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Data: 04/11/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Ed.nazionale - L'Aquila, new town e scosse «Il centro non rinasce più»

L'AQUILA Non si era ancora rimessa in piedi, ed è di nuovo in ginocchio. L'Aquila è un'araba fenice che non vola. Perché il sisma ha azzannato pilastri e anime sia nei giorni di Amatrice che di Norcia. Per i vincoli della ricostruzione pubblica che provocano lungaggini più volte denunciate dal sindaco Massimo Cialente. Per i puntellamenti che arrugginiscono e vacillano sotto l'incalzare delle nuove scosse. Per il commercio che langue all'ombra della zona rossa. Per il timore di tornare nel locali e ristoranti che hanno riaperto in centro. Per la vita che non è più vita.
Aquila 2016, la cartolina di oggi è un arabesco di gru pronte ad abbattere un palazzone in via XX Settembre. Un gigante moribondo a cui l'ultimo terremoto ha dato il colpo di grazia. Un'immagine che è un salto indietro nel tempo. Al giorno zero del 6 aprile 2009 e ai mesi immediatamente successivi. Ora come allora. Il rodeo della terra mette a dura prova la caparbia volontà abruzzese di tornare in sella. Oscillano i progetti Case voluti da Berlusconi (che, alla luce dell'incessante crisi sismica in tanti sono tornati a benedire), a breve comincerà la demolizione di altri balconi pericolanti nelle piastre abitative marcite dalla mala-costruzione e dal tempo. Tremano le auto tornate a diventare ultimo rifugio notturno. Sussultano le casette di legno disseminate sul territorio. È ancora emergenza piena. Il 30 ottobre è persino collassato un palazzo, nel cratere della morte, il quartiere Campo di Fossa, dove in troppi hanno perso la vita nel 2009. Un edificio pericolante, non ricostruito per colpa delle tante pastorie burocratiche. Ma è bastato, domenica scorsa, vedere la polvere levarsi da quel ground zero per rivivere l'apocalisse aquilana di 7 anni fa.
RITORNO AL PASSATO
L'Aquila, oggi, vive ancora sospesa. A metà strada tra la ricostruzione di un centro storico rinato al 50 per cento, almeno sotto il profilo delle ristrutturazioni, e la paura per il nuovo sciame che allontana il ripopolamento dei vicoli e delle piazze. Ad oggi i dati dell'Ufficio speciale per la ricostruzione dicono che su un fabbisogno di circa 3 miliardi per la città vecchia ne sono stati pagati circa 1,5. Fa più fatica la ricostruzione pubblica: sono stati conclusi 275 interventi su 571, con un importo erogato di circa 1,2 miliardi. Il problema non è la disponibilità di soldi, ma di progetti (vincolanti per finanziare l'opera) che arrivano con il contagocce. «Allargando l'orizzonte - dice il responsabile Raniero Fabrizi e con lo stesso ragionamento, è stato completato l'80 per cento della periferia e solo il 10 per cento delle frazioni». Fabrizi nei giorni scorsi ha individuato un obiettivo: «Con questo impiego delle risorse la ricostruzione potrà dirsi completata definitivamente tra il 2022 e il 2023».
La scossa di Norcia ha riaperto ferite mai guarite. Si sono registrati danni, fortunatamente leggeri, all'ospedale, in una sede universitaria e in alcune scuole, persino in edifici su cui già si era intervenuti. Tanto che ieri gli studenti di un istituto tecnico hanno inscenato una protesta pacifica per sottolineare il paradosso.
I CENTRI STORICI
La vera emergenza, però, è tutta nella situazione del centro storico. La paura potrebbe tagliare le gambe a quei coraggiosi operatori, una sessantina, che hanno scelto di tornare nel cuore della città. In particolare con bar, locali e pub. «Se si continua così per troppi giorni, chiudo il bar e torno a vendere il torrone sulle cassette di legno. È difficile andare avanti, l'attività ne sta risentendo», spiega Natalia Nurzia, titolare del bar Nurzia in corso Federico II, storico ritrovo cittadino. Chiede una programmazione degli interventi, invece, Peppe Colaneri, titolare del negozio La Luna. È difficire convivere con la ricostruzione. Si tratta di opere di messa in sicurezza, ma anche dei famigerati sottoservizi, i tunnel intelligenti ad altezza d'uomo che ospiteranno fogne, rete elettrica e gas, che costringono i commercianti a lavorare a singhiozzo. «Siamo intrappolati in centro - continua Colaneri - Corso Vittorio Emanuele è sbarrato e l'accesso dalla Villa comunale sarà chiuso per giorni. È giusto che si facciano questi interventi, ma chiediamo programmazione e rispetto».
La nuova L'Aquila oggi guarda il cielo. Tutti con il naso all'insù in via XX settembre, all'angolo con il Corso principale. C'è il palazzo, cosiddetto del benzinaio, perché al piano terra ospitava un distributore di benzina, che nelle intenzioni avrebbe dovuto essere la nuova elegante porta di accesso al centro storico. Invece è ancora lì, pericolante. La scossa di domenica ha fatto staccare un puntellamento. E oggi inizierà l'opera delle gru per abbatterlo. Come sette anni fa.

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