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Pescara, 25/07/2024
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Data: 06/10/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Def, Padoan martedì torna alla Camera. Corsa a ostacoli dopo lo stop dell’authority indipendente sui conti e il rischio Ue. I verdiniani salvano il governo al Senato

ROMA Continua il botta e risposta sui numeri del Def e per il governo è una corsa ad ostacoli con il tempo. Mentre anche l’Istat gela le attese di crescita, dopo le previsioni a ribasso di Banca Italia potrebbe slittare da martedì 11 a mercoledì 12 ottobre nell’Aula della Camera l’esame della nota di aggiornamento al Def dopo la richiesta di rinvio avanzata dalla commissione Bilancio di Montecitorio. Da una parte la battaglia politica, che vedrà slittare il voto del Def in aula alla Camera con il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che dovrà ritornare in Parlamento per illustrare la maggiore crescita indicata dal Governo. Dall’altra la procedura tecnica di messa a punto delle stime che, se non otterrà un sostanziale via libera dell’Ufficio parlamentare di bilancio, l’authority italiana dei conti, rischia di trasformare in una ripida salita il confronto con l’Europa. Una mediazione tecnica e politica al tempo stesso alla fine sarà possibile. Ma è questo il meccanismo infernale messo in moto dalla mancata validazione da parte dell’Authority italiana dei conti della stima della crescita del 2017, una crescita che il governo vorrebbe portare dal +0,6 «tendenziale» al +1% «programmatico». Il diavolo nell’iter della manovra è nascosto in un comma della legge che quattro anni fa ha istituito il pareggio di bilancio. «Qualora l’Ufficio esprima valutazioni significativamente divergenti rispetto a quelle del Governo - è scritto - su richiesta di almeno un terzo dei componenti di una Commissione parlamentare competente in materia di finanza pubblica, quest’ultimo illustra i motivi per i quali ritiene di confermare le proprie valutazioni ovvero ritiene di conformarle a quelle dell’Ufficio». In base alla legge, così, le opposizioni hanno potuto richiamare a spiegare il ministro Padoan, che nel giro di una settimana dovrà tornare in parlamento ad illustrare come il governo conta di far lievitare di 4 decimi di punti il Pil. La mancata validazione è una novità e la procedura non è ancora fissata. Molto probabilmente il ministero dell’Economia chiarirà tutto martedì. Già perché il governo anticiperà la manovra per inviare il 17 ottobre in Europa il Draft budgetary plan e il 20 il testo già in Parlamento. In questo lasso di tempo il governo «calerà» sulla contabilità gli effetti concreti della manovra. È proprio sul documento europeo che le stime potrebbero adeguarsi ai calcoli dei tecnici, tanto da ottenere la «validazione» dell’Upb, senza la quale non ci sarebbe partita con l’Europa. Il Pil non cambia. Rimarrà fermo al +1% (anche perché secondo alcune indiscrezioni Renzi lo avrebbe voluto indicare ancora più in alto) mentre il deficit potrebbe crescere dal 2,2-2,4%. In questo caso i “calcoli” dell’Upb potrebbero quadrare. Ma per questo sarà necessario concordare questo mini-sforamento con Bruxelles. E nulla appare scontato. Prima ci sarà il confronto politico sul Def. È scontato oramai lo slittamento del voto in aula, così come il voto negativo delle opposizioni. La sinistra Pd, invece, ha fatto sapere che darà un voto positivo, anche se chiede chiarezza. Intanto ieri al Senato è stata Ala a salvare il governo votando sì al rendiconto del 2015 e all’assestamento di Bilancio del 2016. Senza i 10 voti dei verdiniani i provvedimenti non avrebbero avuto il disco verde dell’aula.

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