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Data: 24/11/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Firme false, bufera su M5S altri 4 indagati a Bologna. Così tra ricorsi e sospetti Grillo si chiama fuori: decideranno i probiviri

ROMA Dieci indagati a Palermo e quattro a Bologna. Questo il bilancio temporaneo delle inchieste sulle firme che hanno travolto il M5S. Perché mentre è a una svolta l'indagine sulle firme false per la lista dei 5Stelle alle comunali a Palermo del 2012, a Bologna scoppia un altro caso per una ventina di firme irregolari raccolte per le Regionali del 2014.
DEPUTATI NAZIONALI
I pm palermitani stanno per tirare le somme: sabato cominceranno gli interrogatori degli indagati ai quali tra ieri e oggi verranno notificati gli inviti a comparire e i contestuali avvisi di garanzia. Nel registro degli indagati sono finiti in dieci. I deputati nazionali Riccardo Nuti e Claudia Mannino, i parlamentari regionali Giorgio Ciaccio e Claudia La Rocca, quest'ultima si è autoaccusata e ha svelato ai magistrati chi era presente la notte in cui, per rimediare a un errore formale, furono ricopiate le firme, gli attivisti Samanta Busalacchi, già candidata alle comunali del prossimo anno e ieri allontanata dall'Ars dove lavorava, Giuseppe Ippolito, Stefano Paradiso e Francesco Menallo, il cancelliere del tribunale Giovanni Scarpello e un decimo esponente che avrebbe avuto un ruolo minore nella vicenda. Secondo indiscrezioni Ippolito e Paradiso, che nel 2012 erano candidati alle comunali, dopo le rivelazioni della La Rocca, che si è anche autosospesa dal movimento, avrebbero deciso di parlare con i pm.
GRUPPO MISTO
Ma nell'inchiesta, oltre alle testimonianze di chi ha materialmente copiato le firme dalle originali sono finite le dichiarazioni di centinaia di cittadini sono oltre 400 quelli sentiti dalla Digos che hanno disconosciuto le sottoscrizioni depositate in tribunale. Per i deputati nazionali Nuti e Mannino si va verso la sospensione, ma non è ancora chiaro se questo implicherà il trasloco al gruppo misto. Di certo non potranno più firmare alcun atto con il logo M5S. Gli interessati però al momento non sembrano intenzionati a muoversi.
A Bologna invece nel mirino della Procura ci sono una ventina di firme irregolari dal punto di vista dell'autenticazione. L'indagine è nata da una lotta intestina, ovvero da un esposto di due ex attivisti M5S. E su questo c'è già chi serpeggia: «E' una vendetta, una trappola ordita da esclusi eccellenti alla lista». Tra i quattro indagati c'è l'attuale vicepresidente del Consiglio comunale Marco Piazza, di fatto il numero due dei 5 Stelle in città. Piazza per ora non si autosospende: lo farà immediatamente, ha assicurato sul blog di Beppe Grillo, «qualora la Procura confermasse le notizie di stampa e mi arrivasse un avviso di garanzia». Ma l'ingegner Piazza, stimatissimo nel M5S e considerato scrupolosissimo, ci tiene a marcare la differenza con i palermitani: «Non ho mai falsificato firme, né ho mai eseguito ricopiature di nessun genere. Non avevamo nessun motivo di ricorrere a qualunque tipo di sotterfugi avendo raccolto molte più firme di quelle necessarie».
Gli fa eco Massimo Bugani, capogruppo M5S a Bologna e vicinissimo a Grillo: «Siamo caduti o in un banale errore o in una trappola tesa da ex esponenti del Movimento allontanati». Le venti firme sospette sarebbero state convalidate anche se non erano state raccolte nel modo canonico: a volte non era presente chi doveva certificarle, altre volte chi le certificava non aveva la qualifica di pubblico ufficiale. Tra le irregolarità, anche il fatto che alcune firme furono raccolte fuori dal territorio regionale, alla festa Italia Cinque Stelle 2014 al Circo Massimo, a Roma. «Nel MoVimento chi sbaglia va via, senza sconti» sottolinea il blog di Grillo che cita come esempio il bolognese Piazza. Ieri tra lui e il comico c'è stata una telefonata in cui si è messa in chiaro la possibilità dell'autosospensione senza se e senza ma. Altro segnale chiaro per i colleghi del Movimento siciliano.


