello dell'entità dell'aumento che è inevitabilmente legato alle risorse che il governo sarà in grado di stanziare. Una cifra che gira tra gli addetti ai lavori sarebbe quella di 50 euro al mese in media per uno stanziamento di 1,2 miliardi, ma i sindacati in nessun caso sarebbero disposti a scendere sotto gli 80 euro, la stessa cifra del bonus Renzi. Anche perché il 50% degli statali è compreso entro i 26 mila euro di reddito. E questo potrebbe essere un problema, rischierebbero di incassare l'aumento contrattuale ma perdere il bonus.

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