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Data: 29/10/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
WhatsApp nel mirino dell'Antitrust

ROMA Anche il faro dell'Antitrust mette nel mirino WhatsApp, l'applicazione per cellulari di messaggi e chiamate acquistata nel 2014 da Facebook. E questo dopo che il mese scorso, sullo stesso tema, avevano già deciso di indagare sia il Garante della Privacy italiano sia la Commissione europea. Nel dettaglio, come informa una nota diffusa ieri e come si apprende dalla consultazione pubblicato sul sito, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha avviato due procedimenti istruttori nei confronti di WhatsApp per presunte violazioni del codice del consumo, che avrebbero cioè determinato a carico dell'utente «un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto». Il primo procedimento «è diretto ad accertare se la società americana abbia di fatto costretto gli utenti di WhatsApp Messenger ad accettare integralmente i nuovi termini contrattuali, in particolare - prosegue la nota dell'Antitrust - la condivisione dei propri dati personali con Facebook, facendo loro credere, con un messaggio visibile all'apertura dell'applicazione, che sarebbe stato, altrimenti, impossibile proseguire nell'uso dell'applicazione medesima». Per comprendere meglio a cosa faccia riferimento l'Antitrust occorre fare un passo indietro alla fine del mese di agosto. È allora che WhatsApp chiede ai propri utenti di accettare i nuovi termini di servizio. Che comportano, come aveva messo in guardia in quei giorni la polizia di Stato, che Facebook, proprietaria dell'applicazione di messaggistica, possa di fatto spiare su WhatsApp numeri di telefono, contatti e altri dati che passeranno così in automatico al social network di Mark Zuckerberg, fondamentalmente per fini pubblicitari. Per evitare che WhatsApp e Facebook possano condividere sempre più informazioni, si deve scegliere subito di rifiutare le nuove condizioni sulla privacy, oppure si hanno 30 giorni per bloccare il consenso eventualmente dato.

L'IPOTESI Di più. Secondo l'ipotesi su cui sta lavorando l'autorità presieduta da Giovanni Pitruzzella, l'effetto di condizionamento sarebbe stato addirittura «rafforzato dalla prespuntatura apposta sull'opzione Facebook in una schermata di secondo livello alla quale l'utente accedeva, dal messaggio principale, tramite apposito link». Il secondo procedimento istruttorio è, invece, diretto ad accertare «la vessatorietà di alcune clausole inserite nei termini di utilizzo di WhatsApp riguardanti, in particolare, la facoltà di modifiche unilaterali del contratto da parte della società, il diritto di recesso stabilito unicamente per il professionista, le esclusioni e le limitazioni di responsabilità a suo favore, le interruzioni ingiustificate del servizio», oltre che «la scelta del Foro competente sulle controversie che, a oggi, è stabilito esclusivamente presso Tribunali americani». Con il comunicato, l'Antitrust ha avviato la consultazione sulla questione. A questo punto la parola passa a WhatsApp e Facebook, che hanno 30 giorni di tempo per inviare «i propri contributi». Ieri, intanto, un portavoce della società di messaggistica ha dichiarato all'Ansa: «Siamo fiduciosi di rispettare le leggi vigenti e attendiamo di poter rispondere presto alle domande delle autorità».

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