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Pescara, 25/07/2024
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Data: 06/11/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Referendum, Renzi schiera il governo Proteste e scontri al corteo per il No. Giuliano Poletti: «Se perdiamo c'è il voto anticipato E dopo esecutivo di larghe intese»

FIRENZE «Fascisti!». In realtà a scatenare le violenze a Firenze, nel tentativo fallito di una marcia sulla Leopolda, sono stati gli anarchici, i marxisti-leninisti-maoisti avvolti nelle bandiere rosse, i comunisti di Rifondazione, i No Global, No Tav, No Muos, No Matteo chiamato Il Mostro. Ma appena arriva alla kermesse renziana l'eco degli scontri con la polizia, e la notizia di un ferito tra gli agenti, anzi due e poi diventano tre (e in serata 12), tra i tavoli e intorno al palco l'indignazione fa dire a molti democrat: «Questi sono fascisti!».
Al di là delle definizioni, ecco il sindaco Dario Nardella che avverte gridando i manifestanti, con volto coperto e bastoni tra le mani, che comunque stanno lontani e non possono sentirlo: «Giù le mani da Firenze. Fare violenza a questa città solo per avere un po' di visibilità è meschino intollerabile». Per le strade fiorentine i fumi, le botte, le cariche, il lancio di pietre e gli slogan vintage: «È ora, è ora, potere a chi lavora». Oppure in coro: «Il potere dev'essere operaioooo».
I RAGAZZI
Anche se hanno l'aria da studenti fuoricorso o da sfaccendati, che si credono in lotta contro «il sistema», le centinaia di ragazzi in tenuta da combattimento. Dentro la Leopolda, la popolazione è tutt'altra e Renzi, per fare una ulteriore spinta al Sì in una fase di preoccupazione per il risultato referendario, fa sfilare sul palco e sedere tra i tavoli numerosi ministri e sottosegretari. Tutti impegnati a infondere fiducia sulla possibile vittoria e a lanciare, all'esterno, lo spot coniato da Matteo: «Il Sì cambia la vita».
Maria Elena Boschi, stella appannata ultimamente, torna a brillare. «Non i banchieri ma i cittadini scrivono questa riforma della Costituzione», queste le sue parole. Oppure: «Tra i cento punti della Leopolda c'è sempre stata la riforma costituzionale». Paolo Gentiloni, ministro degli Esteri, incalza: «Il mondo è molto concentrato su quel che accadrà il 4 dicembre».
Ovvero o vince il Sì o l'Italia perde punti a livello internazionale. Poi attacca la minoranza Pd il titolare della Farnesina: «Difendono la ditta solo quando a comandarla sono loro». Il riferimento è a Bersani naturalmente. E Pier Carlo Padoan? Trascorre la giornata seduto a un tavolo, spiegando le virtù della legge di bilancio. Poi a sua volta si infila l'elmetto referendario. Così: «La vittoria del Sì porterà benefici sui mercati».
I ragazzi napoletani che hanno portato i confetti rossi li toccano subito, ripetutamente. E sembra diventata scaramantica l'intera Leopolda che solitamente ha scelto il razionalismo piuttosto che la superstizione. E ancora: la ministra Pinotti parla dei temi della difesa e si augura che il referendum vada come deve andare.
Delrio si gode la riabilitazione del suo pupillo Richetti, che Renzi aveva allontanato dal giglio magico e ora che c'è bisogno di tutti lo ha riportato in auge, e l'altro Matteo come presentatore di questa Leopolda sembra funzionare. Il ministro Poletti abbraccia Renzi, crede che la vittoria sia possibile e ascolta annuendo il premier quando dice: «Con la riforma costituzionale avremo un Paese meno burocratico e più veloce». Festeggiare in anticipo la vittoria del Sì non si può, anche perché i sondaggi non sorridono al Pd, ma lo sforzo leopoldino nella seconda giornata è rivolto alla madre di tutte le battaglie. E se all'interno della stazione il Sì risuona continuamente, nelle vie cittadine del corteo violento il «No al Mostro di Firenze», cioè a Renzi, è una sorta di inquietante tam tam tra un lancio e l'altro di sassi e fumogeni.
I MANIFESTANTI
Non sono molti i manifestanti ma agguerriti. Una ragazza al megafono dà indicazioni stradali ai compagni: «Il corteo giri a sinistra. Mai a destra, lì ci sono Renzi e gli sbirri». Un ragazzo con volto coperto prende un pezzo di cemento da un cantiere a via della Mattonaia, un cronista lo guarda e viene investito da un grido: «Bastardo sparisci, sennò t'ammazzo!». L'atmosfera è così. Poi la polizia riesce a spingere il corteo fuori dal centro di Firenze, sul lato opposto rispetto alla Leopolda, e la furia comincia a placarsi.
Ma si scatena la polemica politica. Brunetta: «No alle violenze ma Renzi vietando il corteo ha limitato la libertà d'espressione». E Renato diventa immediatamente, nelle conversazioni leopoldine dell'ora di cena, il «black bloc».

