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Pescara, 25/07/2024
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Data: 25/11/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Insulti sul web contro il Pd. Lady Brunetta: «Sono io». A rivelarlo è un’intervista a Libero. Grillo: «Che figura del menga. Si scusino» Renzi abbassa i toni sul referendum. L’Economist si schiera a favore del No

ROMA Dopo 19 mesi di tweet e dopo una querela per diffamazione, è finita la “caccia” a Beatrice Di Maio, misterioso nickname di Twitter che con i suoi cinguettii ha suscitato la dura reazione del Pd. Tommasa Giovannoni Ottaviani. Per tutti Titti Giovannoni. Anzi, Titti Brunetta, moglie di Renato, capogruppo di Forza Italia alla Camera. È questo il sorprendente identikit che si cela dietro Beatrice Di Maio, account twitter da 14mila follower (chiuso qualche giorno fa) che, senza remore, attaccava quotidianamente l’intera squadra di governo e, in qualche caso, anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Cinguettii finiti, nei giorni scorsi, al centro delle accuse del Pd sul cyber-fango, con tanto di querela per diffamazione presentata dal sottosegretario Luca Lotti, determinato ad andare davanti al giudice: «Ho denunciato chi mi ha dato del mafioso e credo che sia giusto che ci si veda in Tribunale». Titti ha ammesso ieri sul quotidiano Libero di essere dietro allo pseudonimo Twitter che per mesi ha pubblicato centinaia di messaggi critici nei confronti del Pd. «Sì ma lui (Renato Brunetta n.d.r.) non c’entra in questa storia. Non ha mai saputo nulla di quello che facevo» spiega. «Ho deciso da sola di entrare su Twitter e di usare ovviamente un nickname». Quanto alla denuncia del sottosegretario: «Se Lotti si è sentito offeso mi dispiace e me ne scuso». Così il movimento di Beppe Grillo canta vittoria. «È stata smontata la bufala sul cyber-fango, ora chiedete scusa» si legge sul suo blog. Beatrice Di Maio «non è né un ghost, né un fake, né un troll, né un algoritmo, né antani con lo scappellamento a destra». E ancora: «Una figura del menga di queste proporzioni era difficile da immaginare. Il Pd ha sprecato soldi pubblici con un’interrogazione parlando di una macchina del fango automatizzata per colpire i dem e per chiedere se Di Battista o Di Maio ne fossero a conoscenza. Altri hanno parlato persino di “hacker russi filo-M5S”. Le comiche! Si scusino». Le senatrici del Pd Spilabotte e Zanoni difendono il giornalista Jacopo Jacoboni che sulla Stampa ha raccontato la macchina del cyber-fango mentre Emanuele Fiano invita a non «manganellare» i giornalisti e fa capire che la vicenda non è chiusa: «È in corso un’indagine e vedremo al termine cosa emergerà. Intanto un account che diffamava le istituzioni è stato chiuso». Con l’avvicinarsi del voto, insomma, la tensione sale alle stelle. E l’Italia continua ad esser la “sorvegliata speciale” dei mercati finanziari. L’Economist, con un editoriale durissimo, si schiera per il No e suggerisce un «governo tecnocratico» dopo la «probabile» sconfitta di Renzi. Il settimanale rimprovera proprio al presidente del Consiglio di aver sbagliato «mettendo come posta in gioco il futuro del proprio governo in un test sbagliato». La Banca Centrale Europea è invece «pronta a reagire ad ogni choc economico che potrebbe derivare dall’esito del referendum», ha detto il vice presidente Vitor Constancio. E Renzi? Dopo una serie di fughe in avanti, il premier mette un freno, almeno in pubblico, a scenari e piani B sul dopo-referendum. D’intesa con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Renzi ha deciso di dare l’esempio abbassando per primo i toni. E depotenziando l’effetto sui mercati di una vittoria del No: «Sanno benissimo come salvare la pelle», dice il premier che incassa l’endorsement di Sergio Marchionne: «È il momento di sostenere Renzi».

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