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Data: 08/10/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Scontrini e onlus, assolto Marino: il Pd chieda scusa I dem: ha fallito «Ha pagato di tasca sua viaggi e altro in Campidoglio regnava il caos totale»

ROMA Assolto in primo grado e subito pronto a tornare in politica per Roma. E' stato il giorno di Ignazio Marino, quello di ieri. Un giorno iniziato con dubbi e preoccupazioni su come sarebbe andata, tanto che per raggiungere l'aula dove si svolgeva il processo a porte chiuse con rito abbreviato, l'ex sindaco ha scelto un percorso defilato, lontano da telecamere e giornalisti. Nessuno sapeva che fosse già dentro ad ascoltare le parole del giudice che lo ha assolto, dopo soli 15 minuti di Camera di consiglio. Niente falso, peculato, né truffa. Accuse per le quali aveva dovuto dimettersi da primo cittadino della Capitale. Tanto che alla lettura del verdetto, la tensione si è sciolta e, al marziano sono scese anche le lacrime.
La procura aveva chiesto per lui una condanna a tre anni e quattro mesi. Invece, riguardo alle cene consumate a spese dei romani e pagate con la carta di credito del Campidoglio per 12.700 euro, è stato assolto con la formula «perché il fatto non sussiste»; per l'altro filone di indagine, invece, quello riguardante la Onlus, «perché il fatto non costituisce reato». Subito dopo che il Tribunale aveva stabilito che non c'erano reati, il chirurgo dem era già pronto a togliersi più di un sassolino dalle scarpe. «Sono felice, me lo aspettavo - ha esultato per i corridoi di piazzale Clodio - Sapevo di essere innocente. Di fronte ad accuse così infamanti, di media e politica, è stata finalmente ristabilita la verità. Il Pd si scusi». Brucia ancora il ricordo di quei «26 accoltellatori e un unico mandante», ovvero i consiglieri del Pd che lo destituirono davanti a un notaio. Ma ora c'è spazio per le strette di mano, per il riscatto, per i sorrisi. Mentre accanto a lui, uno dei sostenitori più accaniti azzarda: «Adesso Roma ha due sindaci e due Papi».
ASSENZA DI DOLO
A formulare le richieste di condanna erano stati i pm Roberto Felici e Pantaleo Polifemo che sembrano orientati a fare ricorso in Appello. Bisognerà, comunque, aspettare 90 giorni per capire quali siano state le ragioni dell'assoluzione. Nella decisione del gup Pierluigi Balestrieri potrebbe aver pesato la condotta tenuta da Marino nei giorni successivi all'iscrizione sul registro degli indagati, visto che ha scelto di risarcire i ventimila euro delle cene. Il giudice potrebbe aver riscontrato anche la mancanza di dolo. Come se all'ex sindaco non fosse del tutto chiaro l'uso che doveva fare del denaro pubblico. E comunque che non ci fosse fino in fondo la volontà di danneggiare le casse del Campidoglio.
Risalgono agli anni che vanno da luglio del 2013 a giugno del 2015, le cene contestate. Marino le aveva pagate con la carta di credito che aveva in dotazione come primo cittadino. Ma soprattutto lo aveva fatto - secondo quanto avevano ricostruito gli inquirenti - «generalmente nei giorni festivi e prefestivi, con commensali di sua elezione, comunque difformi della funzione di rappresentanza dell'ente». Sempre secondo l'accusa, respinta però ieri dal Tribunale, il chirurgo aveva dato disposizioni alla sua segreteria affinché «inserissero indicazioni non veridiche». Quanto alla onlus Immagine, della quale è stato presidente, l'ipotesi anche questa scartata dai giudici era che fosse stata truffata l'Inps. La struttura, che si occupava di aiuti sanitari a Paesi in via di sviluppo, avrebbe messo in atto delle assunzioni fittizie con soggetti inesistenti per un guadagno ritenuto di circa 6 mila euro. Per questo processo sono state rinviate a giudizio altre tre persone: Carlo Pignatelli, Rosa Garofalo e Federico Serra, che hanno scelto di procedere con il rito ordinario.
Molti i commenti dal mondo politico, con qualche imbarazzo tra i Dem. «In questi giorni - ha dichiarato il ministro Maria Elena Boschi - ci sono state tante assoluzioni: Cota, De Luca e questo, a noi che siamo garantisti, pone interrogativi, ma per quanto riguarda Marino, il problema per il Pd non sono stati gli scontrini piuttosto lo stato in cui versava la città».
LE REAZIONI
Dello stesso avviso Matteo Orfini, commissario del Pd romano: «Quando avevo condannato l'episodio degli scontrini speravo che Marino dimostrasse la sua innocenza. E di questo sono contento. Ma la richiesta di dimissioni è dovuta unicamente alla sua totale incapacità di gestire Roma». Chi fa le scuse all'ex sindaco, invece, è il leader di Sinistra Italiana Stefano Fassina. «In tanti dovrebbero scusarsi con Alemanno e Marino - ha affermato - con quest'ultimo chi nel Pd ha posto fine al suo mandato con le firme dal notaio. Dovremmo aprire una riflessione sullo stravolgimento degli assetti politici e istituzionali, oltre che della vita delle persone».

