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Pescara, 25/07/2024
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Data: 02/10/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Banche: correntisti italiani i più tartassati d’Europa. Gli istituti di credito stanno scaricando sulle spalle dei clienti la “tassa salvataggi”. La Cgia: nel nostro Paese un deposito costa 318 euro contro una media Ue di 114

MILANO Non c’è pace per le banche italiane. L’incremento delle commissioni sui conti correnti, la nuova “tassa salvataggi” che da un paio di settimane molti istituti stanno comunicando ai clienti, ha rilanciato una polemica mai sopita. Secondo la Cgia di Mestre i clienti delle banche italiane erano già i più tartassati d’Europa, anche prima dei recentissimi rincari. Adusbef calcola che complessivamente un conto corrente costi agli italiani 318 euro contro una media europea di 114. E anche in termini di progressione la crescita dei costi dei servizi bancari (conti, carte di credito e debito e altri servizi) secondo la Cgia di Mestre lascia il primato nettamente all’Italia: negli ultimi 7 anni (2008-2015) in Italia si è registrata un’impennata del 20% contro una crescita dell’11,5% nel Regno Unito, dell’11,1% in Francia, del 6,5% in Spagna, mentre in Germania (-4,6%), in Belgio (-7 %) e soprattutto nei Paesi Bassi (-27%) c’e’ stata una forte diminuzione. Se dall’inizio della crisi (2008) al 2015 i ricavi netti degli istituti di credito italiani da operazioni di prestito sono diminuiti di 13 miliardi (-25,3%), per contro l’incasso ascrivibile alle commissioni nette è aumentato di 4,9 miliardi (+ 20%) e quello relativo alla voce altri ricavi netti (costituito prevalentemente da attività assicurative o di negoziazione di titoli, valute e strumenti di capitale) è salito di 11 miliardi (+ 556,5%). Ben si comprende, quindi, che le associazioni dei consumatori siano sul piede di guerra. Ieri il Codacons ha pubblicato sul proprio sito il modulo attraverso il quale tutti i correntisti italiani possono diffidare il proprio istituto di credito dall’applicare spese direttamente o indirettamente riconducibili ai salvataggi bancari e al Fondo di risoluzione. «Il primo passo che i correntisti devono fare per contestare l’addebito di costi ingiustificati, è inviare formale diffida al proprio istituto di credito, utilizzando il modulo fornito dal Codacons - ha spiegato il presidente Carlo Rienzi - In caso di rifiuto da parte della banca, sarà possibile procedere a formale denuncia in Procura e avviare le iniziative legali del caso». All’origine della “tassa salvataggi” c’è la vicenda delle quattro banche fallite per le quali a novembre il Mef impose l’intervento del fondo di risoluzione per 1,8 miliardi. L’asta per la vendita dei quattro istituti (Cari Chieti, Etruria, Cari Ferrara e Banca Marche) sta andando decisamente male. Venerdì è scaduto il termine per le offerte e le autorità italiane sono state costrette a chiedere un nuovo rinvio che la Bce non ha ancora formalmente concesso. UbiBanca, pressata dal Mef e da Bankitalia, dovrebbe acquistare tre delle quattro banche (esclusa Ferrara) per circa 400 milioni di euro (sui quali avrebbe ricevuto l’impegno a una detrazione fiscale da parte del Tesoro) e il sistema si deve quindi far carico di 1,2 miliardi di perdite che le banche stanno scaricando sui clienti incrementando i costi dei conti correnti di 25 euro annui. E all’orizzonte rimane il nodo Mps ingarbugliatosi dopo il diktat di Jp Morgan che ha voluto la testa dell’ad Viola sostituito con Marco Morelli. Il progetto originale di cedere i crediti non performanti a un nuovo Atlante sarebbe osteggiato dalla banca statunitense con il rischio che l’aumento di capitale concordato con la Bce (5 miliardi di euro) non sia sufficiente a coprire le perdite nette derivanti dalla cessione delle sofferenze.

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