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Pescara, 25/07/2024
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Data: 21/09/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Olimpiadi, la Raggi prepara il suo no. Tensione con il Coni «Ora serve un voto». Virginia spiega la crisi in 73 secondi E spunta l'assessore a sua insaputa «Basta con queste pagliacciate» L'imbarazzo dei consiglieri M5S

ROMA Tutti intorno alla sindaca, dai parlamentari ai consiglieri comunali, scommettono che alla fine ci sarà un «no» alla candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024. Oggi sarà il giorno della verità: alle 14.30 Virginia Raggi incontra il numero uno del Coni Giovanni Malagò e il presidente del comitato paralimpico Luca Pancalli. Un'ora dopo è in programma la conferenza stampa dove la sindaca si presenterà con un contro-dossier per giustificare il no. In mezzo la riunione fiume di ieri notte a Palazzo Senatorio. Da una parte i vertici del comitato promotore Roma2024 guidati da Diana Bianchedi e dal capo di gabinetto del Coni Francesco Soro, dall'altra due consiglieri comunali, Angelo Diario, presidente della commissione sport, e Paolo Ferrara, capogruppo del M5S, e a turno si sono succeduti una lunga lista di consiglieri pentastellati, compreso il presidente dell'Aula Marcello De Vito, che si sono affacciati.
IL TAVOLOLa riunione tecnica sul dossier dei Giochi - c'era chi parlava all'inizio di prove d'intesa - prenderà poi una piega politica e quindi decisionale quando trapelano gli orari così ravvicinati dei due appuntamenti odierni. Che sembrano lasciare poco spazio all'immaginazione. O a una frenata. Anche perché c'è l'intero M5S, a partire da Beppe Grillo, che pende dalle labbra di Virginia in vista della festa di Palermo di questo week-end dove la sindaca dovrà portare lo scalpo dei Giochi. Non sono concessi i «ni» e nemmeno i temporeggiamenti.
Il vertice a Palazzo Senatorio è andato avanti fino a tarda notte. Con voci contrastanti e surreali. Ore a parlare di progetti e coperture economiche, anche se secondo molti, soprattutto sponda Coni, la decisione era stata già presa. Né il vicesindaco Daniele Frongia (che si è affacciato per un secondo) né la Raggi hanno partecipato a questo appuntamento tecnico operativo. Che potrebbe essere l'ultimo prima del parere negativo del Comune alla candidatura che vede sfumare investimenti per 5 miliardi di euro (1,7 solo dal Cio, più il Governo e gli sponsor).
A tarda notte, finito il summit, la Bianchedi ha mostrato ottimismo: «Abbiamo dato tutto. Abbiamo fatto un buon lavoro, c'è materiale per lavorare ancora Sono soddisfatta - ha concluso Bianchedi - perché siamo riusciti a parlare di alcuni temi ed a dare delle risposte».
LO SCONTRO I dubbi sull'incidenza del vertice bilaterale è stata testimoniata anche dall'assenza del responsabile all'Urbanistica Paolo Berdini, che ha lasciato il Comune prima che iniziasse il rendez-vous. Con una posizione un po' ondivaga: «Io favorevole? Io sono favorevole a un altro modello di città, non so se in questo progetto ci possano essere anche i Giochi». Salutata la delegazione del Coni e del comitato promotore, i consiglieri di maggioranza hanno relazionato Frongia e Raggi sulla discussione.
Il bello è che tecnicamente la vicenda potrebbe non esaurirsi così. E cioè con la dichiarazione della Raggi che boccia il sogno a Cinque cerchi della Capitale per salvare quello a cinque stelle della propria maggioranza. Dal Coni infatti insistono: «Per annullare la mozione precedente passata con Ignazio Marino ne serve un'altra». Ergo: il Consiglio comunale di Roma dovrà esprimersi e votare sull'eventuale no ai Giochi. Ci dovrà essere una discussione e un voto finale. Nel frattempo, però, la candidatura continuerà a camminare seppur teoricamente su un binario morto perché il M5S gode di una maggioranza unica e compatta: 29 consiglieri che difficilmente sfiducerebbero la Raggi. Che dopo aver risolto un problema politico ora potrebbe trovarsi davanti a una serie di questioni amministrative non di poco conto. Il Coni e il comitato promotore pur di incassare il sì del Campidoglio anche ieri sera si sono detti disponibili a rivedere l'intero dossier 2024, soprattutto hanno fugato qualsiasi dubbio sulla gestione economica dell'evento. Basterà una notte a far cambiare idea e linea politica al M5S? C'è chi dice no.

