ROMA Disarmati e in confusione. Così si sentono i 5Stelle di fronte al caso firme false di Palermo che prevede al momento otto e forse più indagati tra parlamentari nazionali, regionali e attivisti siciliani del M5S. Il caso è quello della ricopiatura illegale di firme che nel 2012 furono raccolte per sostenere la candidatura a sindaco dell'attuale deputato Riccardo Nuti. Le opposizioni hanno lanciato strali decretando la morte della loro «presunta superiorità morale». Il premier e segretario Pd Matteo Renzi ha commentato: «Io sono garantista, certo se l'avessimo fatto noi Sono passati da onestà a omertà». I vertici del M5S stanno cercando di prendere velocemente le distanze dai coinvolti ma non hanno ancora una strategia chiara: scaricarli oppure no? E il nuovo regolamento che doveva rappresentare lo scudo per ogni evenienza, soprattutto per sanzionare i comportamenti scorretti, si è rivelato inutile visto che i vertici hanno proposto ieri una sanzione, l'autosospensione, mai adoperata prima e non appositamente prevista nei regolamenti votati online meno di un mese fa.
LA CONFESSIONE
Nel turbinio di versioni contrastanti e di indiscrezioni di assodato c'è solo l'indagine a spron battuto della magistratura palermitana che dopo la confessione della consigliera regionale Claudia La Rocca ha impresso una svolta che potrebbe portare presto a rinvii a giudizio. Nell'unico colloquio sostenuto per ora con i magistrati, La Rocca si è autoaccusata: ha raccontato di aver assistito a quella lontana notte del 2012 in cui a causa di un errore formale (l'inesattezza del comune di residenza di un firmatario) si dovette procedere in fretta e furia con la ricopiatura delle firme dei sostenitori per poter riuscire a presentare in tempo la lista per le amministrative. La Rocca, l'unica che finora si è autosospesa dal M5S, ha tirato in ballo Claudia Mannino, attuale deputata M5S e segretaria dell'ufficio di presidenza a Montecitorio, e Samantha Busalacchi, oggi collaboratrice del M5S all'Assemblea Regionale Siciliana e candidata alle primarie grilline del prossimo anno.
I deputati nazionali al momento non hanno ricevuto ancora un avviso di garanzia né sono stati interrogati dal pm che coordina l'inchiesta, ma questo non attenua la tempesta che si sta abbattendo su tutto il M5S che si ritrova alle prese con un'inchiesta molto imbarazzante. Tra i parlamentari che masticano diritto penale, c'era l'intento, poco tempo fa, di stilare una classifica delle ipotesi di reato che fungesse da canovaccio politico per le sanzioni inserite nel nuovo regolamento. Ma poi non se ne è fatto più nulla. I vertici M5S sono intervenuti con un post scriptum sul blog in cui si chiede «a tutti gli indagati nell'inchiesta di Palermo di sospendersi immediatamente dal MoVimento 5 Stelle non appena verranno a conoscenza dell'indagine nei loro confronti a tutela dell'immagine del Movimento e di tutti i suoi iscritti».
NOTIFICA MAIL
E per rimarcare la distanza hanno deciso di trattare il caso come ordinario e generico citando la mail che fra i 5Stelle viene adoperata esclusivamente per comporre le liste elettorali per le amministrative: «L'avvenuta sospensione deve essere comunicata attraverso una mail all'indirizzo listeciviche@movimento5stelle.it». All'ex M5S Pizzarotti, per dire, non appena sulla stampa era comparsa la notizia del suo presunto abuso d'ufficio, poi archiviato, fu intimato di comunicare la sua indagine con una mail ai piani alti, quella che fa riferimento allo staff. E allora ci si chiede: i vertici sapevano? A Palermo c'è chi sostiene di aver comunicato direttamente a Grillo quel che stava succedendo: La Rocca prima di andare in Procura avrebbe infatti avvisato anche il leader del M5s che proprio dal suo blog aveva lanciato un appello ai suoi attivisti: chi sa parli. Ma poi è arrivata una secca smentita per bocca dei parlamentari romani che nel frattempo si sono accorti che i magistrati hanno dimostrato di voler ricostruire minuziosamente la filiera delle responsabilità e per vederci chiaro hanno ascoltato persino Andrea Cecconi, un deputato marchigiano, attuale capogruppo alla Camera.
Da Grillo solo frasi di circostanza e sibilline: «La firma falsa è una firma copiata, è l'oscar della stupidità, in quella lista lì non è stato eletto nessuno». Vero, Nuti non entrò a Palazzo delle Aquile ma nel 2013 quando Grillo e Casaleggio stilarono i requisiti per potersi candidare alle elezioni politiche misero come prima regola per poter correre quella di «essersi presentati alle elezioni comunali o regionali certificati con il logo del M5S». E infatti, in Parlamento poi entrarono cinque nomi che compaiono nella lista elettorale del 2012, tra cui l'ex candidato sindaco Nuti che fu capolista.