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Data: 31/10/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
I tecnici: Italia sotto un bombardamento ma non rischierà mai quanto il Giappone

Da agosto ad oggi, la rete sismica nazionale ha contato circa 20.000 scosse nell'Appennino centrale. Sono tutte repliche di quelle che in questi giorni hanno martellato e raso al suolo, come fossero bombe atomiche, Amatrice, Accumoli prima e poi Ussita, Visso, Castel Sant'Angelo, Preci, e infine ieri Norcia e Castelluccio.
STATISTICHE SALTATE
Un numero impressionante di scosse, e un numero impressionante di colpi per un territorio piccolo e circoscritto come quello del cratere sismico. Anche rispetto all'intero territorio nazionale, questo numero incredibile di terremoti - solo nella giornata di ieri i terremoti di intensità compresa tra magnitudo 4 e magnitudo 5 sono stati 15 - fa saltare le statistiche.
La media nazionale è infatti di circa tre terremoti al giorno: circa diecimila ogni anno. In due mesi, tra Accumoli e Visso ce ne sono stati più del doppio. Tanti che alla fine si potrebbe anche immaginare che ci sia un cambiamento profondo nella dinamica sismica del nostro paese e che ci si stia avvicinando a una situazione molto più grave e importante come è quella del Giappone o del Cile, dove i terremoti di magnitudo 6.0 (come quella che ha distrutto Amatrice) sono all'ordine del giorno anche se non fanno praticamente alcun danno.
«Non c'è nulla di anomalo in quello che sta succedendo e mi sento di escludere categoricamente che questa sequenza sismica possa avere a che fare con un cambiamento strutturale delle dinamiche geologiche che interessano il territorio nazionale», ha spiegato Andrea Tertulliani, ricercatore dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).
Anzi, a ben guardare il catalogo storico dei Terremoti si scopre che proprio a Norcia, un po' più a Sud dell'area dove c'è stato ora il terremoto, si è verificata nel 1703 una sequenza sismica del tutto simile a quella in corso e con scosse anche molto più potenti, pari cioè a 6,9 della scala Ricther.
In termini di energia liberata parliamo di decine di volte in più di quella di ieri. «Se non ricordo male - racconta Tertulliani - il terremoto del 1703 iniziò il 19 gennaio di quell'anno e poi seguì con repliche per ulteriori due mesi con scosse fortissime che fecero danni anche a L'Aquila» e ancora più a Sud, a Roma. In quella occasione, Norcia venne rasa al suolo, come Cittareale, Accumoli, Antrodoco e molte altre località tra la Valnerina e il reatino.
Anche sotto il profilo della dinamica, o meglio dell'effetto contagio che sembra essersi innescato tra una faglia e l'altra va detto che la sequenza sismica dell'Appennino centrale non è diversa da tante altre sequenze che abbiamo avuto sul nostro territorio, ma di cui, abbiamo forse perso la memoria.
LE DINAMICHE STORICHE
«E' evidente - spiega Concetta Nostro, ricercatrice dell'Ingv - che nel momento in cui avviene un terremoto, può accadere che un sistema di faglie attiguo possa risentirne e possa attivarsi. E' una dinamica che si è manifestata già in passato. Per esempio in Friuli, nel 1976-77 e più recentemente anche in Emilia».
Il problema è che questo interessamento di nuove strutture contigue può avvenire in archi temporali diversi e variabili. Pochi minuti come a Visso e Ussita, oppure mesi come tra Amatrice e Visso.
«Ogni volta che si sviluppa un terremoto lungo una superficie di faglia, la zona ipocentrale si scarica (rilassamento) e vengono caricati i volumi adiacenti (lateralmente) alla faglia stessa. Tali volumi - dice Andrea Billi ricercatore dell'Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) - sottoposti ad un nuovo stato di stress, possono cedere (rompersi) e generare terremoti a loro volta». «Si tratta di processi di propagazione laterale della sismicità (contagio) relativamente frequenti - aggiunge - già osservati in altre aree sismiche della Terra come per esempio in Turchia, California e Haiti».
«In Irpinia - racconta Nostro - l'attivazione delle faglie contigue avvenne a distanza di soli venti secondi l'una dall'altra. Fu una sorta di reazione a catena che ha avuto come effetto quello di amplificare notevolmente la potenza dell'onda sismica scatenata dai terremoti e con essa il loro potere distruttivo sulle abitazioni». Non sempre però questi terremoti innescano questo tipo di reazione, come per esempio a L'Aquila.

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