ROMA Revisione della spesa, potatura di qualche agevolazione fiscale, riapertura del rientro dei capitali (voluntary disclosure), misure contro l'evasione fiscale. Il menu delle coperture della prossima manovra ruota intorno a questi grandi capitoli, ma i contorni esatti del provvedimento saranno definiti solo tra qualche giorno, quando saranno chiari i margini di flessibilità che il nostro Paese potrà spuntare, rispetto alle regole europee del Patto di Stabilità. Intanto domani con il Documento di economia e finanza il governo metterà in chiaro le nuove stime macroeconomiche e di conseguenza le previsioni sul disavanzo e le altre grandezze di finanza pubblica.
Per quest'anno la stima di crescita scenderà allo 0,8-0,9 per cento. Anche ipotizzando che per il 2017 il rapporto tra disavanzo e Pil possa slittare fino al 2,2-2,3 per cento, resterebbero da trovare almeno una decina di miliardi per compensare il mancato aumento di Iva e accise e finanziare gli altri interventi in favore di produttività e investimenti. E come di consueto è iniziata la caccia alle risorse. Mentre le Regioni e il ministero della Salute si stanno posizionando per difendere le risorse assegnate al Fondo sanitario nazionale, in vista della manovra è iniziato anche il confronto con gli enti locali, tradizionalmente un altro bacino a cui il governo centrale attinge quando deve mettere nero su bianco risparmi di spesa. Su questo fronte al momento si profila una conferma dell'impostazione decisa lo scorso anno: sarà quindi prorogato il divieto per i Comuni di manovrare verso l'alto le proprie aliquote fiscali.
I FABBISOGNI STANDARD
Il governo poi deve gestire la partita del pubblico impiego, settore che attende risorse aggiuntive per dare concretezza ad una trattativa sui rinnovi contrattuali che di fatto non è ancora partita. La vicenda è delicata sotto il profilo politico e in questo senso ha qualcosa in comune con il confronto aperto sulla previdenza. L'esecutivo anche in vista del voto referendario vuole dare un segnale di attenzione al mondo dei dipendenti pubblici, le cui retribuzioni sono ferme ormai da almeno sei anni. Si tratta di aggiungere alcune centinaia di milioni (si parla di un importo tra i 500 e i 700) ai 300 che erano già stati previsti lo scorso anno.
Il tema dei contratti pubblici e quello degli enti territoriali in realtà hanno più di un punto di contratto, perché questi ultimi dovranno provvedere ai rinnovi per la parte di propria competenza e dunque di fatto dovranno aumentare la spesa per il personale. Per questo il mondo dei Comuni non è del tutto soddisfatto, pur avendo avuto assicurazioni che non sarebbero in agenda ulteriori tagli. Lo stesso sblocco degli investimenti deciso lo scorso anno non ha dato i risultati sperati: un po' per i ritardi dovuti al nuovo codice degli appalti, un po' perché dopo anni di austerità anche i margini dei comuni virtuosi si sono ridotti. In più l'applicazione dei fabbisogni standard, unita proprio all'impossibilità di agire sui tributi propri, sta riducendo molto gli effettivi margini di autonomia dei sindaci. Sul fronte degli interventi per la crescita saranno definite nuove soglie per la tassazione agevolata (10 per cento) della quota di retribuzione legata alla produttività: cresceranno sia la somma ammessa all'agevolazione, attualmente ferma a 2.500 euro, sia il tetto di reddito considerato per essere ammessi al beneficio (40 mila). Quanto al super-ammortamento, molto apprezzato dalle imprese, sarà confermato ed anzi potenziato al 250 per cento (dal 140) per gli investimenti connessi all'innovazione industriale. Scenderà invece al 120 per cento per gli acquisti di veicoli.