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Pescara, 25/07/2024
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Data: 01/10/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Referendum costituzionale - Zagrebelsky attacca Renzi «È una svolta oligarchica». Referendum, acceso duello in tv tra il premier e il costituzionalista che dice No. Il segretario Pd replica: «Offende gli italiani, il taglio dei costi non è demagogia»

ROMA Impossibile mettere d’accordo un Sì e un No. E infatti l’attesissima sfida tra Matteo Renzi e il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky, andata in onda ieri su La7, si trasforma in uno scontro senza esclusione di colpi che va avanti per un’ora. Il primo ad aprire le danze è Renzi. «Questa riforma non l’ho voluta soltanto io, ma il Parlamento. Sono più di 30 anni che si dice di voler semplificare il sistema. Si interviene anche per far chiarezza nei rapporti tra Stato e Regione. Questo Paese ha bisogno di essere più semplice di come è stato immaginato fino ad oggi. Dopo 35 anni di chiacchiere da parte di quelli che dicevano di semplificare, finalmente le riforme sono state fatte. Ora la palla è nelle mani dei cittadini» spiega il premier. E parte la prima puntura di spillo. Incalzato da Enrico Mentana, Zagrebelsky conferma di essere a favore del bicameralismo paritario e non rinuncia a una battuta. «Renzi deve aver cambiato idea sui gufi e sui parrucconi altrimenti non sarei qui davanti al presidente del Consiglio» dice il più autorevole costituzionalista del fronte del No, che risponde secco al premier : «Le difficoltà sottolineate da Renzi come il ping-pong delle leggi tra Camera e Senato non derivano dal bicameralismo ma dalle forze politiche, mai coese». Il primo vero affondo di Zagrebelsky riguarda il combinato disposto tra riforma e legge elettorale. «Rischiamo di passare da una democrazia a una oligarchia, e questa non è democrazia. La Costituzione di Bokassa non è molto diversa da quella degli Stati Uniti, ma ha una resa diversa, che dipende dal contesto. E questa riforma ha una resa che dipende dall’Italicum». E pazienza se Renzi rinnova la sua disponibilità a cambiare la legge elettorale: «Io ho accettato di fare un passo indietro sull’Italicum, che non è un rischio per la democrazia. Ma se vogliamo cambiarlo, noi come Pd prenderemo un’iniziativa per togliere ogni dubbio sulla legge elettorale. Il sistema dei capilista bloccati non piace neanche a me». Il confronto, che va avanti con toni felpati, si accende quando il premier ricorda al costituzionalista che non si può parlare di rischio autoritario: «Il giudizio del professor Zagrebelsky secondo cui questa riforma avrebbe in sé un rischio autoritario è offensivo nei confronti degli italiani. L’autoritarismo è dove si mettono in galera i giornalisti». Le parole del premier sull’opportunità di andare a cercare i voti del centrodestra hanno creato una profonda spaccatura nel Pd. La minoranza dem teme che si vogliano “svendere” i valori della sinistra e punta i piedi. «Se il Pd si pone come suo nuovo obiettivo strategico la conquista dell’elettorato di destra, siamo oltre il partito della Nazione e soprattutto siamo destinati ad andare fragorosamente a sbattere» dice Federeico Fornaro. Il fronte degli indignati è ampio. Danilo Leva accusa Renzi di essere un «autolesionista» che affossa il partito. E il governatore della Toscana, Enrico Rossi, è ancora più duro: «Io dico che facendo così la sinistra perde sempre di più sia i suoi voti sia la sua anima. E lascia praterie ai populismi». Con Matteo Renzi si schiera invece il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, per il quale sono «incomprensibili» le ragioni di chi si schiera per il no. Le polemiche sono andate avanti per tutto il giorno anche via web. «Ecco a voi il vero Partito della Nazione. Per evitarlo basta un Sì» scrive su Twitter il presidente del Pd, Matteo Orfini, commentando un tweet di Renato Brunetta in cui il capogruppo di Fi alla Camera scrive: «Viva Zagrebelsky, viva il centrodestra unito, viva persino Travaglio se tutto questo porta a un bel No a Renzi».

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