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Pescara, 25/07/2024
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Data: 06/12/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Il Pd sconfitto e i dubbi sulle Comunali. I ruoli di Lolli e Pietrucci, le bacchettate della Sinistra. Nel centrodestra D’Eramo invoca le primarie, ma Forza Italia frena

L’AQUILA In un Paese in cui – il giorno dopo – le elezioni non le perde mai nessuno, almeno stavolta non è andata così. C’è un premier, Matteo Renzi, che ha ammesso la sconfitta dei numeri e si è dimesso. A cascata, a livello più locale, chi ha vinto e chi ha perso? E soprattutto, in che misura incidono il risultato del referendum e la schiacciante vittoria del No all’Aquila sulle prossime elezioni comunali? LA FEDELISSIMA. Intanto, vediamo chi ci ha messo la faccia: la senatrice Stefania Pezzopane non si è tirata indietro e proprio lei, che inizialmente aveva appoggiato Bersani contro l’allora nastro nascente Renzi, oggi si può catalogare tra le fedelissime del premier dimissionario. E, da combattente qual è, rivendica il suo ruolo attivo a favore del sì, con ben 106 incontri, auspica elezioni immediate e si dice pronta a ricandidarsi. IL SINDACO DEL Sì. Tra i promotori del Sì c’era anche il sindaco Massimo Cialente, il quale dopo una frase lapidaria sul suo profilo Facebook: “E mo’? Sono davvero preoccupato” aggiunge: «Lo sono innanzitutto come sindaco dell’Aquila perché avevamo una serie di cose in corso, in primis i 15 milioni di euro per L’Aquila più i due milioni per i Comuni per i bilanci. Per chiudere rapidamente, in commissione l’articolo 52 non è stato discusso perché si era deciso di porre la fiducia. A questo punto, non so che succede. Stiamo in una fase difficile. Siccome non ci hanno voluto inserire nel decreto terremoto di Amatrice dobbiamo vedere cosa accadrà. E poi c’è il problema dei ragazzi del call center, di trovare una soluzione per i ragazzi del concorsone. Ora mi ritrovo senza governo e quindi sono preoccupato. È il 5° governo della mia sindacatura». Cialente si mostra particolarmente turbato «perché», si chiede, «il voto che leggo è contro Renzi, contro il Pd e contro le politiche del governo o è quello che ormai lo smarrimento, la rabbia e la paura che è un fenomeno di tutto l’Occidente è tale che non si ha più neanche la capacità di distinguere? Chiunque guidi la macchina viene insultato. I social sono terrorizzanti e spingono al voto contro l’establishment». Nel Pd, è chiaro, la partita delle candidature è aperta e dovrebbe passare per le primarie, come annunciato. Ma il nome che aleggia, pur nascosto dietro una indisponibilità di facciata, è quello di Giovanni Lolli, vicepresidente della Regione, che potrebbe mettere d’accordo un po’ tutte le anime della sinistra. La sua condizione prioritaria sarebbe quella di poter guidare una coalizione allargata capeggiata dal Pd. Il suo ruolo defilato nella battaglia referendaria lo rende candidato ideale per unire. Senza trascurare la pista che conduce al nome di Pierpaolo Pietrucci, attuale consigliere regionale che si sente sollecitato da tante persone a metteresi a disposizione per una candidatura a primo cittadino. LA SINISTRA. Il consigliere comunale di Prc, Enrico Perilli, sugli equilibri interni del centrosinistra e sulle prospettive ha le idee chiare: «A livello nazionale la cosa migliore sarebbe andare al voto. A livello locale il centrosinistra si deve organizzare meglio, e il Pd deve ragionare in un’ottica di coalizione, dimenticando l’ubriacatura renziana. Certo, questo non lo può fare chi fino a ieri andava dietro a Renzi. È tutto da rimettere in discussione. Chi si è tirato fuori come Lolli farà un passo avanti, molti cercheranno di cambiare bandiera, e la sinistra (Prc e Si) è chiamata ad avere un compito importante. I Cinque Stelle hanno il vento in poppa ma non riescono a sfruttarlo». «Questo voto», conclude, «ci dice che dobbiamo spingere ancora di più sulla linea dell’unità, e vale anche per tutti quelli che nel Pd ci stanno male. Per quanto ci riguarda, vogliamo discutere del contenitore, poi dei programmi e infine dei candidati, per i quali abbiamo diverse ipotesi. Per fortuna non ci mancano. Se dovesse essere necessario non avremmo alcun problema ad andare da soli con nostre liste». IL CENTRODESTRA. Nel centrodestra il referendum viene visto come l’occasione di recuperare un nuovo protagonismo elettorale. Secondo il consigliere di “Noi con Salvini”, Luigi D’Eramo, «la bocciatura si riflette anche sugli apparati locali, in particolare su questa amministrazione, questa sorta di monopolio politico e amministrativo che la triade Lolli, Pezzopane, Cialente rappresenta da anni. Nel centrodestra ribadisco la necessità delle primarie, affinché l’elettorato possa scegliere il proprio candidato. Chi non capisce questo è legato a logiche stantie, vecchie, che gli elettori hanno respinto ogni volta che sono stati chiamati a esprimersi». Ma Forza Italia insiste per il sondaggio interno… «Ormai è scientificamente dimostrato che i sondaggi non sono più veritieri. In Inghilterra dovevano vincere gli europeisti e invece ha vinto la Brexit, negli Usa doveva vincere la Clinton e ha vinto Trump. Che devo dire… Speriamo che FI abbia un ripensamento rispetto a queste logiche obsolete»

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