«Se perdiamo c'è il voto anticipato E dopo esecutivo di larghe intese»

FIRENZE «Una vittoria del No sarebbe un problema. Inutile girarci intorno». Giuliano Poletti, ministro del Lavoro, si aggira nel grande corridoio a sinistra del palco e si presta a foto e strette di mano, dopo la mattinata spesa ai tavoli della Leopolda.
Ministro ma si fa ancora i ancora i selfie dopo quello che le è costata la foto con Buzzi?
«Io non ho mai avuto timori di questo genere. Se fossi preoccupato, o non potessi incontrare la gente e parlare con loro, cambierei mestiere. Io un mestiere ce l'ho già. Se devo essere sincero (ridacchia ndr), mi pagavano anche di più. Quindi, nella peggiore delle ipotesi, torno al mio lavoro».
Che dice, il quattro dicembre cambierà mestiere?
«No, questo è un pensiero che non ho. Sono fiducioso perché vedo un po' alla volta crescere una sensibilità. Non tanto nel merito della riforma. Cresce soprattutto la domanda: Ma se vince il No, dopo cosa succede? C'è preoccupazione per il dopo, perché cosa accadrà non lo sa nessuno».
E lei cosa pensa possa accadere in caso di vittoria del No?
«La risposta che a me pare più onesta da dare è che se vince il No ci sarà una fase di incertezza. Punto».
Incertezza, perché?
«Non so se ci sarà un altro governo o meno, perché questo non lo posso dire. Ma voi fatevi una domanda: se ci sono mesi di incertezza sul futuro del governo, chi deve fare un investimento o aprire una fabbrica, lo fa?».
Secondo lei?
«No, perché quando c'è l'incertezza la prima cosa che si fa è il rinvio. L'Italia è già in ritardo netto, se ci aggiungiamo altri mesi di incertezza e di polemiche politiche sapete cosa accadrà? Che sta cosa porterà un danno, sicuramente al nostro Paese».
Pensa che qualcosa si sia già fermato nell'attesa del voto?
«Ma è ovvio, una tornata elettorale così importante, dove il dubbio sul dopo è fortissimo, è normale che si blocchino le cose, i progetti. Perché precipitare le decisioni? Aspetti di capire prima cosa succede! È naturale! Che cosa devi fare? Aspetti sessanta o trenta giorni».
Qualche imprenditore le ha già detto che è in attesa di capire come andrà il 4 dicembre?
«No, ma è quello che sta succedendo. È una dinamica normale delle cose».
La Cgil non partecipa attivamente alla contesa, come accaduto in passato, né per il Sì né per il No. Per lei buon segno?
«Al momento è come dice lei. Anche loro devono fare le loro valutazioni rispetto a quello che stiamo dicendo. Anche loro devono porsi delle domande e ragionare su cosa accadrà dopo. Anche perché possiamo provarci a esercitarci un po' tutti».
Proviamo, ministro.
«Se vince il No succede che si va a casa».
Elezioni anticipate, ministro?
«Elezioni anticipate. E con la legislazione che abbiamo, con questa legge elettorale, che succede?».
Larghe intese perché nessuno ha la maggioranza e governo Pd-FI? Berlusconi gongola.
«Esatto, bene. Allora bisogna dire che chi fa questa scelta vuole questo scenario politico. Questa è la risposta migliore per l'Italia? Io ho molti, molti, dubbi. Per fare delle cose in maniera decisa occorre avere la forza politica per farlo, ma se sei piombato perché un'alleanza è un'alleanza, cosa riesci a fare?».
La sua sensazione è che questa sia comunque l'ultima Leopolda del Pd?
«Non lo so, ma io penso che noi ora dobbiamo concentrarci sul governo che è l'unica cosa giusta che va fatta. Lavorare bene in questi giorni».
I sondaggi danno avanti il No?
«Penso che la gente si può convincere, può ancora succedere di tutto. Manca ancora molto tempo. Un mese».
Renzi ha detto che oggi dal palco della Leopolda si leverà molti sassolini?
«Spero lo faccia. Comunque la campagna elettorale la sta già facendo, mi sembra evidente».

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