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Pescara, 25/07/2024
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Data: 03/10/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Manovra, verso stop al bonus assunzioni dal prossimo anno. Il governo punta a sviluppare investimenti e produttività. Il ministro del Lavoro Poletti: due miliardi sulle pensioni

ROMA Il governo alle prese con la legge di Stabilità, si prepara a cancellare il bonus assunzioni introdotto nel 2015 e poi confermato, ma fortemente depotenziato, quest’anno. Non che la misura non abbia funzionato («La crescita tendenziale dell’occupazione nel 2016 è attribuibile esclusivamente ai dipendenti permanenti: +253mila», ha fatto sapere l’Istat alcuni giorni fa), ma Palazzo Chigi ritiene che il meccanismo abbia ormai esaurito la sua spinta propulsiva. Ed ora si punta a mettere le poche risorse a disposizione su operazioni capaci di rilanciare la produttività. «Ci saranno forti pressioni per mantenere il bonus» confida una fonte del ministero del Tesoro. Ma l’esecutivo, con il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda in testa, vorrebbe azzerarlo anche se nella maggioranza c’è chi accarezza l’idea di proseguire con lo sgravio anche nel 2017 ma concentrandolo sui giovani, quegli under 29 sui quali pesa un tasso di disoccupazione del 38,8%. Resta sempre sul tavolo anche l’idea di uno sgravio ad hoc per le assunzioni nel Mezzogiorno (ipotesi caldeggiata in particolare da Confindustria) che si potrebbe tra l’altro tentare di finanziare attraverso i fondi europei. Ma, ancora fonti del Tesoro spiegano che Bruxelles «non è d’accordo su soluzioni territoriali». Insomma la strada per mantenere in vita, anche parzialmente, la decontribuzione è così stretta che il governo avrebbe deciso di chiuderla. Tanto più che gli incentivi fiscali triennali per le assunzioni a tempo indeterminato (8mila euro l’anno di sgravi nel 2015, poi ridotti a 3.250 quest’anno) costerebbero non meno di 800 milioni di euro. Soldi che si pensa di dirottare su altre poste. Investimenti, produttività, competitività. Sono questi i tre pilastri su cui, secondo il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, si articolerà la manovra 2017, che - come la precedente - continuerà a muoversi, nelle intenzioni dell’esecutivo, sulla grande direttrice del taglio delle tasse. Le risorse sono “scarse”, ha ammesso il titolare del Tesoro, ma l’obiettivo di ridurre la pressione fiscale rimane prioritario. In queste ore, trova conferma il potenziamento dei superammortamenti al 140% per l’acquisto di beni strumentali (costo circa 800 milioni) e l’arrivo di un nuovo vantaggio al 200% per la digitalizzazione (costo 450 milioni circa). Il potenziamento dell’incentivo fiscale al salario di produttività è dato ormai quasi per certo. La manovra 2016 prevedeva un’aliquota agevolata al 10% sui premi di massimo 2mila euro su salari fino a 50mila euro. Si dovrebbero alzare i tetti, si ipotizza a 4mila e a 80mila euro. Il taglio dal 27,5% al 24% dell’Ires è già previsto e finanziato nella manovra 2016 con 3 miliardi di euro. Inoltre Renzi ha annunciato la nuova imposta sul reddito imprenditoriale. Si chiamerà Iri e dovrebbe riguardare le imprese individuali e le società di persone, che si vedrebbero scorporare il trattamento fiscale degli utili reinvestiti: dall’attuale Irpef all’Iri gemella dell’Ires al 24%. Intanto il ministro del Lavoro Poletti ha annunciato che nella prossima legge di Stabilità ci saranno «poco meno di 2 miliardi» a copertura del capitolo pensioni. Poletti ha anche spiegato che ammontano a 1 milione i pensionati che, con un assegno pari a 1,5-2 volte il minimo, non avevano la quattordicesima e che invece con l’estensione del beneficio fino a mille euro mensili ora l’avranno. Per gli altri, al di sotto di questa soglia, che già ricevevano questo reddito, «l’incremento sarà attorno al 30%». Poletti ha confermato che l’operazione quattordicesima entrerà in legge di Stabilità insieme e alla ricongiunzione gratuita dei contributi. «Era una cosa paradossale - ha riconosciuto il ministro -, un lavoratore che aveva prima lavorato nel privato e poi nel pubblico doveva pagare per ricongiungere le due posizioni».

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