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Data: 29/10/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Pensioni, Boeri all'attacco: uscire prima non conviene. Renzi irritato, ma fino al voto nessuna rimozione forzata

ROMA L'Ape volontaria, il prestito pensionistico che il governo sta lanciando con la legge di bilancio «comporta penalizzazioni forti, non è tanto conveniente». A dirlo è Tito Boeri, presidente dell'Inps, istituto che nella gestione del nuovo strumento di flessibilità previdenziale messo a punto dal governo avrà una parte importante. La previsione di Boeri («non so quante persone vi aderiranno» ha aggiunto) sarebbe già sufficiente a innescare qualche tensione con l'esecutivo; per di più arriva poche ore dopo un'intervista al Corriere della Sera in cui l'economista ha criticato il complesso delle norme previdenziali inserite nella legge di bilancio, spiegando che causeranno un aumento fino a 44 miliardi del debito pensionistico. Si sono aggiunte poi anche delle valutazioni sugli impegni del governo che sarebbero «poco credibili». Parole che Boeri ha parzialmente smentito, spiegando che si riferivano non alla credibilità dell'esecutivo in generale, ma unicamente alla questione della ottava salvaguardia degli esodati, altra misura inserita nella legge di bilancio. In particolare il presidente dell'Inps ha messo in dubbio che possa trattarsi dell'ultima, perché doveva esserlo anche la settima. «Ho già il tam tam della nona» ha spiegato.

LA PROPOSTA La dialettica un po' vivace tra il numero uno dell'istituto previdenziale e il governo che lo ha nominato non è certo una novità. Boeri aveva presentato una propria proposta di revisione dell'attuale assetto previdenziale, che comprendeva accanto a forme di flessibilità interventi di riduzione sulle pensioni in essere, al di sopra di una certa cifra, con l'obiettivo dichiarato di incidere sulla quota non corrispondente all'effettivo rendimento dei contributi a suo tempo versati. L'idea di un possibile ricalcolo contributivo dei trattamenti, per lo meno di quelli più alti, era stata per un po' di tempo all'ordine del giorno e pareva potesse entrare nell'agenda del governo: ma poi lo stesso premier Renzi se ne è apertamente dissociato. Il presidente dell'Inps, che ha sempre rivendicato il proprio ruolo non solo esecutivo, ma anche di proposta in tema previdenziale, ha comunque formalizzato il proprio progetto che porterebbe non ad un aumento ma a una riduzione del debito previdenziale, per un importo di circa 60 miliardi di euro.
Dal governo ieri non sono arrivate prese di posizioni esplicite sui numeri di Boeri. Il ministro del Lavoro Poletti si è limitato a prendere atto con soddisfazione della sua precisazione circa l'inaffidabilità dell'esecutivo, rivendicando l'impegno «a favore delle fasce più deboli». Il presidente della commissione Lavoro della Camera (nonché ex ministro) Cesare Damiano si è domandato se quelle presentate in modo «irrituale» siano «cifre personali o una autonoma certificazione dell'Inps». Mentre Mauro Nori, che dell'istituto previdenziale è stato direttore generale fino al 2015, ha parlato di «cifre a casaccio» giudicando «grossolana e mistificatoria» l'affermazione «secondo cui una riforma che taglia 4 punti di Pil sulle pensioni non produca macelleria sociale». In serata è arrivato un comunicato dell'Inps con una spiegazione di metodo sul concetto di debito pensionistico, che «è un indicatore il cui ammontare non è rilevante nell'attuale sistema di regole di finanza pubblica». Si ribadisce insomma che questo parametro non ha a che fare con le regole di finanza pubblica di breve periodo in base alle quali la legge di bilancio sarà giudicata a livello europeo e quindi le parole di Boeri in questo senso non rappresentano una sconfessione dell'operato dell'esecutivo

LA SPESA Una parte della spesa aggiuntiva messa in cantiere dal governo riguarda erogazioni dirette ai pensionati, ad esempio attraverso gli aumenti della cosiddetta quattordicesima (ugualmente criticati da Boeri nei giorni scorsi perché non equi). Un'altra quota servirà a rendere non oneroso il prestito Ape per alcune categorie: disoccupati, disabili, lavoratori impegnati in mansioni faticose. Tutta l'operazione Ape è sottoposta al via libera di Eurostat, l'autorità statistica europea.

Renzi irritato, ma fino al voto nessuna rimozione forzata

ROMA «Boeri taglierà il panettone? Prima di tutto speriamo di tagliarlo noi...». Questa battuta, sussurrata a palazzo Chigi, la dice lunga sull'umore del governo: tutto fermo, immobile, tra sondaggi e scongiuri, da qui al 4 dicembre. Il giorno dell'Armageddon referendario. E fino ad allora, fino a quando non conoscerà il proprio destino politico legato al derby No contro Sì, Matteo Renzi non muoverà paglia. Tantomeno procederà alla rimozione di Tito Boeri che proprio lui nel dicembre del 2014 ha voluto alla presidenza dell'Inps.
E' innegabile però che le nuove bordate lanciate dal capo dell'Inps con un'intervista al Corsera in cui accusa il governo di aumentare fino a 44 miliardi il debito della previdenza, critica l'Ape (la flessibilità in uscita) e fa sapere di essere prontissimo a lasciare («Se Renzi, anche velatamente, mi chiedesse un passo indietro, lo farei subito»), hanno innervosito non poco il premier. Ed è stato proprio Renzi, tramite uno dei suoi fedelissimi, a chiedere al presidente dell'Inps di ritrattare almeno una delle accuse. Quella lanciata in mattinata a Torino, in cui aveva definito «poco credibili gli impegni del governo». «Mai detto e mai pensato quelle parole», la correzione pomeridiana di Boeri. «Prendo atto con soddisfazione della precisazione», ha celebrato - anche a nome del premier - il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti.

DESTINO IN BILICO Che il destino di Boeri sia in bilico è abbastanza evidente. Eppure, al momento, nessuno a palazzo Chigi scommette sulla sua defenestrazione tra poco più di un mese, anche se i giudizi sono tutt'altro che lusinghieri. Sentite uno dei consiglieri di Renzi: «Boeri può dire ciò che vuole. Tanto non conta nulla, non ha alcuna influenza sull'elettorato. Con le sue panzane innesca, al massimo, dibattiti tra addetti ai lavori scatenando tempeste in un bicchier d'acqua». Ed ecco un altro consigliere del premier: «Boeri è un rompipalle ed è il più bravo di tutti a dire cavolate. E fin qui passi. Ma il problema è che sta paralizzando l'Inps con lo scontro interno che ha scatenato con il Consiglio di vigilanza e con il direttore generale Cioffi, che proprio lui ha chiamato nell'Istituto. In più è campione nello scaricabarile: tutto ciò che fa è perfetto, mentre tutti i ritardi sono colpa del Parlamento o del governo».
Ciò detto, l'imperativo di Renzi è evitare reazioni scomposte. Soprattutto evitare di procedere, prima del 4 dicembre, alla sostituzione di Boeri: «Matteo in questa fase così delicata non intende passare per un epuratore, uno che pretende che tutti siano allineati e coperti», spiegano a palazzo Chigi. Il messaggio che filtra dall'entourage del premier suona, insomma, così: Tito, stai sereno. Frase che Renzi twittò più o meno simile il 17 gennaio del 2014, destinatario l'allora premier Enrico Letta. E si sa come è finita.

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