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Pescara, 25/07/2024
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Data: 07/12/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Dopo voto. D’Alfonso attacca «Nuova legge elettorale e taglio delle indennità». M5s: proposte irricevibili. Marcozzi boccia il presidente. E Sospiri (FI): «Vuole regole su misura per lui». M5s: proposte irricevibili. Marcozzi boccia il presidente. E Sospiri (FI): «Vuole regole su misura per lui»

PESCARA Incassata la sconfitta al referendum, Luciano D’Alfonso non molla. Anzi. Ammessa la sconfitta, dopo la straripante vittoria del No alla consultazione di domenica scorsa, rilancia. E lo fa con un inatteso annuncio al Centro. Se la riforma della Costituzione dovrà attendere, su quella della legge elettorale regionale il governatore dell’Abruzzo promette un’accelerazione. «Conto di portarla in Consiglio entro giugno del prossimo anno», assicura. Ma non è tutto. I tempi potrebbero essere addirittura più stretti per il taglio dei costi della politica. «E’ un tema sul quale cercherò la più ampia convergenza politica», spiega il presidente della giunta. Che punta a rivedere al ribasso le attuali indennità dei consiglieri regionali. Presidente, il M5S l’ha sfidata a cambiare la legge elettorale dell’Abruzzo. Che cosa risponde? «Che la stesura della riforma è a buon punto. Alcuni consiglieri sono già convinti della necessità di approvarla. Altri, soprattutto quelli appartenenti ai partiti più piccoli, nutrono perplessità». E che tipo di riforma ha in mente? «Una legge elettorale maggioritaria con sbarramento al 4% e premio di maggioranza: chi vince le elezioni avrà almeno 5 consiglieri di vantaggio sullo schieramento perdente per garantire la governabilità. Sarà una legge elettorale che, incentivando le coalizioni, consentirà a chi vince di vincere il più possibile e a chi perde di perdere il più possibile. L’esatto contrario di quanto accade ora». E cioè? «La legge elettorale in vigore, nata da una proposta del consigliere Lorenzo Sospiri, sembra fatta apposta per determinare esattamente il contrario: mettere nelle condizioni chi vince di vincere il meno possibile e chi perde di perdere il meno possibile». Entriamo nei dettagli. Come sarà disciplinato il nuovo sistema di voto? «E’ previsto un collegio elettorale unico su base regionale. Gli abruzzesi potranno esprimere tre preferenze, salvaguardando la parità di genere: due uomini e una donna o un uomo e due donne. Basta al sistema della monopreferenza». Perché? «E’ un sistema che crea una durissima competizione tra i candidati. Al contrario, la preferenza multipla favorirà la solidarietà e l’accordo tra i politici in corsa. E’ l’unica alternativa possibile al partito che fa l’elenco di chi deve arrivare primo. Come avviene, ad esempio, in Toscana dove è in vigore una legge elettorale che ricalca il vecchio e criticato Porcellum». Qual è lo scopo del collegio unico regionale? «Quello di superare il sistema cantonale». Sarebbe a dire? «Con la nuova legge, un assessore eletto ad esempio a Teramo non avrà più interesse a favorire il territorio di riferimento. Perché ad eleggerlo saranno tutti gli abruzzesi e non solo quelli della sua area di riferimento. Ma non solo». Che altro? «Chi si candida con un partito non potrà cambiare casacca. Introduciamo il vincolo di mandato». Scusi presidente, ma il vincolo di mandato è vietato dalla Costituzione per il Parlamento nazionale: come pensa di introdurlo a livello regionale? «Sanzionando chi cambia gruppo e partito». In che modo? «Chi viola il vincolo di mandato non si potrà ricandidasi al giro successivo. Ma a prescindere da questo, saranno introdotti dei limiti di mandato e di ricandidatura» Limiti di che tipo? «Il consigliere che entrerà nell’esecutivo regionale, assumendo anche l’incarico di assessore, potrà essere eletto per un solo mandato. Mentre i comuni consiglieri potranno ricandidarsi al massimo due volte. Ma c’è anche dell’altro». Che cosa? «Sto studiando un meccanismo, nei limiti della compatibilità con lo statuto regionale, che dia rappresentanza in consiglio regionale a quei 200-300 mila abruzzesi che mediamente non vanno a votare». Cioè anche chi non vota eleggerà dei rappresentanti? «Esatto. Attraverso un sistema di estrazione a sorte in un elenco di disponibili. È già previsto per i giudici popolari, penso si possa fare anche per assegnare un seggio ad alcuni consiglieri». Poi ci sono i costi della politica. M5S e Rifondazione la incalzano anche su questo. «La proposta è pronta. Prevede di cristallizzare i redditi da lavoro degli eletti e di traslarli nella retribuzione dei consiglieri. Con dei limiti». Come la mettiamo se venisse eletto un manager che di suo guadagna un milione di euro? «Ovviamente sono previsti dei tetti. La retribuzione massima non potrà superare quella prevista per il sindaco del comune capoluogo di regione (L’Aquila, ndr). Chi con il suo lavoro guadagna di più deve sapere che, se eletto, percepirebbe al massimo quella cifra». E chi invece guadagna di meno? «Chi ha reddito pari a zero, dovrà accontentarsi della congrua di un sacerdote, 1.270 euro al mese. Chi invece si colloca tra i due estremi - cioè chi ha un reddito compreso tra 1.270 euro e lo stipendio del sindaco capoluogo di Regione - percepirebbe esattamente lo stesso stipendio».

