SULMONA - Il rischio è, per la prima volta in Italia, la paralisi amministrativa per colpa dei furbetti del cartellino. Perché quanto scoperto a Sulmona dalla Guardia di finanza potrebbe portare, come prevede la legge, alla sospensione immediata dei dipendenti infedeli che, nel capoluogo peligno, sarebbero 46 su 102. «Non sapremo più come gestire la macchina amministrativa - spiega preoccupato l'assessore al Personale, Cristian La Civita - per questo, nel caso fossero confermati i numeri, saremo costretti a rivolgerci al prefetto per avere un aiuto». Si tratterà ora di capire quanti tra l'esercito degli infedeli siano gravemente colpevoli da meritarsi il ritiro del badge, certo è che le prove raccolte dagli inquirenti sono per molti di loro abbastanza schiaccianti.
C'era chi andava a fare la spesa al mercato, chi si dedicava allo shopping sfrenato per bruciare sul tempo i clienti dei saldi di fine stagione, chi andava alle Poste a pagare la bolletta, chi al bar a chiacchierare e chi per il corso a fare una passeggiata di relax. E poi il rito della timbratura del cartellino, con dipendenti che passavano fino a cinque badge alla volta invece dei propri colleghi e chi non si toglieva neanche il caschetto per registrare la sua presenza per subito dopo inforcare la bici.
BICICLETTE Tutto durante l'orario di lavoro: quasi la metà dei dipendenti del Comune di Sulmona sono finiti sotto inchiesta con l'accusa di truffa ai danni dello Stato, false attestazioni e falso utilizzo del badge da parte di dipendenti pubblici. Un'indagine, quella condotta dagli uomini del tenente Luigi Falce coordinati dal Pm Stefano Iafolla, durata circa sette mesi, quattro dei quali di insindacabili riprese video (con le telecamere piazzate all'ingresso degli uffici comunali) e tre di riscontri pratici resi possibili anche grazie all'acquisizione di una corposa documentazione nell'ufficio personale di palazzo San Francesco. E ancora pedinamenti, appostamenti e riscontri sul campo, come quelli che avevano portato i finanzieri a chiedere e ottenere dai furbetti del cartellino gli scontrini fiscali della merce appena acquistata durante lo shopping mattutino. Non solo: gli inquirenti hanno anche scoperto come alcuni di questi dipendenti infedeli, usufruissero dei buoni pasto pur non avendone diritto e ancora come si era soliti timbrare il cartellino per poi tornare a casa a fare colazione. E se proprio non riuscivano a timbrare, si preoccupavano di giustificarsi a posteriori con comunicazioni scritte o verbali, nelle quali attestavano di essere stati presenti in ufficio, pur non essendolo.
SCRIVANIE Il risultato, che era da tempo sotto gli occhi di tutti gli utenti, era che tanto a palazzo San Francesco, quanto nella sede distaccata dell'ex caserma Pace, trovare qualcuno dietro la scrivania era diventata un'impresa. Tant'è che proprio la scorsa settimana la dirigente e l'assessore al Personale, avevano inviato una circolare a tutti i dipendenti, intimandoli a rispettare gli orari di lavoro, l'uso corretto dei buoni pasto e a non uscire dal palazzo se non espressamente autorizzati e per ragioni di servizio. L'assenteismo, hanno scoperto i finanzieri, d'altronde, non era fatto di casi isolati, ma di abitudini e rituali che coinvolgevano quasi la metà dei dipendenti, con la connivenza spesso dei loro colleghi. L'informativa, oltre che sui banchi della procura di Sulmona, è stata spedita anche alla Corte dei Conti, al fine di permettere ai giudici contabili di applicare le misure necessarie per il recupero dei soldi truffati alla collettività. «Provo sgomento e un senso di profonda amarezza - commenta la senatrice sulmonese Paola Pelino -. E' una vicenda incresciosa che getta discredito su un'intera e laboriosa comunità, oltre ad assumere una gravissima rilevanza in un momento storico caratterizzato da un'elevata disoccupazione che attanaglia anche il nostro territorio. Chi ha il privilegio di avere un lavoro stabile e garantito non dovrebbe scadere in comportamenti così riprovevoli».