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Pescara, 25/07/2024
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Data: 04/10/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Pizzarotti sbatte la porta: 5Stelle arrivisti ignoranti

PARMA Non dice: me ne vado. Dice: «Non posso non andarmene». Comese l’abbandono ai Cinquestelle di Federico Pizzarotti - primo sindaco grillino di una grande città - fosse una scelta obbligata, non cercata ma imposta dai fatti, resa inevitabile da una trasformazione che ha mutato i connotati del Movimento fino a stravolgerne la fisionomia. «Non sono io ad essere cambiato, sono loro che hanno cancellato valori e metodi che ci avevano messi insieme». E lui con «loro» non ci può più stare. Dunque, la creatura di Grillo e Casaleggio senior perde un pezzo per strada. Ed è un pezzo importante, molto più importante di quanto si voglia far credere, se non altro per ciò che Pizzarotti ha rappresentato per il Movimento agli albori della travolgente escalation elettorale. Fino al 2012 i grillini avevano racimolato qualche consigliere comunale qui e là per l’Italia. Poi d’improvviso arrivarono quattro sindaci in un colpo solo: a Comacchio, a Mira, a Sarego, ma soprattutto a Parma, duecentomila abitanti, città di grandi tradizioni culturali e imprenditoriali. La vetrina ideale per i profeti della «nuova politica».
I CONSIGLIERI CON IL PIZZA In vetrina adesso, dopo quattro anni e mezzo da quel giorno di trionfi e speranze, c’è un sindaco che sbatte la porta in faccia a Grillo e ai suoi adepti. Lo fa in una saletta del Municipio di Parma debordante di telecamere e cronisti, coi diciotto consiglieri della sua maggioranza schierati in prima fila a dargli sostegno. Non è un uomo solo che se ne va, è un intero gruppo dirigente: «Abbiamo provato a cambiare il Movimento dall’interno. Dopo tre anni abbiamocapito che è impossibile». Non bisogna farsi ingannare dall’aria da bravo ragazzo di Pizzarotti, dalla sua apparente moderazione. Il sindaco ribelle è tagliente, spietato, meno incline al dialogo di quanto non sembri. E lo dimostra col ritratto crudele che fa del Movimento: «Teorizzavano lo streaming e la trasparenza della politica, adesso si chiudono nelle stanze segrete, inaccessibili ». E ancora: «Non hanno idea di come si gestisca la cosa pubblica. Pensano che un amministratore si possa inventare, mentre invece amministratori si diventa».
RUGGINI ANTICHE Certo, la questione dell’avviso di garanzia taciuto da Pizzarotti ai dirigenti del Movimento ha formalmente rappresentato il casus belli della frattura. In realtà le ruggini fra lui e il mondo grillino hanno radici antiche: «In giro per l’Italia si sono fatti consumare da persone ignoranti, rancorose e livorose ». Racconta di un clima di terrore diffuso nel partito, parlamentari che lo avvicinano in privato per dargli sostegno «ma che in pubblico si rifiutano di farsi fotografare con me per paura di ritorsioni ».
15 MINUTI DI CELEBRITÀ In un angoletto, defilato, ad ascoltarlo c’è pure chi con il sindaco è arrivato ai ferri corti, cacciato dal gruppo consigliare dei Cinquestelle perché osava criticare le scelte della Giunta. Ma Pizzarotti non ci bada. Anzi, punta il dito contro le espulsioni facili «che hanno tolto di mezzo persone che avevano dato l’anima. Non hanno imparato nulla dai loro errori. Per farmi fuori hanno usato due pesi e due misure. Se fossi stato io a nominare assessore un ex Pd sarebbe successo il finimondo, invece se lo fanno aRomava tutto bene». ARoma le cose non vanno troppo bene. Però l’ordine è quello di fare spallucce, di minimizzare. Come fa Beppe Grillo: «Il Pizza se ne va? Sono contento sopratutto per lui, si goda questi quindici minuti di celebrità». Che però potrebbero diventare più di quindici minuti visto che il sindaco nasconde a malapena i suoi progetti futuri: «Se nella prossima primavera ci presenteremo alle elezioni per dare continuità al nostro lavoro lo faremo con una lista civica». Ma guai a parlargli di alleanze col Pd o con altri: «Sono tutte invenzioni ».
IL CAPO POLITICO Fra pochi mesi si capirà tutto. Per il momento, quel che risulta chiaro è che quando i Cinquestelle entrano nella stanza dei bottoni prima o poi vengono fuori i pasticci. Quello di Parma è rumoroso e irreparabile. Lo strappo di Pizzarotti rischia di far emergere nuovi dissensi e nuovi scontenti: «Non sono il solo a pensare che il Movimento è cambiato in peggio. Adesso Grillo si definisce capo politico e nessuno dice niente per timore. Ma quando siamo nati ci dicevamoche fra noi c’erano solo cittadini e portavoce, i capi non dovevano esserci e non ci sarebbero mai stati. Chi ha davvero tradito, allora: io o loro?».

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