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Pescara, 25/07/2024
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Data: 19/10/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Meno posti, più licenziati. 96 milioni di “voucher”. L’Osservatorio dell’Inps conferma i dati negativi del jobs act nei primi 8 mesi. La riforma del governo finisce sotto accusa: «Sprecati 18 miliardi di incentivi»

ROMA Dopo la forte crescita del 2015 trainata dagli sgravi, nel 2016 diminuiscono le assunzioni: nel primi 8 mesi dell’anno, infatti - secondo quanto si legge sull’Osservatorio sul precariato pubblicato dall’Inps - le assunzioni a tempo indeterminato sono state 805.168, con un calo del 32,9% rispetto allo stesso periodo del 2015 quando lo sgravio contributivo era totale. A preoccupare inoltre è il confronto con il 2014 in assenza di incentivi perché anche in questo caso si registra un calo del 7%. Ed è così che la riforma del lavoro targata Renzi finisce di nuovo sul banco degli imputati con opposizioni e sindacati che attaccano il governo. Sta di fatto che mentre si esaurisce l’effetto sgravi sulle assunzioni, si registra anche un boom di licenziamenti e si riducono le dimissioni volontarie. Tra gennaio e agosto i licenziamenti complessivi sui contratti a tempo indeterminato sono passati da 290.656 del 2015 a 304.437 (+4,7%) quest’anno. Tra questi crescono soprattutto i licenziamenti individuali per ragioni disciplinari, ovvero quelli sui quali è intervenuto il jobs act con il contratto a tutele crescenti mandando in pensione per i nuovi assunti la possibilità di reintegra nel posto di lavoro in caso di licenziamento ingiusto. I licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo soggettivo sono passati da 36.048 a 46.255 con un aumento del 28%. Nello stesso periodo le dimissioni, sempre sui contratti a tempo indeterminato, sono passate da 599.248 a 510.267 con un calo del 14,8%. Continua a crescere inoltre l’utilizzo dei voucher con 96,6 milioni di buoni per il lavoro accessorio dal valore nominale di 10 euro venduti nei primi otto mesi del 2016 (+35,9%) in attesa di capire che succederà con la stretta sulle sanzioni in caso di mancata comunicazione da parte di imprese e professionisti sull’utilizzo dello strumento. Sul piede di guerra ci sono i sindacati. «Noi gufi? Sono state confermate le nostre preoccupazioni», dice la numero uno della Cgil Susanna Camusso: «Si cominciano a vedere gli effetti concreti dell’aver abolito la tutela nei confronti del licenziamento, con particolare riferimento a quelli individuali o disciplinari». E ancora «nel momento in cui si arriva all’esaurimento degli ammortizzatori di lunga durata, si passa all’invio delle lettere di licenziamento». Il ministro del Lavoro difende però il provvedimento voluto dal governo: «Il jobs act è una buona legge perché a fronte del meno 32% di oggi bisogna considerare che l’anno scorso è stato registrato un + 100%, quindi quel meno 32% parte da più 100% ed è quindi una discesa fisiologica», spiega Giuliano Poletti, durante il programma Politics.Anche il premier, nel corso della conferenza stampa con Barack Obama alla Casa Bianca, replica alle opposizioni: «Mi sono dovuto scusare per aver usato l’espressione jobs act che è copiata. Questa scelta però ha portato 588mila posti di lavoro in più, ancora non sono sufficienti ma sono un primo passo per uscire dalla situazione di difficoltà». Le opposizioni non sono dello stesso avviso ed è di nuovo battaglia: Renato Brunetta (Forza Italia) scrive su Twitter che «scoppia la bolla jobs act» e i rappresentanti M5 Stelle in commissione Lavoro di Camera e Senato definiscono il jobs act «inutile» perché «sono stati sprecati oltre 18 miliardi di euro» per ottenere un aumento dei licenziamenti. E Beppe Grillo: «Mentre Renzi è in America, l’Italia muore».

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