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Pescara, 25/07/2024
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Data: 09/12/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Nuovo governo entro il 15. Colle, via alle consultazioni. Mattarella stringe i tempi. Ricevuti Napolitano e i presidenti di Camera e Senato. Oggi i gruppi parlamentari. Un tris di ministri Gentiloni, Delrio e Padoan sono in pool

ROMA Trenta minuti di colloquio ciascuno. Nessuna dichiarazione ufficiale. Sergio Mattarella, come da programma, ha iniziato le consultazioni per risolvere la crisi di governo. Il primo incontro è stato con il presidente del Senato, Pietro Grasso, seconda carica dello Stato e tra i nomi che sono circolati più insistentemente nelle scorse ore come ipotetica guida di un governo istituzionale o di transizione. Poi è stato il turno della presidente della Camera Laura Boldrini e quindi del Capo dello Stato emerito Giorgio Napolitano. Dichiarazioni non ci sono state ma è facile immaginare che i vertici istituzionali abbiano rappresentato al capo dello Stato tutti i rischi di una crisi al “buio”. Tre le ipotesi sul tavolo del presidente della Repubblica: governo di tutti i partiti, guidato dal presidente del Senato o da un’altra autorità super partes. Governo politico, sostenuto dall’attuale maggioranza ma guidato dai ministri Padoan o Gentiloni e Renzi-bis con una nuova compagine di ministri. La prima opzione, al Colle, rimane quella di un reincarico a Renzi. Un punto sembra più saldo degli altri: esattamente tra una settimana, il 15 dicembre, si riunisce il Consiglio Europeo. Per quella data, il Quirinale vorrebbe avere un nuovo governo in grado di rappresentare l’Italia al tavolo dei 27 leader. Un vincolo temporale che restringe molto il campo delle possibili soluzioni alla crisi: di fatto, gli unici nomi in grado di arrivare credibilmente all’incarico per quella data sono lo stesso premier uscente Renzi , il ministro dell’Economia Padoan, o il ministro degli Esteri Gentiloni. Mattarella verificherà di persona tutte le posizioni, ma il cerino rischia di tornare rapidamente, forse già sabato sera, nelle mani del Pd. Collaborazione con il Quirinale significa che Renzi, se non vuole prendersi la responsabilità di un bis, deve prepararsi a indicare un altro nome. Il premier dimissionario continua a sostenere di volersi fare da parte, ma guarda con sospetto le manovre interne al Pd dei capicorrente - da Franceschini a Orlando - e teme che dare il via a un governo Padoan o Gentiloni sarebbe facile ma non altrettanto semplice poi fermarlo a primavera. Il rischio di una rottura dentro il Pd è altissimo e le manovre per cercare di far proseguire la legislatura anche senza Renzi non sono facili. Le consultazioni proseguiranno oggi con i partiti più piccoli . Uno ad uno, tutti i gruppi parlamentari (23) incontreranno Mattarella ma sarà comunque sabato la giornata più calda quando saliranno al Colle la delegazione della Lega Nord senza Salvini, quella di Forza Italia (guidata da Berlusconi), il Movimento 5 Stelle senza Grillo e infine il Pd. Anche la delegazione dem sarà orfana del suo segretario. Ci saranno invece Lorenzo Guerini, Matteo Orfini e i due capigruppo, Luigi Zanda ed Ettore Rosato.

