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Data: 29/11/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Statali, parte degli aumenti in busta paga come benefit

ROMA Giovedì scorso sembrava che si fosse arrivati ad un accordo. Per settimane sindacati e governo avevano trattato sottotraccia per arrivare, prima del referendum, ad un'intesa per il rinnovo del contratto degli statali. Poi tutto si è bloccato. Domani ci sarà un nuovo tentativo di chiudere la partita. «Bisogna trovare un compromesso», spiega il sottosegretario alla Funzione pubblica Angelo Rughetti, uno dei protagonisti del tavolo di trattativa. «Noi», aggiunge, «ce la stiamo mettendo tutta». La contesa è su un inciso della bozza di accordo che riguarda la parte economica del contratto. I sindacati chiedono un aumento «non inferiore a 85 euro». Il governo propone un aumento «medio pro capite di 85 euro». Bisognerà trovare un punto di incontro. «La proposta dei sindacati», dice Rughetti, «mi sembra complicata. Dire che un aumento non può essere inferiore a 85 euro senza stabilire un tetto, rende indeterminato il costo complessivo. I contratti», spiega, «devono avere una copertura, altrimenti la Ragioneria generale e la Corte dei Conti non registrerebbero gli atti. Abbiamo chiesto ai sindacati», prosegue, «di trovare formule diverse che ci diano la possibilità di effettuare una valutazione economica complessiva». I sindacati, in realtà, vorrebbero che il governo indicasse l'esatto stanziamento a carico del bilancio pubblico da destinare ai contratti, mentre per ora c'è solo un fondone che deve soddisfare anche altre istanze, come le assunzioni. «Normalmente i contratti riportano o un aumento pro capite medio o un aumento percentuale della massa», ragiona Rughetti. «Mi era sembrato che nella trattativa tecnica si fosse indicata la prima strada come elemento di valutazione migliore. L'importante», dice ancora, «è mettersi d'accordo su qual è il valore complessivo».
Proprio in questi giorni, i metalmeccanici e la Confindustria, hanno raggiunto un accordo per un aumento di 92 euro. Ma una buona fetta è basata su benefit come la copertura sanitaria integrativa o la formazione. Èuna strada percorribile anche nel pubblico? «Personalmente», dice Rughetti, «ho apprezzato molto la soluzione adottata nel contratto dei metalmeccanici. Anche noi abbiamo iniziato una interlocuzione sul tema con i sindacati». Ed in effetti, la bozza di accordo prevede l'introduzione anche nel settore pubblico di forme di welfare integrativo, fiscalità di vantaggio del salario legato alla produttività e un sostegno alla previdenza complementare. Altro punto di discussione è il principio, più volte indicato dal ministro Madia, di dare di più a chi guadagna di meno. «È una delle nostre richieste», ammette il sottosegretario. Anche se per i sindacati si tratta di una complicazione. C'è un altro tema che tiene banco da due giorni. Venerdì la Consulta ha bocciato un pezzo importante della riforma della Pubblica amministrazione. «Mi sembra evidente», ragiona Rughetti, «che c'è un pezzo del Paese, quello che ha in mano il potere reale, che non vuole le riforme ed in particolare non vuole che la nostra riforma della pubblica amministrazione vada avanti. Hanno individuato nel nostro ministero uno dei motori del cambiamento e vogliono fermarci».

L'ATTACCO Anche chi sta al governo vede i poteri forti in azione, insomma? «Sto ai fatti», attacca Rughetti. «Aver abbassato l'età pensionabile dei giudici, non consentirgli di avere consulenze da pensionati o incarichi nei Cda o arbitrati, aver scritto che tutti i dirigenti devono lavorare per la Repubblica e non per la loro direzione generale, obbligare tutti gli enti a dare una risposta in 45 giorni pena l'applicazione del silenzio assenso, costringere gli enti locali a chiudere migliaia di consigli di amministrazione delle società pubbliche vuote che servono solo a fare clientele. Per ognuno di questi nuovi principi», sostiene, «c'è un privilegio che viene meno, un potere che si affievolisce a favore delle persone normali. Questa è la nostra rivoluzione gentile». Ma ora c'è una sentenza, «e le sentenze vanno rispettate». Anche se, spiega il sottosegretario «questa è l'apoteosi della burocrazia. Per questo, per cambiare, serve la riforma costituzionale. Se ci fosse già stato il senato delle autonomie non avremmo avuto casi analoghi». Che fine faranno, a questo punto, i provvedimenti censurati? «Gli effetti della sentenza sui decreti legislativi», spiega Rughetti, «sono diversi. Sui furbetti del cartellino, sulle partecipate e sulla dirigenza sanitaria amministrativa sarà necessario fare una intesa con le regioni e preparare dei decreti correttivi. Il decreto sulla dirigenza e quello sui servizi pubblici locali sono invece decaduti ed il governo sta valutando se trasformarli in disegni di legge autonomi».

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