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Data: 24/11/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Inps, ora è scontro sui poteri la resa dei conti dopo il voto

ROMA «Ora la riorganizzazione dell'Inps può partire». Il giorno dopo le dimissioni del direttore generale Massimo Cioffi il ministro del Lavoro Poletti sembra voler voltare pagina nell'intricata vicenda che ha investito l'istituto previdenziale. Un istituto i cui numeri parlano da soli: 22,6 milioni di lavoratori iscritti, 1,5 milioni di aziende, 15,7 milioni di beneficiari di trattamenti pensionistici, 828 miliardi di flussi finanziari complessivi tra entrate e uscite. Con un impatto di questo tipo sulla realtà economica e sociale ed economica del Paese, e con nuovi impegnativi compiti in arrivo (a partire dalla gestione dell'operazione Ape) nessun governo potrebbe permettersi un Inps bloccato. Eppure, anche se l'uscita di scena di Cioffi era in qualche modo attesa, dopo la sua formalizzazione restano diversi nodi da sciogliere: non solo la scelta del successore, che quella riorganizzazione dovrà gestire in coabitazione con il presidente Boeri, ma anche la riforma della governance dell'istituto, che da anni opera senza un consiglio di amministrazione. A complicare le cose, la scadenza referendaria e le eventuali successive turbolenze politiche.
IL DUELLO
Ormai da alcuni mesi lo scontro a due era diventato via via più evidente ed anzi pubblico: al centro il nuovo assetto dell'istituto ed i poteri stessi del direttore generale. Ritenendoli di fatto svuotati dal progetto di Boeri, Cioffi aveva già offerto le proprie dimissioni, ma al ministero del Lavoro si era preferito in qualche modo rinviare la questione. Poi negli ultimi giorni c'è stata una rapida accelerazione che ha portato all'incontro di martedì in cui l'uscita di scena è stata ufficializzata. Ieri l'ormai ex direttore generale ha inviato un saluto ai dipendenti in cui ha ribadito che le dimissioni «sono esclusivamente legate alla differente visione di sviluppo strategico ed organizzativo da dare all'Istituto rispetto a quella voluta dal Presidente Boeri». Nel febbraio scorso si era autosospeso per qualche tempo dall'incarico, a seguito del potenziale conflitto di interessi legato al suo precedente ruolo di direttore del personale dell'Enel: al colosso elettrico proprio l'Inps aveva contestato il mancato versamento di contributi per ben 40 milioni.
Per il momento a guidare la tecnostruttura dell'Inps come facente funzioni c'è Vincenzo Damato, direttore centrale per le risorse strumentali nonché fino a ieri vicario di Cioffi. La procedura per la nomina del nuovo direttore generale prevede che sia il presidente dell'Inps a fare una proposta, che poi deve essere confermata dal ministro del Lavoro. Al momento è difficile (anche se non del tutto escluso) che l'iter parta prima del 4 dicembre: se il referendum non porterà sconquassi la scelta del ministro potrebbe cadere su una figura almeno potenzialmente in grado di bilanciare il ruolo del presidente. Ma allo scenario del dopo voto potrebbe essere legato anche il destino di Boeri, il cui attivismo continua a suscitare più di un dubbio a Palazzo Chigi. Intanto però sembra che il processo di riorganizzazione possa partire: dopo le correzioni apportate, in particolare sulla discussa commissione esterna che dovrà pronunciarsi sugli incarichi di vertice, sarebbero cadute le perplessità ministeriali. La riforma prevede anche una riduzione delle posizioni dirigenziali, ma non è ancora chiaro come saranno ricollocati i 7 dirigenti che risultano in esubero rispetto al nuovo modello organizzativo. E dovrebbe scattare anche il nuovo piano di assunzioni (900 laureati da reclutare anche attraverso un maxi-concorso). Risorse necessarie anche per i compiti impegnativi che attendono l'Inps nei prossimi mesi. A maggio dovrebbe scattare l'operazione Ape, il nuovo meccanismo di anticipo pensionistico che richiede tra l'altro una capillare opera di informazione dei potenziali interessati.
LE PROPOSTE
Sullo sfondo c'è la questione forse più importante, ovvero la governance dell'istituto. Oggi il presidente assorbe in sé anche le funzioni del consiglio di amministrazione. La riforma era stata annunciata già dal governo Letta, ma in questi quasi tre anni non se ne è fatto nulla. Ieri Poletti ha parlato genericamente della disponibilità «ad avviare una riflessione». Più decisi i toni del presidente della commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano: «Di fronte alla situazione che si è determinata - ha detto - è giunta l'ora di affrontare il tema della governance, per evitare la logica dell'uomo solo al comando che ha caratterizzato la vita dell'istituto».

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