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Pescara, 25/07/2024
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Data: 22/09/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Raggi, no alle Olimpiadi «Irresponsabile dire sì». Il sindaco di Roma non si presenta all’incontro con il Coni e va in trattoria «Non vogliamo debiti e cemento». Malagò: «Non sa che dice». Renzi tace. Sconfitta la linea dei possibilisti, da Di Maio a Berdini. L’aut aut di Grillo «Boccia i giochi o non ti appoggio»

Il primo cittadino della capitale non si è presentata all’appuntamento con i vertici dell sport italiano. È arrivata con 37 minuti di ritardo dopo aver pranzato al ristorante “Da Nino”

ROMA «È da irresponsabili dire sì a questa candidatura». Virginia Raggi affonda Roma 2024 in un pomeriggio assolato di fine settembre nel quale, oltre a spiegare che la città non se lo può permettere («Ci viene chiesto di assumere altri debiti per i romani e per tutti gli italiani, non vogliamo che lo sport sia utilizzato come pretesto per ulteriori colate di cemento»), si è presa anche la soddisfazione di umiliare i vertici del Coni e del Comitato promotore saliti al Campidoglio per incontrarla. Il sindaco non si è presentata all’orario fissato appena dopo pranzo e dopo 37 minuti di inutile attesa il numero uno dello sport Malagò, livido e inviperito, ha abbandonato il Comune insieme alla delegazione (tra cui Pancalli e Bianchedi) che lo accompagnava. Raggi ha spiegato di essere stata trattenuta da «impegni istituzionali», anche se in realtà era in trattoria con un suo assessore. Ma è apparso evidente che il sindaco ha voluto marcare anche fisicamente la distanza da un progetto non solo mai condiviso, ma detestato dal gruppo dirigente M5S. Come è emerso chiaramente dalle sue parole durante la conferenza stampa interrotta dagli applausi dei suoi sostenitori. «Ci ricordiamo bene come sono andati i Mondiali di nuoto del 2009. Siamo pieni di impianti inutilizzati che restano lì come gusci vuoti» ha attaccato Raggi ricordando anche i Mondiali di Italia ’90. «Abbiamo finito di pagarne il mutuo nel 2015, mentre quello per i Giochi di Torino 2006 è ancora acceso» ha puntualizzato il sindaco che nella furia anti-olimpica ha tirato in ballo persino le Olimpiadi di Roma nel ’60. «Nel nostro debito monster da 13 miliardi, 1 miliardo è ancora l’indennità di esproprio per quei Giochi» ha spiegato Raggi, incassando la replica di uno stizzito Malagò. «Falsità e populismo, interpellai il commissario al debito del Comune: era il debito commerciale complessivo, gli espropri di Roma ’60 erano solo una minima parte». Raggi, cercando di allontanare il sospetto di aver assunto una posizione ostile a prescindere ha citato i casi di Boston, Amburgo e Madrid, «città nelle quali i sindaci hanno avuto posizioni fortemente contrarie». Poi l’appello alla pancia della città. «Io sono sindaco dei romani - ha rivendicato - e la mia valutazione è che queste Olimpiadi non sono sostenibili, portano solo ulteriori debiti, tuttavia siccome vogliamo che lo sport diventi parte integrante della vita dei cittadini di questa città, vogliamo riqualificare i servizi». Raggi, dopo aver spiegato che il no alla candidatura non è mai stato in discussione («C’era la tregua olimpica dovuta a Rio, abbiamo solo rimandato una scelta già presa»), ha garantito che la Giunta, pur senza il fiume di denaro di Roma 2024, si impegnerà per sistemare le strutture sportive esistenti. «L’impianto di Tre Fontane dei Mondiali di nuoto diventerà un impianto paralimpico, la Vela di Calatrava diventerà una Città della conoscenza - ha spiegato Raggi. In serata il Coni ha convocato una conferenza stampa nella quale un torrenziale Malagò ha sfogato la sua delusione. «Il no fa male, dispiace moltissimo, perché sono cambiate le regole del gioco ed era possibile fare bene. Il preventivo di spesa era di un decimo rispetto a Sochi 2014». Il dirigente ha ricordato che Roma era stata candidata in quanto «con l’Agenda 2020 sono cambiate le regole del gioco e dispiace che Raggi non lo abbia ricordato. Eravamo disposti a rivedere il dossier, eravamo pronti al referendum». Poi il presidente del Coni, che potrebbe chiedere i danni al Campidoglio, si è tolto un sassolino dalla scarpa dando implicitamente degli incompetenti ai vertici del Comune. «Do un consiglio a Virginia Raggi, anche se serve un atto formale è meglio se non presenta la mozione che ha preparato. Si può trovare su Wikipedia, e parla di città ritirate che non si sono mai presentate. A differenza di altri, io so bene di cosa si parla quando si parla di Olimpiadi». Nessun commento da parte del premier Matteo Renzi. Parla solo il ministro Delrio: «La città perde un’opportunità».