Così tra ricorsi e sospetti Grillo si chiama fuori: decideranno i probiviri

ROMA Nuove regole per le ricandidature, nuovi paletti per la selezione del personale politico. I vertici M5S hanno deciso di accelerare un percorso che era in cantiere da tempo. Ma c'è di più: si fa strada l'ipotesi di un cambio nell'associazione M5S che oltre all'investitura dei probiviri avrebbe come obiettivo la salvaguardia del ruolo di Beppe Grillo nelle cause legali in cui il Movimento si è impantanato tra espulsi, ricorrenti e altre beghe. Comunicazione interrotta invece tra Grillo e i due parlamentari palermitani Nuti e Mannino che, raccontano i bene informati, si sarebbero comunque giocati la ricandidatura. E proprio dopo il caso Palermo, dopo i due richiami formali all'autosospensione rimasti inascoltati, Grillo ha deciso di testare il nuovo regolamento. A Mannino e Nuti infatti si deve il collaudo del collegio dei probiviri, cui i nomi saranno sottoposti al vaglio della Rete domani per decidere sulle sanzioni disciplinari. Prima che scoppiasse il caso Palermo, proprio Riccardo Nuti era in corsa per diventare membro di questo collegio. Lui, l'ortodosso, era visto come uno dei papabili giudici politici del M5S, da molti considerato un oltranzista delle regole grilline.
Insomma, si cerca disperatamente di comporre la bussola politica che eviti nuovi casi Palermo. Le parole che arrivano da Genova e Milano, dove risiedono i garanti Grillo e Casaleggio, non sono tenere. Si parla di «pulizie di Pasqua» e di grande delusione. Nel mirino ci sono i deputati nazionali tirati in ballo nell'affaire firme, ovvero Claudia Mannino, segretaria dell'Ufficio di presidenza a Montecitorio e Riccardo Nuti, ortodosso, già capogruppo alla Camera, purista pentastellato che più volte si era scagliato contro i colleghi trasformisti, accusati di aver dimenticato i dettami della prima ora del grillismo.
«Si sono dimenticati che fare il parlamentare non è un posto di lavoro a tempo indeterminato» tuonano da Milano. Si intuisce nei conversari di queste ore che il M5S cerca ora politici a tutto tondo che alla prima difficoltà non si tirino indietro, magari dicendo un generico quanto pericoloso «I vertici sapevano». Di segnalazioni, di questioni spinose come liti locali o altro ne arrivano a dozzine ai luogotenenti pentastellati. Il rapporto di fiducia con i parlamentari palermitani che avrebbero dovuto chiarire subito è venuto meno. È successo un fatto peggiore: quando i pm hanno dimostrato di voler andare in fondo alla questione chiamando in causa il capogruppo marchigiano Andrea Cecconi, è scattato l'allarme: non vorranno mica sentire anche Grillo in persona?
LO STAFF
Da qui il timore che l'inchiesta potesse lambire il capo politico del M5S. Grillo e lo staff di Milano si erano sentiti telefonicamente con i coinvolti e nel dubbio avevano chiesto l'autosospensione per lasciar lavorare la magistratura e tutelare il Movimento. L'unica alternativa offerta ai deputati che continuavano a negare e a sentirsi infangati era la querela, arma a doppio taglio che puntualmente è stata sfoderata da Nuti e compagnia. Il colpo di scena della confessione della deputata regionale La Rocca che ha fatto i nomi della notte della ricopiatura, però, deve aver scompaginato tutto. Ecco spiegato il silenzio di questi giorni che però ha creato solo rabbia e ulteriori sospetti. «Non ci piace questo silenzio assordante riferiscono fonti che hanno parlato ieri con Grillo - Piazza (l'indagato bolognese per le firme irregolari ndr) non ci ha messo un attimo a farsi da parte, speravamo che ci fossero altri così».

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