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Data: 02/12/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Statali, aumenti maggiori ai redditi da 25 mila euro. Incremento di soli 15 euro se scatta la trappola fiscale

ROMA L'accordo politico firmato da sindacati e governo sul rinnovo del contratto del pubblico impiego è soltanto il primo tassello di un mosaico. Che si preannuncia ancora complesso. Le indicazioni di principio inserite nel testo, dovranno adesso essere tradotte prima in un atto di indirizzo che il ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, dovrà inviare all'Aran, l'Authority che si occupa della contrattazione del pubblico impiego, e poi la stessa Authority dovrà chiamare al tavolo i sindacati per trovare un accordo sui contenuti. Il primo nodo da sciogliere riguarda proprio l'atto di indirizzo. Il verbale di accordo sottoscritto dai sindacati e dal governo, prevede diverse modifiche normative, a cominciare da quelle sul salario accessorio previste dalla legge Brunetta, che sono state demandate al nuovo Testo unico sul pubblico impiego. Si tratta di un provvedimento che vedrà la luce soltanto a febbraio del prossimo anno. Dunque la direttiva dovrebbe essere costruita su norme che ancora non esistono. Bisognerà, insomma, trovare il modo di convincere l'Aran ad aprire il tavolo sulla parola. L'alternativa sarebbe quella di rinviare l'atto di indirizzo a dopo il varo della riforma del pubblico impiego.
LE QUESTIONI APERTE
Altri nodi, sui quali c'è un accordo politico, dovranno essere poi affrontati sul piano tecnico. A cominciare, per esempio, dalla questione del bonus da 80 euro. Il problema è questo: il bonus Renzi si riduce drasticamente dopo i 25 mila euro lordi annui di reddito, e si azzera a 26 mila euro. L'aumento lordo mensile medio di 85 euro, farebbe superare la soglia di reddito, e dunque perdere il bonus, a circa 200 mila statali. Chi si trova in questa situazione, dovrebbe ricevere un aumento di stipendio più consistente di 85 euro, tale da compensare anche il bonus da 80 euro. Secondo i sindacati per indennizzare tutti gli statali che si trovano in questa situazione, servirebbero altri 400 milioni di euro. Il governo, invece, è di un avviso diverso. La compensazione andrebbe trovata all'interno dei 5 miliardi di risorse che costerà l'aumento medio di 85 euro per i 3,2 milioni di statali. Siccome l'accordo prevede di privilegiare i redditi più bassi, i soldi necessari per compensare la perdita degli 80 euro per chi è a ridosso dei 25 mila euro di reddito, arriverebbero da un minore aumento per chi guadagna di più. Ci sarebbe anche una soglia oltre la quale l'aumento non scatterebbe affatto. Il ministro Madia ha sempre parlato di 200 mila euro, ma alla fine l'asticella potrebbe scendere fino attorno ai 150 mila euro.
LA DEFISCALIZZAZIONE
Un altro punto importante, fortemente voluto dai sindacati, è la defiscalizzazione anche per il pubblico impiego dei premi di produttività e dei benefit. Si tratta di un meccanismo che nel settore privato a funzionato bene, e che è alla base anche del rinnovo del contratto dei metalmeccanici. La legge prevede una tassazione forfettaria al 10% comprensiva di tutte le tasse, dall'Irpef all'Irap, per il salario legato alla produttività. L'unico vincolo saranno le risorse stanziate dalla legge di bilancio che ha appena concluso il suo iter alla Camera e che dovrà essere discussa al Senato dopo il referendum costituzionale di domenica. Ieri, intanto, anche il sindacato Confsal ha sottoscritto l'accordo-quadro con il governo sulle questioni aperte riguardanti il pubblico impiego.

Incremento di soli 15 euro se scatta la trappola fiscale
LE CIFRE

ROMA Quanto fanno netti in busta paga gli 85 euro di aumento lordo mensile promessi ai dipendenti pubblici? Dipende naturalmente dal reddito di base a cui vengono aggiunti. Ma per chi ha un imponibile fiscale annuo tra i 24 mila e i 26 mila euro (e dunque guadagna poco più di 1.500 euro netti al mese) l'atteso incremento retributivo farebbe scattare la trappola degli 80 euro: perdendo una parte del credito d'imposta a suo tempo riconosciuto dal governo Renzi, gli interessati vedrebbero sfumare quasi tutto il beneficio del rinnovo contrattuale.
IL PUNTO
Il problema era ben presente al tavolo della trattativa tra governo e sindacati, che vi ha poi dedicato uno specifico punto dell'intesa finale; ma in realtà non riguarda solo i dipendenti pubblici. Tutto dipende da come è stato congegnato due anni e mezzo lo sconto Irpef. Si trattava allora di mettere d'accordo due esigenze: la prima (politica) di far arrivare una cifra uguale per tutti e per questo anche più riconoscibile, la seconda (tecnica) di limitare il costo finanziario per lo Stato. Si decise così di far scattare alla soglia dei 24 mila euro di imponibile annuo un brusco decalage, tale da annullare a 26.000 l'importo del credito d'imposta.
Il risultato, espresso in termini tecnici, è un'aliquota marginale effettiva superiore all'80 per cento. Vuol dire che questa è la percentuale con la quale viene decurtato ogni eventuale incremento di stipendio. È il motivo per cui un po' di contribuenti si sono trovati a dover restituire in tutto o in parte il bonus che era stato loro provvisoriamente riconosciuto dal datore di lavoro: se al momento della dichiarazione il reddito risulta per qualsiasi motivo un po' più alto, scatta la decurtazione. Ed è esattamente quel che capiterebbe ai dipendenti pubblici nella fascia di reddito interessata. Facciamo un esempio. Ipotizzando un aumento proprio di 85 euro mensili, su base annua sarebbero circa 1.100 in più. Un lavoratore con un reddito complessivo di 24 mila l'anno (residente a Roma) tolte Irpef e addizionali oggi ne porta a casa 1.508 nette al mese, potendo contare ancora su un bonus pieno da 80 euro. Passando a 25.100, il credito d'imposta scenderebbe a 36 e il netto mensile - per effetto di questo fattore e del normale peso dell'Irpef - salirebbe ad appena 1.523. Quindi degli 85 euro di aumento contrattuale solo 15 arriverebbero effettivamente in tasca al dipendente, mentre i suoi colleghi che guadagnano un po' di meno (ma anche un po' di più) pur se pesantemente tassati ne vedrebbero comunque circa 56.
LA SOLUZIONE
Per ovviare a questa distorsione, l'idea sarebbe di garantire ai lavoratori pubblici nella fascia critica un incremento lordo maggiore, in modo da arrivare ad un effetto netto simile. La somma però per lo stesso dipendente con imponibile di 24 mila euro dovrebbe avvicinarsi ai 200 e in ogni caso il meccanismo sarebbe difficile da mettere a punto.

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