Ma il Comitato va avanti lo stesso
Nel giorno più nero si studiano contromosse. Il confronto si sposta su Euro 2020

ROMA Prima la “buca” del mancato incontro in Campidoglio, poi lo schiaffo dell’affossamento dell’idea olimpica: è il giorno più nero per il presidente del Coni, Giovanni Malagò, che dopo l’annuncio di Virginia Raggi non alza bandiera bianca su Roma 2024. E contrattacca. «Meritavamo più rispetto, ho sentito tante falsità figlie della demagogia e del populismo: ora Comune e Giunta si assumeranno le responsabilità delle loro scelte». Il numero 1 dello sport italiano studia le contromosse. «Ora andiamo avanti, fino all’atto formale: Comune e giunta si assumeranno la responsabilità della delibera che dà discontinuità alle precedenti decisioni. Come amministratori pubblici ci si deve assumere le responsabilità - ha aggiunto Malagò, visibilmente contrariato e deluso - Però do un vantaggio alla Raggi: ritiri i riferimenti alle città che si sono ritirate, su quelle Wikipedia non è aggiornata...», la stilettata all’indirizzo della Raggi e dei suoi collaboratori. Intanto il comitato promotore potrebbe prendere in esame richiesta di danno erariale per la mancata candidatura: «Gireremo l’azione di responsabilità verso gli amministratori che firmeranno quella delibera», il suo messaggio. La cronaca della giornata-no del presidente del Coni comincia subito dopo pranzo con l’arrivo in Campidoglio per l’atteso vis-a-vis con il sindaco: «Cosa mi aspetto? Buon senso», aveva risposto appena sceso dall’auto in una stradina laterale del Palazzo, appena arrivato insieme a Luca Pancalli. Una speranza durata lo spazio di mezz’ora: il tempo di capire che l’incontro non ci sarebbe stato. Che le attese sarebbero andate deluse forse lo deve aver capito quando, prima dell’annunciato incontro, aveva chiesto alla sindaca la «diretta streaming», richiesta però «negata dai paladini della trasparenza...», avrebbe poi sottolineato. Così, una volta che aveva finito di parlare la Raggi, è toccato a Malagò dire la sua: «Noi non apparteniamo a nessun partito politico, nè vogliamo che qualcuno ci tiri la giacca. Noi abbiamo avuto un mandato dal mondo dello sport che ci ha chiesto di candidarci. Non era mai successo, perché c’era stato sempre qualcuno in Giunta o in Consiglio Nazionale che aveva detto no o si era astenuto. Questo è un no che fa male - riconosce Malagò - dispiace moltissimo. Andremo avanti fino ad un no formale - fa sapere, lasciando aperte le più diverse opzioni - Si dovranno prendere le loro responsabilità. Eravamo candidati perché sono cambiate le regole del gioco. Mi è dispiaciuto che Raggi non lo abbia ricordato». Intanto fa sapere che senza i Giochi 2024 e «in virtù delle maggiori esigenze dell’Uefa, non ci sono i soldi per Euro 2020» di calcio. E proprio oggi si presenta il logo degli Europei. Nella stessa sala ci dovrebbero essere anche Raggi e Malagò. Stavolta potrebbero anche incontrarsi.


