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Pescara, 25/07/2024
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Data: 20/10/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Referendum, Mazzocca Gerosolimo e Di Matteo: che spine per D'Alfonso

PESCARA In molti sono già usciti allo scoperto, qualcuno resta ancora su posizioni attendiste in attesa di giocare le sue carte. Certo è che il referendum costituzionale del 4 dicembre sta animando, a ritmo crescente, anche la politica abruzzese. Un po' per l'arrivo dei big venuti a spingere i comitati del Sì e del No, molto per le conseguenze che l'esito della consultazione popolare avrà sulle dinamiche del territorio. Riposizionamenti e tatticismi si fanno sentire soprattutto in Regione, dove Luciano D'Alfonso non ha ancora tutto sotto controllo nella sua maggioranza. In giunta, quattro assessori su sei sono posizionati sul sì: Giovanni Lolli, Silvio Paolucci, Dino Pepe, Marinella Sclocco. Non si sono invece ancora espressi pubblicamente Donato Di Matteo, esponente di spicco del Pd, e Andrea Gerosolimo, di Abruzzo Civico. A lasciare qualche dubbio è stata soprattutto l'assenza dei due alla convention organizzata tre giorni fa a Pescara proprio da D'Alfonso. L'ospite d'onore era il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Luca Lotti, uno degli uomini di governo più vicini a Matteo Renzi. L'impressione è che i due assessori siano ancora alla finestra ma che non si fermeranno troppo a lungo sul davanzale.
SINGOLARITÀAncora più singolare il caso dell'ex assessore all'Ambiente, Mario Mazzocca, schierato apertamente per il No con Sinistra italiana (ex Sel) che lo ha eletto all'Emiciclo. Partito di lotta a Roma, di governo in Abruzzo dopo l'alleanza politica con l'attuale maggioranza di centrosinistra. Il fatto è che Mazzocca è anche sottosegretario della giunta D'Alfonso, un ruolo istituzionale che, almeno sulla carta, dovrebbe essere vicinissimo alla Presidenza. Anche questo rischia di creare qualche tensione. Ma il caso di Mazzocca non è molto diverso da quello di Giorgio D'Ignazio (Ncd), che in consiglio regionale è collocato all'opposizione sui banchi del centrodestra, mentre a Roma il suo partito è alleato di Matteo Renzi. Anche D'Ignazio si è presentato nei giorni scorsi a Teramo, dove c'era il ministro Angelino Alfano a dare una mano ai comitati del Sì. Nel Pd sembra trascorso un secolo da quando, il 2 dicembre del 2012, Bersani vinceva le primarie per la leadership del centrosinistra, con un voto plebiscitario in Abruzzo: il 62,42%, contro il 37,58% di Matteo Renzi. Un tempo in cui i renziani, nel partito di Luciano D'Alfonso, erano frustrati dalla forte componente Ds, quella capeggiata da Bersani e D'Alema, mentre 4 anni dopo tutto sembra essersi ribaltato. Oggi siamo anzi di fronte a un fatto nuovo, uno scontro non più ideologico ma generazionale, dove due giovani esponenti del Pd: Silvio Paolucci e Camillo D'Alessandro, chiudono i due mondi degli ex Pci-Pds-Ds e Dc-Ppi-Margherita in cui si sono formati politicamente per schierarsi insieme sul fronte del sì. Ad animare il comitato del no di Massimo D'Alema, c'è invece un piccolo mondo antico, come lo definiscono i renziani, guidato dall'ex deputata Pina Fasciani. Un'area del partito che, almeno in Abruzzo, non sembra avere grande seguito nelle sedi istituzionali ma pesca consensi in una vasta area della Cgil, la vecchia base, i circoli di periferia.
«I nostri parlamentari - dice D'Alessandro - sono tutti schierati per il Sì, come i sindaci delle grandi città governate da noi». Quattro anni fa, quando si votò per decidere chi avrebbe dovuto guidare la coalizione di centrosinistra alle politiche del 2013, la situazione era diametralmente opposta: Bersani e D'Alema su, Renzi giù. Grandi incognite anche nel centrodestra, che in Abruzzo il referendum ha avuto però l'effetto di rimettere insieme nelle sue varie componenti. I comitati del No continuano a moltiplicarsi. In casa di Forza Italia si aspetta un segnale forte da Berlusconi, per non lasciare spazio libero a Renzi nel campo dei moderati, terreno sempre fertile in Abruzzo.

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