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Data: 31/10/2016
Testata giornalistica: Il Centro
«Non si può escludere un’altra forte scossa» Andrea Billi, Cnr: «Quando la terra trema la faglia sotto stress perde energia e la scarica sui segmenti adiacenti che prima o poi si possono muovere»

ROMA Il terremoto corre lungo l’Appennino centrale. All’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche (Igag-Cnr) lo hanno definito «contagio sismico». Ed è, secondo il ricercatore Andrea Billi, quello sta succedendo in questi giorni: quando la terra trema una faglia perde energia e la trasmette ai segmenti vicini. Il terremoto schizza da nord a sud e viceversa e non è possibile capire se, quando e dove rilascerà tutta la sua tremenda energia. Si possono, però, osservare le deformazioni create nel suolo dalle scosse: lo fanno i ricercatori dell’Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente del Cnr. A Visso, il 26 ottobre, la terra si è abbassata di 18 centimetri. Cos’è il contagio sismico? «Quando una faglia si muove a livello locale si rilassa, non è più sotto stress. Però perdendo energia va caricare i segmenti lateralmente adiacenti che, a distanza di giorni, settimane, mesi, ma anche decenni, si possono muovere. Ora noi pensiamo al terremoto di Amatrice del 24 agosto, ma nel 1997 c’è stato quello di Colfiorito che è poco più a nord, poi con L’Aquila nel 2009 si torna a sud. Se li mettiamo tutti in fila ci accorgiamo che è lo stesso fascio di faglie. In questi giorni il terremoto si è spostato lateralmente e da Amatrice ha colpito Visso che è più a settentrione, per poi tornare un po’ più giù verso Norcia. Sono modalità di propagazione abbastanza normali nell’arco dei mesi, anni, decenni. Però sono archi temporali che sfuggono a ogni previsione». Cosa sta succedendo lungo l’Appennino centrale? «Si stanno attivando una serie di segmenti faglia con estensione in direzione ortogonale rispetto all’Appennino. È come se ci fossero due pinze: una che tira la catena montuosa verso l’Adriatico l’altra verso il Tirreno. Quindi si aprono delle fratture, si generano superfici di faglia, che sono quelle dove hanno luogo i terremoti. La crosta terrestre tende ad estendersi e dei blocchi, montagne intere, cadono verso il basso di pochi centimetri: cinque, dieci, quindici, venti. Questo genera un’energia sismica enorme, che poi si propaga nei dintorni: sono le onde che noi avvertiamo». Il fenomeno, dunque, è quello dell’abbassamento del territorio. È vero che al Cnr lo tenete d’occhio dal satellite? «Sì, ci sono dei colleghi che riescono a produrre immagini con passaggi successivi del satellite sulle zone colpite giorno dopo giorno. Quindi, prendendo quelle prima e dopo del terremoto, si possono fare delle misure per capire se il suolo si è abbassato o alzato. Possiamo sapere di quanto si è spostato verticalmente il terreno, in questo caso di 10-20 centimetri, ed è possibile individuare la faglia che ha generato questo abbassamento, perché va a morire proprio in quella zona. Si riesce anche a capire la dimensione del territorio coinvolto nella deformazione». Cosa succederà nei prossimi giorni? «Quello che è in atto ora sono tante repliche di minore intensità che andranno avanti almeno per un po’. Se poi si attiverà un nuovo segmento di faglia in grado di generare un nuovo terremoto di magnitudo 6 non lo possiamo escludere, ma nemmeno prevedere». È possibile prevedere i terremoti? «Ad oggi non si può. Non prevedono i terremoti in California, in Giappone, in Cile, non vedo come potremmo prevederli noi. Il giorno che riusciremo farlo qualcuno vincerà il premio Nobel, sarà la scoperta del millennio».

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