ROMA Il governo si prepara a varare la manovra da 24,5 miliardi e intanto incassa l’ok del Parlamento per andare a chiedere a Bruxelles più flessibilità di bilancio. Ieri l’Aula, nel quadro delle votazioni sulla Nota di aggiornamento al Def (Documento di economia e finanza), ha approvato, a maggioranza assoluta, l’autorizzazione ad innalzare il deficit (indicato dal ministro dell’Economia Padoan al 2%) fino a un massimo del 2,4% nel 2017 per interventi di natura eccezionale. Il che vuol dire, in poche parole, che Palazzo Chigi ha ottenuto il mandato per reclamare, si legge nella risoluzione votata in serata, «ulteriori margini sino a un massimo dello 0,4% del Pil in considerazione sia del prolungamento della fase di debolezza dell’economia, sia per interventi, anche di natura eccezionale, che consentano di mettere in sicurezza il territorio, il patrimonio abitativo e le infrastrutture scolastiche, nonché di fronteggiare il fenomeno migratorio attraverso strategie anche di natura strutturale». Sul piatto ci sono circa 7,5 miliardi di euro, denaro indispensabile per rendere meno affannosa la ricerca delle coperture necessarie per far quadrare i conti della legge di Bilancio. Il provvedimento sarà pronto entro sabato e sul tavolo restano molti casi irrisolti. A cominciare dal dossier pensioni in merito al quale il governo incontra oggi i sindacati. Mentre resta confermato l’intervento sulle pensioni più basse («ci sarà un aumento di 80 euro al mese» ha quantificato il premier Renzi due giorni fa) attraverso la cosiddetta quattordicesima (estensione della platea a coloro che hanno un reddito complessivo personale fino a 1.000 euro e aumento del 30% per coloro che già hanno il beneficio), vanno definiti i contorni dell’Ape (anticipo pensionistico). «La penalizzazione per i lavoratori non usuranti che scelgano di andare in pensione un anno prima sarà del 5% all’anno. In tre anni sono poco meno del 15%» ha annunciato lo stesso Renzi confermando che si potrà uscire su base volontaria fino a 3 anni e 7 mesi prima dei requisiti normativi. Ma devono ancora essere definiti i dettagli sulle misure che costano di più, ovvero quelle per i lavoratori precoci e sull’Ape agevolata. In particolare non è chiaro come sarà calcolato l’importo del reddito ponte verso la pensione per le persone che rientreranno nella possibilità di accedere alla cosiddetta Ape social. Sembra infatti che non sia scontato che l’importo sia a livello della Naspi (assegno di disoccupazione legato all’ultima retribuzione con un limite massimo a 1.300 euro) ma che ci sia una pressione da parte della Ragioneria per un livello molto più basso (ci sarebbe l’esempio dell’Asdi, ovvero l’assegno di sussistenza previsto per gli over 55 che hanno esaurito gli ammortizzatori sociali che ammonta a 448 euro). Il dossier pensioni fa parte di un pacchetto sulle politiche sociali (3,15 miliardi di finanziamento) che comprende anche misure per le famiglie. In particolare, il governo punta a introdurre un bonus famiglie (400 milioni), legato all’Isee, per distribuire un assegno in favore delle famiglie, con almeno due figli, non proprio sotto la soglia della povertà (per le quali esistono già specifici interventi di welfare) ma in condizioni comunque di precarietà economica.