IL RACCONTO
Virginia spiega la crisi in 73 secondi E spunta l'assessore a sua insaputa

ROMA La casistica degli «a sua insaputa» da ieri si arricchisce di un nuovo archetipo: l'assessore al Bilancio. Si scopre infatti che la Capitale un responsabile dei conti ce l'ha, altro che ricerche disperate della giunta grillina e curriculum da vagliare. Raffaele De Dominicis, l'ex magistrato della Corte dei Conti nominato il sette settembre e poi mandato via dopo tre giorni perché non aveva i giusti requisiti richiesti dal M5S (sarebbe indagato per abuso d'ufficio), formalmente è rimasto in carica. E quindi, magari, andrebbe anche pagato.
IL GIALLO «Io assessore in carica? Non ne so niente, non so che dire», risponde l'interessato al telefono. Ma una cosa è certa: la sua nomina, al di là di un post su Facebook della sindaca Virginia Raggi, non è mai stata revocata. La scoperta - anticipata due giorni fa dal Messaggero - è stata confermata durante il Consiglio comunale di ieri. Chiamato a riunirsi dopo venti giorni, dopo l'ultima volta, quel primo settembre delle dimissioni a catena. All'ordine del giorno della seduta più bizzarra degli ultimi tempi c'era la manovra di bilancio da 18 milioni per salvare la moribonda Atac, ma anche la relazione della pentastellata sulla situazione politica in Campidoglio. Dove appunto sono passati un assessore dimissionario (Marcello Minenna), un altro licenziato su Facebook (De Dominicis) e una lunga serie di addii a catena. Invece, alla velocità di un tweet e come se leggesse un post-it Raggi ha relazionato l'Aula sullo stato dell'arte. Alla sindaca che tentenna sulle Olimpiadi va sicuramente la medaglia d'oro per l'intervento più rapido della storia dei primi cittadini di Roma. In settantatre (73) secondi ha detto che adesso di assessori ne cerca due perché ha scorporato le deleghe (Bilancio più Partecipate) e che «nel più breve tempo possibile procederemo alle nomine». Niente da spiegare su Minenna (ieri rientrato in Consob) né su De Dominicis se non un «erano venute meno le condizioni politiche per il rapporto fiduciario». Il Pd non crede a un assist del genere. Venti giorni di paralisi spiegati in un minuto e qualche spiccio? Michela Di Biase, la capogruppo dem, attacca: «Non si governa su Facebook». Poi cambia registro e dai social network passa ai grandi classici masticati proprio da queste pareti: «Quousque tandem abutere, Virginia, patientia nostra?».
Fino a quando Alessandro Onorato (lista Marchini) alza la mano e chiede garrulo: «Ma siamo sicuri che De Dominicis sia stato revocato?». A questo punto Marcello De Vito, il presidente dell'Aula vicino a Roberta Lombardi e per osmosi non proprio un iperentusiasta dell'andazzo, prova a metterci una pezza: «La sindaca fa le veci degli assessori assenti». E anche la Raggi alla fine proverà una spiegazione rabberciata: «Se l'assessore è assente, c'è il sindaco in sua vece». Dunque non si sa per quale motivo (un errore degli uffici, un complotto dei potere dei forti, un virus all'ufficio protocollo...) la nomina dell'ex procuratore della Corte dei conti non è mai stata revocata, e quindi gli spetterebbe anche uno stipendio. La piega del dibattito diventa surreale. La Raggi illustra la delibera che sarà approvata, le opposizioni attaccano.
LE FRIZIONI INTERNEIl M5S va in affanno anche nella costruzione del solito nemico: «Ma prima c'era Mafia Capitaleeeee», arringa il capogruppo Paolo Ferrara. Salvo sfogarsi al bar: «Ragazzi, dobbiamo metterci a lavorare: basta con queste pagliacciate». Stesso imbarazzo che filtra dall'area che fa capo a De Vito, sfidante della Raggi alle comunarie online. «Avevamo convocato il Consiglio dopo 20 giorni dalle dimissioni di Minenna, proprio per dare tempo alla sindaca di dirci il nuovo assessore», si sfogano nel suo entourage. «E invece...». E ancora una volta, la scena ha rubato il posto al retroscena. Altro che trasparenza. «Qui - scherzano i consiglieri Pd - ci sono proprio gli assessori invisibili».

