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Pescara, 25/07/2024
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Data: 28/11/2016
Testata giornalistica: AbruzzoWeb
Campagna referendaria al rush finale: all'emiciclo vincono i sì, ma molti ''vaghi''

L'AQUILA - Vince il sì al referendum nel Consiglio regionale dell'Abruzzo, dove tutti o quasi sono apertamente schierati e dove solo due dei tre "ribelli" della maggioranza, l'assessore Andrea Gerosolimo e il consigliere Mario Olivieri di Abruzzo civico, sono rimasti defilati durante tutta la campagna referendaria: sono loro, anche in questo caso, l'ago della bilancia in un'ipotetica sfida interna all'Emiciclo.

L'aula rispecchia quasi fedelmente gli orientamenti politici nazionali, con il Partito democratico e il Nuovo centro destra mobilitati a favore della riforma, e le minoranze di Movimento 5 stelle e Forza Italia che battono la regione in lungo e in largo a professare le ragioni del no.

Schierata a favore di quest'ultimo anche Sinistra, ecologia e libertà, nonostante gli eterni imbarazzi per la politica di lotta, che l'ha portata in piazza a Pescara contro il premier Matteo Renzi, e di governo, con Mario Mazzocca sottosegretario del presidente, Luciano D'Alfonso.

Schierati per il sì anche l'Italia dei valori, che ha espresso le proprie posizioni in un timido tour abruzzese del segretario nazionale Ignazio Messina, accompagnato dal consigliere Lucrezio Paolini e dal segretario Lelio De Santis, e il consigliere di Regione facile Lorenzo Berardinetti.

Restano "non pervenuti" nella campagna referendaria consiglieri regionali come Maurizio Di Nicola di Centro democratico e l'altro della civica del presidente, Regione facile, ovvero Alessio Monaco.

Mobilitati invece il presidente del Consiglio regionale, Giuseppe Di Pangrazio, che ci ha tenuto ad inviare ad AbruzzoWeb una ricca raccolta di locandine di iniziative alle quali ha partecipato in giro per l'Abruzzo, per dimostrare come la sua campagna non fosse "timida", come l'aveva invece definita questo giornale.

E lo stesso governatore D'Alfonso, che dal premier Renzi all'ultimo dei sottosegretari accoglie e accompagna tutti gli esponenti del Governo che si succedono in Abruzzo, anche più volte al giorno.

Nicchiano ancora il vice presidente della Regione, Giovanni Lolli, e il consigliere Pierpaolo Pietrucci del Pd, assenti dai "radar" delle iniziative referendarie che pure si moltiplicano nel loro collegio di riferimento ma non solo: i due non hanno mai dichiarato apertamente cosa voteranno, sintomo di imbarazzo tra il nuovo corso renziano da cavalcare se si vuol far carriera, e le origini prettamente di sinistra di entrambi.

Mobilitati tutti gli azzurri, il capogruppo Lorenzo Sospiri è recordman di presenze nei dibattiti nel Pescarese, Mauro Febbo, Paolo Gatti ed Emilio Iampieri fanno lo stesso nelle proprie province. Il consigliere di Abruzzo futuro Mauro Di Dalmazio partecipa ai confronti organizzati nel Teramano.

Iperattivi i grillini, che a bordo del camper serigrafato hanno percorso migliaia di chilometri in lungo e in largo per la regione, guidati dalla capogruppo Sara Marcozzi, spesso affiancata dai leader nazionali del Movimento.

"Non pervenuto" in entrambi i casi Leandro Bracco, ex grillino ora nel gruppo misto che flirta con Sinistra italiana.

"Voto sì", dice senza mezzi termini Giorgio D'Ignazio di quell'Ncd che è al governo con il Pd ma all'opposizione del centrosinistra in Abruzzo, nonostante "veniamo insultati - dice - l'altro giorno una deputata del Pd in tv impostava il suo intervento tutto sulla demonizzazione dei consiglieri regionali, come se fossimo delinquenti che non fanno un ca...o!".

D'Ignazio è ultimamente dato come molto vicino al presidente D'Alfonso, tanto che si è parlato di lui come assessore nel caso in cui il governatore avesse scelto di defenestrare l'assessore ribelle del Pd Donato Di Matteo e allargare a destra la coalizione.

"Sono uno che dialoga, questo è sicuro - dice - ma voto sì perché la scelta del mio partito mi ha convinto, avevo ed ho delle perplessità nel merito e non credo che sia una riforma perfetta ma buona, sicuramente migliorabile ma è un passo importante per l'Italia".

È tornato protagonista Gianni Chiodi di Forza Italia, ex presidente della Regione, che si sta spendendo per il no.

"Voterò no per una ragione su tutte - dice - non mi sento di accettare la forte compressione dei miei 'poteri di influenza politica', parlo da cittadino quale sono, che conseguiranno dalla combinazione della riforma costituzionale con la legge elettorale già approvata. Vanno viste insieme naturalmente, perchè insieme sono state pensate da Renzi".

"Si genera, da un lato, un Parlamento sostanzialmente composto da parlamentari nominati dalle oligarchie di partito - spiega Chiodi - Dall'altro, la riduzione dei 'poteri di influenza politica' dei cittadini viene attuata attraverso la compromissione dei poteri delle loro istituzioni locali (Comuni e Regioni) a favore dello Stato i cui rappresentanti politici saranno scelti, di fatto, dai partiti, sicché, di fatto, i cittadini si vedranno ridotte di molto le sfere di influenza".

"Non mi piace - aggiunge l'ex governatore - anche perché così sarà più facile per i 'gruppi di pressione' che, spesso, rappresentano poteri forti finanziari, determinare le politiche nazionali. Non mi piace. Questi ultimi, infatti, temono solo quello che non riescono a condizionare facilmente e cioè i milioni di elettori, vedi Brexit e Trump".

"Per ultimo ritengo che le politiche messe in atto in questi anni dal Governo Renzi evidenzino un uso 'raggelante' della spesa pubblica e del debito pubblico. Il nostro Paese con lui ha aumentato le fragilità già ereditate dal suo Governo e ha penalizzato principalmente le giovani generazioni. Bisogna mandargli un forte segnale politico", conclude Chiodi.

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