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Pescara, 25/07/2024
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Data: 24/11/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
D'Alfonso, dai dissidenti al voto anticipato: un rischio dopo l'altro

PESCARA Non bastavano le fibrillazioni interne alla maggioranza D'Alfonso, il disagio che sta attraversando Forza Italia per l'assenza di una leadership sicura a livello nazionale, l'attendismo che colloca nel limbo i componenti di Area popolare, partito di governo a Roma e di lotta (ma si fa per dire) in Regione. A sparigliare le carte c'è adesso anche l'ipotesi del voto anticipato agitata dal Pd e dallo stesso Matteo Renzi in caso di vittoria del No al referendum, visto che il premier ha lasciato intendere di non essere disposto a guidare governicchi di transizione. Questione che in Abruzzo non lascia indifferente nessuno e costringe a rivedere molte cose. Se si dovesse tornare alle urne nel mese di giugno, la prima certezza è che Luciano D'Alfonso non sarà nelle liste per il parlamento. Il governatore non si sognerebbe mai, e lo ha già detto ai suoi, di abbandonare la cabina di comando della Regione con due anni di anticipo sulla scadenza della legislatura, cosa per altro mai accaduta prima nella storia della Regione Abruzzo. Il voto per le politiche a scadenza naturale, cioè nel 2018, renderebbe invece meno traumatica una transizione di pochi mesi affidata al vice presidente e D'Alfonso potrebbe incontrare minori ostacoli nella strada verso Roma.

LEGGE ELETTORALE L'altra domanda è con quale legge elettorale si andrebbe alle urne nell'estate del 2017, perché sul territorio non sarebbe ininfluente la cancellazione o la conservazione dei collegi provinciali, il voto con le liste bloccate o il ritorno al proporzionale. Questo, naturalmente, vale per tutti. La vicinanza temporale del voto per le elezioni politiche (2018) e delle regionali (2019) aveva già portato a stringere i primi accordi ufficiosi all'interno dei partiti: tu a Roma, io candidato a governatore. Una sorta di patto tra gentiluomini che in casa di Forza Italia ha già visto la stretta di mano tra il coordinatore regionale, Nazario Pagano e il deputato Fabrizio Di Stefano. Ma se la profezia del Pd nazionale (voto a giugno in caso di vittoria del No) dovesse avverarsi, anche la politica abruzzese si troverebbe in una bolgia infernale dopo quella che sta caratterizzando la bagarre referendaria, perché non ci sarebbe neanche il tempo di tagliare il panettone per ritrovarsi immersi nella campagna elettorale, con i senatori da eleggere (quelli veri) visto che con la vittoria del No non passerebbe il superamento del bicameralismo perfetto, e con alleanze politiche tutte da ricostruire nello spazio di pochi mesi.
Problema che, al di là delle insofferenze manifestate dai vari Di Matteo, Gerosolimo e Olivieri, momentaneamente sedate da D'Alfonso con la promessa di maggiore collegialità nelle scelte e il rilancio di una serie di punti programmatici (qualche legge sonnecchia da troppo tempo nelle commissioni), lascia nell'incertezza anche la collocazione di Area popolare (ex Ncd) di Federica Chiavaroli e Giorgio D'Ignazio. Probabilmente anche per il partito di Alfano il voto del 4 dicembre sarà rivelatore per capire dove andare: ancora al fianco del Pd o da un'altra parte. Camillo D'Alessandro, coordinatore della maggioranza in Regione, ricorda: «Quando io ero segretario dei Giovani popolari di Chieti, D'Ignazio aveva la stessa carica a Teramo». Come dire, gli amici non si scordano mai. Anche se di rimpasti in giunta non si parla più.

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