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Pescara, 25/11/2024
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Data: 02/12/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Statali, ecco cosa cambia in busta paga. Come funziona l’accordo sui dipendenti pubblici: aumenti, stop a precariato e assenteismo. Previste forme di welfare

ROMA Un accordo basato su 4 capitoli che, oltre a far ripartire i salari (85 euro al mese di aumento medio) è destinato a cambiare profondamente le relazioni tra lo Stato e i suoi 3,2 milioni di dipendenti. Sul piatto, incentivi legati al tasso di presenze, lotta all’assenteismo e al precariato. E contrattazione che ritorna al centro con il superamento della Legge Brunetta. Adesso la parola passa all’Aran alla quale il ministro Madia invierà l’atto di indirizzo. Saranno poi i singoli tavoli a sviluppare le norme per ognuno dei 4 comparti pubblici. Sulla parte normativa ci dovrà prima essere l’intesa con le Regioni. Relazione sindacali, potere alla contrattazione. Il Governo, cancellando l’impostazione della legge Brunetta, si impegna alla definizione di un intervento legislativo che tende a valorizzare la contrattazione. In questo schema, Palazzo Chigi punta a rivedere il rapporto tra legge e contrattazione, privilegiando la fonte contrattuale come luogo naturale per la disciplina del rapporto di lavoro. Il ricorso all’atto unilaterale da parte della Pubblica amministrazione sarà limitato ai casi in cui ci sia stallo nelle trattative con conseguente pregiudizio all’azione amministrativa. Premi, più presenze più soldi. Governo e sindacati si impegnano ad individuare, con cadenza annuale, criteri utili per misurare l’efficacia delle prestazioni delle amministrazioni e la loro produttività collettiva con misure contrattuali che incentivino tassi medi di presenza più elevati. Il Governo si impegna inoltre a sostenere l’introduzione di forme di welfare contrattuale e di fiscalità di vantaggio per la produttività. Salario, aumento medio da 85 euro. Il fondo per la Pubblica amministrazione previsto in manovra (5 miliardi nell’arco del triennio 2016-2018) destinerà la quota prevalente al rinnovo dei contratti, per incrementi contrattuali in linea a quelli riconosciuti mediamente ai lavoratori privati e comunque non inferiori a 85 euro mensili medi. Le parti, nella contrattazione, nell’intento di ridurre la forbice retributiva, valorizzeranno i livelli retributivi che maggiormente hanno sofferto la crisi economica e il blocco della contrattazione. Saranno evitate penalizzazioni per chi ha già diritto al bonus di 80 euro, una platea di circa 900 mila persone Stop al precariato. Nell’accordo è prevista l’istituzione di un osservatorio della riforma della pubblica amministrazione che monitori gli effetti e contribuisca all’attuazione del cambiamento. Grande attenzione sarà dedicata al reclutamento del personale e a eliminare forme di precariato. Le reazioni. «Abbiamo scongelato la contrattazione dopo 7 anni di blocco, riattribuendo al contratto le tante competenze che erano state espropriate. Finalmente milioni di lavoratori e lavoratrici avranno un nuovo contratto dopo 7 anni e finalmente abbiamo degli strumenti per riorganizzare il pubblico impiego», ha spiegato il segretario Cisl, Annamaria Furlan. Mentre per la Uil, il dopo accordo è già iniziato. «Ora bisogna completare l’opera e passare al rinnovo vero e proprio in tutti i singoli comparti», ha sottolineato il leader Carmelo Barbagallo.

«Giusto legare i redditi al merito»
Il giuslavorista Martone promuove l’intesa: «Ora indicare i meccanismi»

ROMA «La cosa veramente importante è il fatto che sia stato sancito un principio: gli aumenti retributivi non possono essere indiscriminati, ma devono essere collegati al risultato e al merito». Michel Martone, giuslavorista dell’università Luiss di Roma, promuove l’accordo governo-sindacati sul contratto degli statali, rimandando comunque il giudizio definitivo al momento in cui la cornice fissata dalle parti sarà finalmente riempita di contenuti. Professore, quale è il suo giudizio su questo accordo? «Si tratta di un grande risultato per il governo, sia sul piano politico che sul piano tecnico. Innanzitutto perché è stato rimosso un blocco salariale lungo sette anni che aveva risvolti davvero mortificanti per i dipendenti pubblici. E poi perché i sindacati, che pure hanno incassato gli aumenti, hanno accettato la logica in base alla quale chi si dimostrerà più meritevole nel lavoro verrà gratificato. A questa enunciazione di principio, tuttavia, dovranno seguire i fatti». A cosa si riferisce? «L’accordo fissa solo un punto fermo, ma adesso governo e sindacati sono chiamati alla vera sfida: indicare nel testo unico sulla Pubblica amministrazione i meccanismi attraverso i quali individuare gli statali più meritevoli e premiarli». Ci sono molte polemiche sulla tempistica, a pochi giorni dal referendum. Ritiene che il governo abbia agito in maniera inopportuna? «Il premier è un politico e ragiona da politico. È nel gioco politico agire in questo modo e non ci trovo nulla di irregolare. D’altronde la scelta stessa della data del voto in concomitanza con l’approvazione della legge di Stabilità risponde a questa logica. A ogni modo è un fatto certo che questa mossa avrà un impatto sul voto». Durante la sua esperienza di sottosegretario del ministero del Lavoro nel governo Monti non le creava imbarazzo il fatto che l’esecutivo insistesse con il blocco degli stipendi degli statali voluto da Berlusconi nel 2009? «Ci sono due elementi da ricordare: il primo è che in quella fase, parlo del 2011, le finanze pubbliche non davano margini e il secondo è che negli anni precedenti le dinamiche salariali dei dipendenti pubblici erano corse molto più velocemente rispetto a quelle del settore privato. Aggiungo che, in quella fase, lo sblocco del contratto avrebbe significato assegnare soldi a pioggia mentre io, e in questo concordo con lo spirito dell’intesa, credo sia molto più giusto premiare i migliori. E questo anche nell’interessa del buon funzionamento della macchina pubblica». Quali sono gli altri elementi importanti dell’accordo? «Ritengo positivo che sia stato assunto l’impegno di superare il fenomeno inaccettabile del precariato nello Stato stabilizzando chi lavora senza certezze».

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