La decisione anticipata alcuni giorni fa sul blog del comico
Sconfitta la linea dei possibilisti, da Di Maio a Berdini
L’aut aut di Grillo «Boccia i giochi o non ti appoggio»

ROMA «Brava Virginia, ti ho visto in conferenza stampa, continua così». Beppe Grillo è il primo a complimentarsi con la Raggi per il no alle Olimpiadi. Un no che per i cinquestelle ha un effetto quasi catartico, tanto che riesce per un giorno a ricompattare il movimento. O almeno a nascondere sotto il tappeto rancori e litigi che hanno accompagnato la scalata al Campidoglio e i primi mesi, decisamente poco brillanti, della gestione M5S. Nel pieno della bufera sul caso Muraro e delle dimissioni di assessori e dirigenti delle principali aziende municipalizzate, Grillo è sceso a Roma per sedare la rivolta del direttorio romano e le liti di quello nazionale, e alla Raggi ha posto solo una condizione per continuare a sostenerla: il no definitivo ai giochi olimpici. E, visto che la Raggi sembrava ondivaga e continuava a rinviare il niet definitivo, il fondatore aveva anticipato sul suo Blog il no del M5S ai giochi. Raggi del resto ha tentennato a lungo sul da farsi. E nel Movimento non è stata l’unica a essere tentata dai cinque cerchi olimpici. A partire da Luigi Di Maio che a Nettuno, sotto schiaffo per non aver letto bene una email della Taverna sull’indagine sulla Muraro, si è convertito al no. Eppure il vicepresidente della Camera in tv aveva detto ben altro. Correva l’anno 2015. «Sosterremo la candidatura alle olimpiadi se vinceremo. Speriamo di vincere e di essere i migliori alleati delle Olimpiadi per fare un ottimo lavoro». Poi però cambia radicalemente idea. E a Nettuno arringava la folla: «No alle Olimpiadi a Roma, chi vuole le colate di cemento se ne deve andare», disse il candidato in pectore dei grillini a palazzo Chigi. E chissà se a fargli cambiare idea è stato Alessandro Di Battista, il più amato del direttorio dalla base, che prima di lui sul palco della riconciliazione aveva ribadito che Roma ha ben altre priorità che le Olimpiadi. E proprio Di Battista denuncia sulla sua pagina Facebook le pressioni su Raggi e sulla giunta di «palazzinari senza scrupoli, presidenti del Coni in attesa di rielezione e giornali di proprietà di Caltagirone». Che però ha resistito alle presunte pressioni. «Il M5S dice no alla Olimpiadi e viene attaccato a tutti, ma non dai cittadini, gli unici a cui rendiamo conto. Abbiamo resistito e siamo convinti di aver reso un servizio agli italiani, non soltanto ai romani», ha scritto Di Battista chiedendo agli attivisti di sostenere il sindaco di Roma. Già, Virginia Raggi. Anche il primo cittadino non è che abbia avuto sempre le idee chiare sulle Olimpiadi. In campagna elettorale, per fare un esempio, aveva promesso che la questione sarebbe stata decisa solo dopo aver consultato i cittadini con un referendum. Esattamente come chiedevano i radicali. «Vogliamo che siano i romani a decidere sulla candidatura della città ma vogliamo informarci bene, i grandi eventi sono stati spesso sfruttati per prendere risorse pubbliche e buttarle via», spiegava. Poi anche lei ha cambiato i toni. «Roma è una città devastata abbiamo enormi problemi, rifiuti, trasporti e buche, allora perché mettere carne al fuoco con eventi straordinari?». A maggio però incontrò Malagò e tornando possibilista. «Non c’è nessun pregiudizio nei confronti dei giochi ma dobbiamo pensare prima all’ordinario, poi valuteremo lo straordinario». Fino al no assoluto di ieri. E il referendum? «C’è stato il giorno delle elezioni, il 70% dei romani ha detto no». Poco importa se anche nella giunta non sono tutti d’accordo. Paolo Berdini, assessore all’Urbanistica, convinto che Roma stia perdendo una grande occasione, ieri alla conferenza stampa di Raggi non si è fatto vedere. Il partito di giochi per ora non rinuncia a sperare. Conta che la Raggi non mangi il panettone. E canta con Andrea Romano, deputato dem e ora condirettore dell’Unità alla Raggi: «Dimmi quando te ne andrai, dimmi quando quando quando...».

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