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Pescara, 25/07/2024
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Data: 02/10/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Atac, spuntano altri 40 milioni di buco si complica la trattativa con le banche

ROMA Non c'è dubbio: il dossier più rovente sui tavoli dei neoassessori capitolini al Bilancio e alle Partecipate, Andrea Mazzillo e Massimo Colomban, è quello dell'Atac. L'azienda dei trasporti di proprietà del Comune di Roma rischia di saltare per aria nel giro di pochissime settimane.
Questa volta non si tratta delle solite chiacchiere legate alle difficoltà croniche di una società indebitata per 1.300 milioni, 320 dei quali con i fornitori di gasolio e pezzi di ricambio. No. Stavolta l'acqua è già praticamente alla gola di Atac: il 15 ottobre la società deve rimborsare a quattro banche un prestito di 162,2 milioni (che in realtà sommato a voci collegate sale a 167,5 milioni) e contemporaneamente mancano ancora all'appello 40 milioni che l'Azienda dei trasporti attende dal 2015 dal Campidoglio per avviare la manutenzione straordinaria soprattutto (ma non solo) dei binari e delle linee elettriche di metro e strade ferrate.
Sui primi 167,5 milioni non c'è proprio tempo da perdere: in teoria, dopo la scadenza del 15 ottobre, le quattro banche coinvolte (Bnl, Monte dei Paschi, Intesa San Paolo e Unicredit) potrebbero anche concedere una proroga del prestito ma solo a patto della concessione di garanzie concrete. Ma anche sugli altri 40 milioni c'è poco da tergiversare: pochi giorni fa la linea A della metro ha subito l'ennesima interruzione per la caduta di un sostegno dei collegamenti elettrici. Questi denari, come concordato fin dalla gestione commissariale, dovevano essere inseriti nel cosiddetto assestamento di bilancio finito però su un binario morto durante le convulsioni della giunta pentastellata.
Sia sul fronte bancario che su quello degli investimenti sulla manutenzione ora si attendono le decisioni dei due nuovi assessori. Nel primo caso la fotografia è chiarissima: il prestito era già scaduto ad aprile ma Marco Rettighieri e Armando Brandolese, dimessisi il primo settembre ma che all'epoca guidavano l'azienda, riuscirono ad ottenere una proroga semestrale perché diedero in pegno alle banche una parte del patrimonio immobiliare non strategico dell'Atac. I mattoni Atac furono valutati 98 milioni che gli istituti di credito giudicarono sufficienti per non chiedere l'immediata restituzione dei 167,5 milioni in gioco. L'uscita dalla naftalina dei palazzi e delle vecchie rimesse che l'Atac ha abbandonato da anni era uno dei pilastri del piano industriale formulato da Rettighieri e Brandolese per ridare fiato all'azienda e ridurne l'asfissiante debito. Ora il punto è: il piano industriale sarà confermato? In caso contrario, se dunque la giunta 5Stelle non volesse impegnare gli immobili Atac, quali garanzie potrà dare l'Azienda dei trasporti alle banche in cambio della proroga del prestito.
LA CERTEZZAUn paletto è già fissato: i quattro istituti di credito non hanno nessun margine di flessibilità perché, com'è noto, la quantità di prestiti a rischio in Italia è già considerata troppo alta. Insomma, senza garanzie vere l'Atac non potrà contare su altro ossigeno dalle banche e questo dato equivale ad un macigno per una società che fattura (compresi i fondi forniti dal Comune sulla base del Contratto di servizio) poco più di un miliardo di euro l'anno. Senza considerare che salterebbero tutti gli equilibri del bilancio Atac che - se non ci fossero le spese per interessi e per ammortamenti - nel 2015 era impostato per raggiungere un utile (Margine operativo lordo in termini tecnici) di 30 milioni.
Il nodo della liquidità diventerebbe ancora più strategico se il Comune a guida 5Stelle dovesse cambiare idea sui 40 milioni destinati alla manutenzione straordinaria.
Questi soldi fanno parte di un pacchetto di 58 milioni che l'Atac attende dal Campidoglio dal 2015. L'azienda finora ha ricevuto, con un ritardo di qualche settimana rispetto alla scadenza di Ferragosto, i 18 milioni che il precedente assessore al Bilancio, Marcello Minnenna, aveva trovato prima di dimettersi. Questi denari stanno servendo per pagare lavori improrogabili sui treni della linea A della metro che altrimenti si sarebbero dovuti fermare.
Ma senza gli ulteriori 40 milioni la frequenza dei treni tornerebbe a rischio. Sempre ammesso che l'incubo default dell'Atac resti un incubo.

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