IL RETROSCENA
«Basta con queste pagliacciate» L'imbarazzo dei consiglieri M5S
Paolo Ferrara, capogruppo del M5S in Consiglio comunale, non riesce a trattenersi e durante una pausa alla buvette si concede uno sfogo: «Ragazzi - dice rivolto ad alcuni consiglieri - ora dobbiamo metterci al lavoro sul serio. Dobbiamo farla finita con queste pagliacciate». Parole che la dicono lunga sul clima che si respira in questi giorni nella maggioranza di Virginia Raggi. E dire che Ferrara, finanziere a capo della pattuglia dei 29 eletti pentastellati, è uno dei «pontieri» chiamati ogni giorno a mediare tra i consiglieri più malpancisti e i fedelissimi di Virginia. Non certo il capofila dei ribelli, insomma. Ma è ormai impossibile nascondere l'insofferenza che sta montando, tra i Cinquestelle romani, per la gestione della crisi da parte della Raggi.
Una certa irritazione ieri trapelava anche dall'entourage del presidente dell'Assemblea Capitolina, Marcello De Vito. Stupito dal fatto che la sindaca si sia presentata sotto la statua di Giulio Cesare a mani vuote. Senza il nome dell'assessore al Bilancio e del titolare della delega sulle Partecipate. Perché la seduta di ieri era stata convocata con un certo margine, venti giorni dopo le dimissioni di Marcello Minenna, proprio con l'intenzione di «agevolare» il lavoro della prima cittadina, dandole il tempo necessario per trovare almeno il nuovo responsabile dei conti. Per questo molti consiglieri, incluso De Vito, si aspettavano che nel discorso di apertura, «Virginia», sfornasse almeno un nome, per le due deleghe lasciate libere dall'ex dirigente Consob. Invece niente. Il «vaglio dei curriculum», come ha detto la Raggi, è ancora in corso.
NIENTE DELIBERE «Siamo alla paralisi», si sono sfogati allora diversi consiglieri nelle riunioni riservate a margine dell'Assemblea. Non solo per lo stallo sulle nomine in giunta e nelle società partecipate, ma anche perché «a tre mesi dalle elezioni non ci sono provvedimenti da discutere e votare, è tutto fermo. Senza certezza sui tempi». Anche il processo di «condivisione» con i consiglieri delle scelte - la cosiddetta «fase due» annunciata dalla Raggi nelle chat del gruppo M5S - stenta a decollare. Di fatto, l'unico incarico partorito da queste riunioni allargate finora è stato quello, non proprio fortunato, di Raffaele De Dominicis, subito silurato dal dicastero del Bilancio.
LA MINACCIA Al momento però non si cerca la rottura. De Vito ieri ha teso una mano alla sindaca, ma a patto che ci sia maggiore «collaborazione», come ha detto nel colloquio sui banchi della presidenza. E tanti altri eletti pentastellati hanno chiesto alla Raggi di non «chiudersi» nella cerchia dei suoi più stretti collaboratori. Un'apertura di credito, ma anche, di fatto, un ultimatum. Perché il senso del messaggio è chiaro: se il rapporto non cambierà, il rischio è che si arrivi a una progressiva frattura tra la giunta e il gruppo M5S. Che in Aula, ragionano alcuni Cinquestelle, potrebbe decidere di non votare in automatico tutti i provvedimenti della giunta. Scegliendo «di volta in volta». Il problema però, al momento, è un altro: «Avercene di provvedimenti da votare...».

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