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Pescara, 25/07/2024
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Data: 05/12/2016
Testata giornalistica: Mapero'
La notte della sconfitta di Lilli Mandara

L’ha detto ai sindaci: votate sì perché sennò i soldi non arrivano, votate sì perché questo è un governo amico, votate sì sennò sono guai. Oggi, che l’Abruzzo ha detto un no alla riforma di Renzi & Boschi se possibile ancor più forte di quello nazionale, Luciano D’Alfonso dovrà pronunciare una parola sconosciuta per lui: la sconfitta. Dalfy, che per tutta la notte di ieri non ha fatto uscire una sola parola di commento ai risultati, dovrà spiegare all’Abruzzo come pensa di affrontare il futuro, se resteranno in piedi i Masterplan i project financing i progetti di spostamento delle autorità portuali, e se tutti i viaggi a Roma da ministri e sottosegretari sono serviti a qualcosa o adesso sarà opportuno metterci una croce sopra e classificarli come tempo perso, con tutto quello che significa in termini di energie e soldi sprecati.

Questa è la prima sconfitta elettorale che Dalfy affronta nella sua vita, lui che ha sempre navigato l’onda del successo, lui l’uomo che non perde mai (un’elezione), incassa un mare di No in una battaglia combattuta pancia a terra: striscioni depliant spot di Tosto appelli alle mogli premi e cotillons non sono serviti a nulla. L’abbraccio totale e mortale a Renzi, su cui ha puntato tutto ma proprio tutto nonostante l’iniziale reciproca antipatia, lo mette di fronte a una necessità: smarcarsi, il più in fretta possibile. La sua personale battaglia coincideva pericolosamente con una sua personale ambizione: diventare ministro, alle Infrastrutture. Adesso D’Alfonso deve all’Abruzzo alcune risposte. La Regione dice la Regione fa: cosa, è bene che si sappia in fretta.

E comunque, a ripensarci, sono stati mesi effervescenti.

Lei, la Stefy, la più attiva sui social. Lui, Dalfy, il più renziano: incontri, promesse, impegni e persino la lettera ai cittadini, tutto secondo Matteo. Insomma, è finalmente finita. Ma in questi mesi se ne sono viste davvero di tutti i colori. La campagna elettorale per la riforma costituzionale non ha risparmiato insulti e coltellate, dura e violenta che più dura e violenta non si può.
E’ cominciato tutto con l’inchiesta sugli scrutatori al Comune di Pescara, e la figuraccia del vice sindaco Enzo Del Vecchio che, per far ritornare qualche giorno a casa la figlia studentessa all’Aquila (parole sue) non ha esitato a inserirla in graduatoria. Salvo poi chiederle di rinunciare a casino scoppiato. Eccolo qua, in compagnia della figlia, che è tornata comunque a Pescara per votare, mentre festeggiano a tavola. Della serie: farle fare la scrutatrice, a lei e a un’amica, non era davvero così necessario (oltre che non opportuno non etico non eccetera eccetera).

La più attiva Stefania Pezzopane che chi ha la (s)ventura di averla amica sui social, veniva indondato di notifiche a botte di dieci al minuto: controproducente, perché alla fine nessuno se le leggeva più. A parte i social, la Stefy ha battuto il territorio in lungo e in largo facendo campagna per il Sì, ovviamente.

Non è da meno il fidanzato, Simone Coccia Colaiuta, che con altri argomenti, anche lui ha sostenuto il Sì: a un certo punto ha annunciato anche che si sarebbe tagliato i capelli a zero se avesse vinto il Sì. Ma non ha incontrato molto successo: per lo più gli hanno risposto con un chissene.

Ha fatto scalpore il commento della democrat Manola Di Pasquale, presidente dello Zooprofilattico, che commentando la piazza di Teramo stracolma per il comizio per il No di Di Battista, se n’è uscita su Facebook con un “Ma sono tutti disoccupati e nullafacenti”, come fosse una condizione di cui vergognarsi. Inondata di insulti e di pernacchie, è stata costretta a cancellare il commento e a chiedere scusa al Movimento 5 stelle.

Ed ecco qui la capogruppo al Consiglio regionale abruzzese Sara Marcozzi, mentre vota, ieri mattina. Alle spalle, si vede una borsa di Louis Vuitton personalizzata (che non farà la felicità dei supporter cinquestelle, però). La Marcozzi è stata impegnata giorno e notte nella campagna per il No, e ha persino attaccato i manifesti.

Il centrodestra si è ricompattato durante la campagna referendaria. Ecco qui sul palco Paola Pelino in un abito molto intonato al cardigan di Mara Carfagna (e astenersi dai commenti) e più sotto la Carfagna con Fabrizio Di Stefano e Nazario Pagano. Nelle foto ancora la Carfagna al suo arrivo all’Aquila, che regala qualche applauso anche al coordinatore Pagano, piuttosto disabituato al consenso dei sostenitori, almeno negli ultimi tempi. Con loro sempre Di Stefano in sciarpa bianca annodata a mò di tovagliolo.

Il sindaco di Pescara Marco Alessandrini molto attivo anche lui ma per il sostegno al Sì: eccolo mentre firma un impegno per l’area di risulta (in questo periodo hanno firmato tutti e di tutto, anche cambiali), utilizzando una penna con la bandiera Uk e ciondolo a forma di borsetta, molto ma molto femminile). Un segnale, anche questo. Per la verità doveva partire per Londra per partecipare a un addio al celibato: ma Luciano D’Alfonso lo ha costretto a rimanere, per andare a votare. So’ soddisfazioni.

Luciano D’Alfonso non si è risparmiato: le campagne elettorali gli piacciono e sembra che in queste occasioni lui raggiunga il massimo di energia. Peccato però che al comizio di chiusura col ministro Calenda abbiano dovuto chiamare la Coldiretti, presente con i cappellini gialli, altrimenti la piazza della stazione di Pescara sarebbe rimasta vuota. Però alla fine si è svuotata lo stesso, tanto che dopo il comizio di Simona Molinari (che quando gliel’hanno proposto, lui non sapeva manco chi fosse), il ministro Poletti ha rinunciato a parlare.

Anche Matteo Renzi nel suo giro d’Italia senza maglia rosa, è venuto a Pescara, a inaugurare il Festival delle letterature. Per lui un mare di polemiche, ma che c’entra il Fla col referendum, e in quell’occasione i sostenitori del No hanno fatto sentire la loro voce col primo corteo anti-Renzi.



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