M5s: proposte irricevibili. Marcozzi boccia il presidente. E Sospiri (FI): «Vuole regole su misura per lui»

L’AQUILA Dall’altro capo del telefono, la grillina Sara Marcozzi manca poco che esploda in una risata. E’ la sua risposta al governatore Luciano D'Alfonso. Al quale, due giorni fa proprio sulle colonne del Centro, ha lanciato una sfida sulla legge elettorale regionale, ferma al palo da due anni, e sul taglio delle indennità dei consiglieri regionali su cui il M5s ha presentato una proposta di legge anch’essa in standby. E le parole, finiti i sorrisi, sono altrettanto eloquenti. Per la capogruppo in Regione dei pentastellati, la proposta di riforma della legge elettorale illustrata dal governatore è semplicemente «irricevibile». Motivo: «Gli slogan lanciati dal presidente D’Alfonso sembrano causati da uno stordimento post-referendum costituzionale. Se volesse davvero garantire stabilità a un governo regionale, basterebbe eliminare le coalizioni: ci si presenta con un partito unico e con un programma unico e si va al voto con quelli - accusa la Marcozzi -. Le coalizioni, invece, servono soltanto a rastrellare i voti». Non solo. «Va al governo chi ha preso più voti dalla maggioranza degli elettori abruzzesi - aggiunge -. Se il presidente dice che è tanto forte, allora si confronti alle elezioni uno-contro-uno: Pd contro M5S». E sul taglio delle indennità, altra bocciatura su tutta la linea. «In sostanza, diamo di più al consigliere ricco e di meno al povero? Lo ritengo ridicolo: per le medesime funzioni si devono attribuire le medesime indennità», taglia corto la Marcozzi, ricordando che la proposta del M5S permetterebbe di risparmiare 23 milioni in 5 anni. Difende invece la «sua» legge elettorale dagli attacchi di D’Alfonso il capogruppo di Forza Italia, Lorenzo Sospiri: «Sono passati due anni e mezzo e il presidente non ha cambiato questa legge elettorale, che gli ha dato una maggioranza due ore dopo l’inizio dello spoglio. Quindi è una legge che ha funzionato. Forse il presidente vorrà una legge che faccia vincere per forza lui, anche quando la prossima volta, se non scappa a Roma, perderà». Maurizio Acerbo della segreteria nazionale di Rifondazione comunista appoggia la strada del collegio unico, ma propone che «lo sbarramento al 4% venga inserito anche all’interno delle coalizioni, per evitare che si creino risultati per cui ci sono liste che hanno preso meno voti (come Sel) e sono state elette, e liste che hanno preso più voti ma sono rimaste fuori (Rifondazione)». L’attuale legge, per Acerbo «è basata su un meccanismo antidemocratico, che consente la nascita di megacoalizioni anche con liste inventate, come quelle civiche di D’Alfonso, che inquinano le elezioni, con l’obiettivo di aumentare i consiglieri a favore della maggioranza». Quanto al taglio delle indennità, Acerbo ricorda che il governatore «si è presentato dicendo che sarebbe stato questo il primo atto della sua giunta: da due anni e mezzo sta venendo meno al patto con i suoi elettori». Il presidente della commissione Statuto e legge elettorale in quota Pd, Camillo D’Alessandro, ricorda il motivo che ha rallentato la discussione sulla legge elettorale: «Abbiamo temporeggiato sull’approvazione perché in questo anno e mezzo si andava definendo, e si va ancora definendo, la legge nazionale. Poi è intervenuto il referendum costituzionale. Ora la riflessione può ripartire».

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