PESCARA La cupola sgominata dalla Forestale potrebbe aver messo le sue mani anche sull'Aquila, il piatto forte della ricostruzione. «Il perimetro del fenomeno spiegano il procuratore aggiunto di Pescara Cristina Tedeschini e il Pm Anna Rita Mantini è infatti più ampio. Stiamo verificando pertanto cosa è accaduto in particolare nella città dell'Aquila«. «L'indagine aggiunge la dottoressa Mantini è soltanto a metà, siamo pronti ad effettuare tutti gli accertamenti per capire cosa successo nel capoluogo di Regione». Gli stessi indagati lascerebbero intendere nelle intercettazioni di voler «moltiplicare» il proprio schema criminale replicandolo in altre zone. La stessa azienda di Stefano Roscini è in effetti tra le protagoniste della ricostruzione aquilana attraverso tecniche e tecnologie definite innovative.
«Quello che è certo dice ancora il Pm Mantini è che grazie alle indagini condotte dalla Forestale è venuta fuori l'immagine della ricostruzione come un fenomeno assegnato a pochi. Un grande affare, una questione nelle mani di pochi, fuori dalla gestione pubblica e dal libero mercato». Un affare su cui gli inquirenti sono riusciti a fare piena luce, a scoprirne i meccanismi, attraverso i documenti. «È stata ha sottolineato Mantini un'indagine documentale in cui è stato possibile accertare le spartizioni. Indagine da cui è venuto fuori un sistema ingegnoso paradossalmente scritto, fatto di contratti, atti, percentuali». Ma è venuto fuori anche un vero e proprio consorzio fra soggetti che, facendo riferimento alla normativa vigente e strumentalizzandola, «sono riusciti ad accaparrarsi il territorio». E dunque i progetti. Si era creato, stando alla procura, «un mercimonio della progettazione».
PROGETTISTI ASSERVITI«Il progettista spiegano i magistrati non faceva più il proprio lavoro e quindi le verifiche, ma era un soggetto terzo gestito dall'associazione». L'importante era che, conoscendo il territorio, aiutasse a far prendere i lavori. Un meccanismo dal quale potrebbero saltare fuori coinvolgimenti politici. «Al momento ha sottolineato Mantini è da verificare. Ci siamo concentrati a verificare quanto riportato sui documenti». «Nel corso delle indagini è emerso qualche accenno ad esponenti politici ed in particolare ad un determinato soggetto - spiegato il procuratore Tedeschini - ma sono solo riferimenti per appunti e non rappresenta comunque il cuore dell'inchiesta, che è altro». Ossia quello denominato dagli stessi indagati il Piano Abruzzo, il luogo per fare affari, un piatto ricco alla loro mercè. «Questa vicenda che in alcuni suoi punti diventa criminosa ha fatto presente il procuratore - nasce come un affare edilizio e il Piano Abruzzo è un progetto scritto che abbiamo trovato e acquisito agli atti». Secondo Tedeschini, «la testa pensante era l'ex colonnello dell'Esercito, Giampiero Piccotti». Il suo ruolo era quello di «deciso ideatore e progettatore di questo affare.
RISVOLTI CRIMINALI NOTEVOLI Per i protagonisti questo è un affare economico che ha un obiettivo ambizioso: non è un semplice giro di corruzione, ma il tentativo di gestione e presa in carico di intere porzioni di ricostruzione, finanziate da soldi pubblici. Se ci sono delle collaborazioni da remunerare, vengono remunerate. Se ci sono soggetti importanti da arruolare nell'ambito del piano, si arruolano». Un piano che «ha notevoli risvolti criminali».
Riguardo agli interessi degli indagati sulla scuola elementare e materna di Bugnara, Tedeschini ha sottolineato che «per loro era un affare che faceva girare i soldi esattamente come gli altri». Critiche infine sono state rivolte alla normativa vigente sulla ricostruzione privata, che, dicono le Pm pescaresi «ha evidenziato delle smagliature dando vita a fenomeni corruttivi che purtroppo rischiano di ripetersi».
La Cupola della ricostruzione sette arresti in Val Pescara
PESCARA Una vera e propria cupola che doveva gestire i lavori della ricostruzione post terremoto del 2009 nei territori della Val Pescara e della Valle Peligna. È quella scoperta e decapitata dalla Procura di Pescara e dagli agenti del Corpo forestale che hanno condotto le indagini. Un giro di tangenti per diverse centinaia di migliaia di euro, fino al 20 per cento dell'importo dei lavori per una torta da 29 milioni in totale, che doveva finire nelle tasche della cupola attraverso il Consorzio Ges.com, creato ad hoc. Undici indagati, sette dei quali, dipendenti pubblici, tecnici, progettisti e imprenditori, finiti agli arresti domiciliari su ordine del gip Gianluca Sarandrea. Rispondono di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e alla turbativa d'asta. Sequestrati 330 mila euro, presunto provento dell'attività corruttiva, con una raffica di perquisizioni in diverse città: Perugia, Pescara, Gubbio, Assisi, Popoli e Bussi sul Tirino.
