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Data: 21/09/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Pensioni, ecco i nodi aperti: precoci e costi dell'anticipo

ROMA L'appuntamento che era fissato per oggi è slittato di qualche giorno. Governo e sindacati si siederanno martedì 27 settembre di nuovo attorno al tavolo al quale, da mesi, stanno cercando una strada per introdurre qualche elemento di flessibilità nell'età di pensionamento resa rigida dalla riforma Fornero. La soluzione scelta è quella dell'Ape, l'anticipo pensionistico, che permetterà di lasciare il lavoro a 63 anni di età, con un anticipo che oggi è al massimo di 3 anni e sette mesi. Mancano alcuni dettagli da limare. Questioni di sostanza, senza le quali sarà difficile arrivare ad un accordo politico. La Cisl e la Uil hanno chiesto ritocchi alla proposta del governo, ma sembrano propense a chiudere l'intesa. I nodi da sciogliere riguardano sostanzialmente due questioni: l'anticipo della pensione per i lavoratori precoci, e quante persone complessivamente potranno essere coperte dall'«Ape sociale». La Cgil, invece, nei giorni scorsi per voce del suo segretario Susanna Camusso, aveva invece raffreddato le attese sulla sottoscrizione di un accordo a breve.
LE POSIZIONI Uno dei punti aperti della trattativa, come detto, riguarda l'Ape. Nella sua versione «sociale», dove è lo Stato a farsi carico della restituzione alle banche del prestito per lasciare in anticipo il lavoro, i sindacati vorrebbero che la platea di lavoratori coperta fosse più ampia di quella immaginata finora dal governo. Per ora comprende alcune categorie ben individuate: disoccupati di lungo corso, disabili, persone con disabili a carico e, infine, ad un certo numero di lavori considerati «pesanti», come infermieri, edili, macchinisti. Il rimborso completo delle rate del prestito si avrebbe fino ad una pensione netta di circa 1.200 euro (1.500 lordi). I sindacati spingono per far salire la soglia fino a 1.650 euro lordi, poco meno di 1.300 netti, mentre il governo vorrebbe ridurre la soglia a 1.250 euro lordi. Fin qui il negoziato, che vede come spettatore interessato anche l'Eurostat. Se la platea fosse troppo ampia l'istituto europeo di statistica potrebbe bocciare il meccanismo chiedendo di qualificare il prestito come debito pubblico. Il secondo punto oggetto di negoziato, riguarda i lavoratori precoci, coloro che hanno iniziato a lavorare da minorenni. L'intenzione sarebbe quella di mandarli in pensione con 41 anni di contributi, ma si tratta di uno scivolo costoso. Riguarderebbe quasi 70 mila lavoratori l'anno e potrebbe costare più di un miliardo. Il governo è disposto a stanziare fino a 600-700 milioni. Un meccanismo meno oneroso sarebbe quello di riconoscere due o tre mesi di contribuzione aggiuntiva per ogni anno lavorato tra i 16 e i 18 anni. Se l'Ape sociale è uno scivolo che permetterà a una discreta fetta di lavoratori di anticipare le pensione, l'Ape «normale», quella che può richiedere chiunque, potrebbe avere poco successo.
I CONTEGGI I costi dell'anticipo sono decisamente elevati. In base alle simulazioni realizzate da Progetica, società indipendente di consulenza, per Il Messaggero, su una pensione di 1.200 euro, si potrebbe arrivare ad una penalizzazione di 469 euro, il 39% dell'assegno nei primi anni di pensione, che ridurrebbe l'assegno a soli 731 euro. Tenendo conto del fatto che la rata di restituzione del prestito è fissa, mentre la pensione aumenta per l'indicizzazione al tasso di inflazione, la perdita media nei 20 anni in cui il prestito va restituito, sarebbe del 22,4%. Questo nell'ipotesi di un lavoratore nato nel 1954 che volesse pensionarsi a 63 anni invece che ai 66 anni e 11 mesi (tenendo conto anche del prossimo scatto dell'aumento della speranza di vita), con un anticipo di 47 mesi. In effetti, man mano che aumenta l'età per la pensione, anche il prestito richiesto dovrà essere più lungo di quello oggi ipotizzato di 3 anni e 7 mesi. Ad incidere sull'assegno non è soltanto la restituzione del prestito, degli interessi (calcolati ad un tasso del 2,5%) e dell'assicurazione, ma anche del fatto che si versano minori contributi per oltre tre anni e per il coefficiente di trasformazione più sfavorevole. In realtà il governo starebbe valutando l'ipotesi di usare il coefficiente che scatterebbe alla normale età di pensionamento per ridurre gli effetti della penalizzazione. Altri esempi sono riportati nella tabella. Per un lavoratore nato nel 1952, un anticipo di 19 mesi tramite l'Ape, comporterebbe una pensione di 1.012 euro invece di 1.200 euro, con una riduzione media dell'8,4%. Per un nato nel 1953 che anticipa di 35 mesi, il taglio medio sarebbe di quasi il 17%.

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