«Ha pagato di tasca sua viaggi e altro in Campidoglio regnava il caos totale»

ROMA Uscendo dall'aula del Tribunale, trattiene a stento l'emozione. «E' stato assolto con la formula più ampia», dice a caldo subito dopo il processo. Il professor Enzo Musco, romano d'adozione, docente ordinario presso la facoltà di Giurisprudenza dell'università capitolina di Tor Vergata, una volta terminata la conferenza stampa e tornato nel suo studio, spiega punto per punto la linea difensiva che ha portato al pieno proscioglimento dell'ex sindaco di Roma, Ignazio Marino.
Professore, a Marino venivano mosse tre pesanti contestazioni: peculato, falso e truffa. Come avete lavorato per ottenere l'assoluzione?
«In realtà la difesa è stata molto semplice. Per quanto riguarda il peculato, il concetto di spese di rappresentanza è definito sia dalla giurisprudenza che dall'ordinamento comunale. Nulla della condotta di Marino lasciava supporre che avesse abusato dei suoi poteri. Due cene ogni venti giorni, oltretutto, sono forse tante per uno che è il sindaco di Roma? La verità è che il professor Marino non ha mai usato soldi pubblici per fini privati. Semmai il contrario. Ha pagato di tasca sua viaggi e opere. In Campidoglio regnava il caos: gli hanno dato la carta di credito, ma non gli hanno mai spiegato come usarla».
E la truffa? Il suo assistito era accusato in concorso con altre tre persone, di aver predisposto la certificazione di compensi per prestazioni di soggetti inesistenti apparentemente ingaggiati dalla Onlus da lui fondata.
«Non si è mai occupato direttamente della gestione della Onlus Imagine, quindi anche in questo caso la difesa non è stata complicata. Le altre persone indagate sono state rinviate a giudizio e hanno scelto di essere giudicate con rito ordinario, quindi i destini processuali si sono separati»
Resta la questione delle firme sui giustificativi di spesa: è stato veramente il suo staff a firmarli?
«Su questo punto, le nostre idee sono molto chiare, perché abbiamo fatto una perizia calligrafica difensiva, da cui è emerso che le firme potrebbero essere state apposte da Silvia Decina, responsabile della segreteria particolare del sindaco. Da quanto ci risulta, lei avrebbe negato la circostanza. E comunque la Procura non ha svolto accertamenti in questo senso, quindi una risposta precisa non c'è. Ora stiamo valutando come procedere. Per il momento, quello che ci interessa di più è leggere le motivazioni della sentenza, per capire come orientarci».

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