Ai vertici di questa cupola tre nomi: Angelo Melchiorre, responsabile tecnico del Comune di Bussi e membro della commissione di gara del Comune di Bugnara, oltre che responsabile coordinatore dell'Ufficio territoriale per la ricostruzione dell'area omogenea numero 5; l'imprenditore di Perugia Stefano Roscini e Giampiero Piccotti, «il colonnello», un ex militare che sarebbe il vero ideatore del cosiddetto «Piano Abruzzo», concepito per spartirsi i soldi della ricostruzione. Insieme a loro Antonio D'Angelo, responsabile del procedimento per la ricostruzione della scuola elementare e materna di Bugnara; Angelo Riccardini, imprenditore di Gubbio, e poi due tecnici di Bussi incaricati di pubblico servizio, Marino Scancella ed Emilio Di Carlo, altro personaggio chiave dell'inchiesta. A piede libero completano l'elenco degli indagati Marino Giangiulio, Franco Di Carlo e Roberto Di Tommaso, tecnici, tutti di bussi.
IL SUPERTESTE CHE ACCUSA Un lavoro certosino quello portato avanti da circa due anni dal procuratore aggiunto Cristina Tedeschini e dai sostituti Anna Rita Mantini e Mirvana Di Serio. Indagini, intercettazioni e soprattutto una gola profonda, un imprenditore, che non ha voluto sottostare ai ricatti estorsivi della cricca ed ha spiattellato tutto alla procura, confessando anche due tangenti da 5.000 euro l'una, consegnate nelle mani dei due dipendenti infedeli, Melchiorre e D'Angelo che avrebbero dovuto favorirlo nella gara di appalto per la ricostruzione della scuola di Bugnara: gara dalla quale venne peraltro tagliato fuori dai due. «Ho conosciuto Roscini nel 2012 - dice l'imprenditore N.C. ai magistrati -. Mi propose di venire in Abruzzo a svolgere lavori della ricostruzione poiché aveva stretti legami con alcuni pubblici ufficiali abruzzesi legati alla ricostruzione, e cioè Melchiorre e D'Angelo. Mi disse che i due occorreva però pagarli altrimenti i lavori non sarebbero mai arrivati. Appresi che dopo l'aggiudicazione della gara occorreva corrispondere un 10/15 per cento degli stati di avanzamento a quegli stessi pubblici ufficiali che poi ho anche conosciuto, e cioè Melchiorre e D'Angelo».
I PARENTI ASSUNTI Nelle 50 pagine di ordinanza si parla anche delle assunzioni fittizie della figlia di Melchiorre e della moglie di Emilio Di Carlo, assunte a tempo indeterminato in società della famiglia Roscini, ma dove non avrebbero effettuato neppure un giorno di lavoro, percependo però lo stipendio. E poi le prove, secondo la procura, della percentuale del 5 per cento che avrebbe dovuto incassare Melchiorre. Un manoscritto sequestrato al dipendente infedele, una scrittura privata tra la Ges.com e Melchiorre. L'annotazione «Futuro 18.000.000» e poi la cifra 900, «che potrebbe corrispondere - scrive il gip - all'importo di 900 mila euro ovvero esattamente il 5 per cento di 18 milioni previsti per i lavori». E poi c'è anche un altro manoscritto sequestrato a colonnello Piccotti che «identifica - scrive ancora il gip - chiaramente gli aggregati di Bussi sul Tirino ove le società consorziate avrebbero svolto i lavori. Il numero tra parentesi, 17 o 20, identifica evidentemente la percentuale che le ditte consorziate avrebbero dovuto versare a Ges.com dopo aver ricevuto per il suo tramite l'affidamento dei lavori». E ancora il riepilogo della ripartizione della percentuale dei guadagni spettanti ai vertici della cupola, dove P sta per Piccotti, G per Ges.com, M per Melchiorre. E cosa ci avrebbe fatto il principale protagonista della vicenda, il dipendente Melchiorre, con le laute tangenti? «Un investimento da 200 mila euro con la società Icons Fze - afferma il gip - rappresentata da Tony Fresco avente ad oggetto la realizzazione di un impianto di produzione di acqua minerale con annesso centro benessere a Bussi su terreni a lui intestati».