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Pescara, 25/11/2024
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14/10/2016
Il Centro
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Ancora tangenti - Tangenti sul contratto, 5% per la ricostruzione. Arrestati 7 furbetti del terremoto a Bussi, altri 4 indagati: ditte costrette a pagare per fare i lavori. Il sistema ideato da un ex colonnello dell’Esercito di 80 anni |
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PESCARA L’ultima inchiesta sui presunti furbetti del terremoto ha una particolarità: le tangenti non erano nascoste, ma scritte sui contratti. Percentuali del 5%, del 12 e del 20: un fiume di soldi – e favori come la riparazione del tetto, un’auto in prestito e l’assunzione di una figlia pagata per non lavorare – necessario a orientare gli appalti della ricostruzione a Bussi e a Bugnara. Ma, per i 7 arrestati ieri, Bussi e Bugnara erano solo il punto di partenza: «Quando piglieremo, quando prenderemo gli aggregati, lavoreremo solo ed esclusivamente sull’Aquila», annuncia al telefono Giampiero Piccotti, un ex colonnello dell’Esercito di 80 anni a capo degli imprenditori pronti a spartirsi l’affare della ricostruzione attraverso il Consorzio Ges.com. «Ti voglio con me anche per lo sviluppo che stiamo facendo in maniera esponenziale all’Aquila», ripete ancora l’ex militare di Perugia a un tecnico compiacente di Bussi. Il capo in pensione. È proprio l’anziano la mente del Consorzio Ges.com: è lui ad aver scritto il Piano Abruzzo, cioè il manuale della ricostruzione degli edifici privati. Un elenco di regole a cui attenersi «altrimenti potrebbero esserci contrasti deleteri per gli affari». Un manuale che, invece, per il corpo forestale e per la procura si legge in un altro modo: il Piano Abruzzo sarebbe solo «un progetto teso a conseguire un illecito profitto, mediante», così scrive il gip Gianluca Sarandrea sull’ordinanza degli arresti, «la preventiva assunzione di numerossimi incarichi per la progettazione degli aggregati edilizi, in maniera da assumere nel settore specifico una posizione di sostanziale monopolio che ha consentito di imporre condizioni capestro alle ditte costruttrici, costrette a erogare rilevanti somme di denaro per poter ottenere gli incarichi della ricostruzioni». Sequestro da 330 mila euro. Sette arresti ai domiciliari e altri 4 indagati per associazione a delinquere, corruzione, concussione, turbativa d’asta, falso in atto pubblico e induzione indebita a dare o promettere. Sequestrati 330 mila euro considerati il frutto delle tangenti. I fatti contestati agli indagati, a partire dai due pubblici ufficiali – Angelo Melchiorre, architetto di 61 anni di Bussi a capo dell’Utr 5, e Antonio D’Angelo, geometra di 58 anni di Pratola Peligna, responsabile unico del procedimento della gara d’appalto da quasi 2 milioni di euro per la scuola Clemente di Bugnara – vanno dall’ottobre 2011 all’aprile 2015. Imprenditori confessano. Le indagini sono partite da un esposto anonimo: gli investigatori della forestale non l’hanno lasciato cadere e sono arrivati a raccogliere le dichiarazioni di un imprenditore umbro aggiudicatario di tre appalti per la ricostruzione degli aggregati edilizi di Bussi per un valore pari a 8 milioni di euro, a seguito di una richiesta, da parte del direttore dei lavori, di una tangente del 12% del valore degli appalti (960 mila euro), al fine di dividerla con altri tecnici coinvolti. Tra gli edifici nel mirino anche la scuola elementare di Bugnara, per la quale un altro imprenditore ha raccontato di aver versato 10 mila in contanti e la casa di Ignazio Silone a Pescina. Il ruolo dei tecnici locali. Imprenditori, funzionari pubblici e liberi professionisti hanno tentato di spartirsi la torta dei finanziamenti attraverso le tangenti richieste alle ditte scelte e impiegando tecnici ombra: al posto di geometri e architetti indicati dai proprietari degli edifici da ricostruire, sono spuntati quelli che gli inquirenti definiscono «ghostwriter». Il ruolo dei tecnici locali era quello di procurare gli appalti. Secondo gli investigatori, il sistema si basava e sfruttava la rete di conoscenze dei tecnici locali per assicurarsi l’«accaparramento» degli incarichi di progettazione degli aggregati edilizi del cratere. Ma il gruppo pensava in grande: acquisire una «indebita posizione di monopolio degli affidamenti dei lavori» e ciò proprio attraverso la corruzione di pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio (i tecnici dei consorzi privati che hanno diritto alla ricostruzione finanziata dallo Stato) e costringendo le ditte a erogare «rilevanti somme di denaro per poter accedere al mercato degli appalti della ricostruzione, agevolati dalla totale contribuzione pubblica». Sì di Melchiorre. Il sigillo dell’istruttoria per la richiesta del contributo era garantito da Melchiorre, responsabile dell’Ufficio tecnico della ricostruzione di Bussi, che, come contropartita, avrebbe ottenuto la promessa del pagamento di importanti somme di denaro (importi pari al 5% del valore degli appalti pari a circa 29 milioni di euro) e di altre utilità: il rifacimento del tetto, l’uso di una macchina (Lancia Musa) noleggiata da un’impresa del cartello e l’assunzione della figlia in una società di Catania riferibile allo stesso gruppo imprenditoriale. E la figlia sarebbe stata pagata senza lavorare: in un’intercettazione con la mamma racconta che «di essere stata assunta in una ditta che non sa nemmeno dove stia». Però, i soldi sul conto corrente, circa 4 mila euro, sarebbero arrivati lo stesso.
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