Un tris di ministri Gentiloni, Delrio e Padoan sono in pool. Sono i nomi graditi al presidente del Consiglio dimissionario. Sfuma ipotesi Grasso, su Franceschini gelo del giglio magico
Nella lista ci sono anche Calenda e Prodi ma la loro candidatura ha perso quota. Ma una parte dei Democratici non vuole accantonare il padre dell’Ulivo

ROMA Tutti parlano con tutti, tutti fanno ipotesi. E nonostante il presidente della Repubblica Sergio Matterella continui a seminare calma e ottimismo, il percorso per trovare il nome del nuovo premier è ancora in salita. Le consultazioni istituzionali e politiche sono all’inizio, ma continuano a rimbalzare i nomi dei papabili a sostituire Matteo Renzi nel ruolo di premier, dopo le sue dimissioni a causa della vittoria del No al referendum costituzionale. La prima opzione al Colle rimane quella di un reincarico a Renzi che dovrebbe rimanere in carica il tempo necessario ad approvare la nuova legge elettorale, mettere in sicurezza i conti e le banche, arrivare senza far sfigurare l’Italia al G7 a maggio a Taormina. «Io non ci sto» sarebbe la posizione di Renzi che avrebbe il suo tris di assi da indicare a Mattarella tutti ministri del suo governo: Pier Carlo Padoan, Paolo Gentiloni e Graziano Delrio. Sparito il nome di Dario Franceschini. Tra il premier dimissionario e il ministro della Cultura è calato il gelo. Renzi è infastidito per il rapporto che il leader di Areadem (controlla buona parte dei deputati) si è ritagliato con il presidente della Repubblica. Tra i renziani il fronte contro Franceschini si è allargato negli ultimi giorni. Non è detto, però, che proprio per il buon rapporto con il Quirinale e il cambio di equilibri all’interno del Pd, Dario Franceschini potrebbe essere ancora della partita. Pier Carlo Padoan. Il nome del ministro dell’Economia e delle Finanze è il più ricorrente come prossimo presidente del Consiglio. La sua candidatura figura nell’eventualità di un governo tecnico. Scelto da Renzi nel 2014 ha ricoperto l’incarico sia di direttore esecutivo del Fondo monetario internazionale sia di capo economista dell’Ocse. Personalità riconosciuta a livello internazionale, Padoan potrebbe rientrare anche in un eventuale Renzi-bis. Paolo Gentiloni. In questi giorni di consultazioni il nome del ministro degli Esteri è uno dei papabili a sostituire Matteo Renzi nel ruolo di premier. Già ministro delle Comunicazioni con il governo Prodi è considerato un renziano di ferro. Con lui, la scelta sarebbe di continuità rispetto al presidente del consiglio dimissionario che in questo caso potrebbe restare segretario del Pd con meno difficoltà. Graziano Delrio. Le quotazioni del ministro delle Infrastrutture e Trasporti sono salite. Cattolico, ex presidente dell’Anci negli indici di gradimento Delrio è stato segnalato come uno dei ministri più affidabili del governo Renzi. Nei primi passi dell’esecutivo veniva definito il “suo Gianni Letta”, ricopriva la carica di sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Sulla rubrica del cellulare aveva segnato Renzi con il nome di Mosè. Il rapporto tra i due, dopo un periodo difficile, è tornato al punto di partenza. La sua candidatura però ha un problema: la rivalità con Franceschini. Pietro Grasso. Anche se smentita ripetutamente dall’interessato, la candidatura di Pietro Grasso è stata tra le prime ad emergere poche ore dopo l’annuncio delle dimissioni di Renzi. Il presidente del Senato, ex magistrato della procura nazionale Antimafia sarebbe la figura istituzionale del “traghettatore” verso la nuova fase politica. Non è considerato vicino a Renzi e ha criticato fin dall’inizio la riforma Boschi. Carlo Calenda. Per alcuni giorni quella del ministro dello Sviluppo Economico è risultata la candidatura di transizione più evocata. Dirigente d’azienda e uomo di Confindustria, nel 2013 si è candidato alle elezioni politiche nella lista di Scelta Civica. Nel febbraio 2015 insieme ad altri ha aderito al Partito Democratico. Un po’ manager un po’ politico da quando è ministro ha mostrato una certa autonomia da Palazzo Chigi, ma è considerato vicino a Pier Carlo Padoan. Romano Prodi. Quando la situazione economica e politica si fa difficile, viene evocato il padre nobile del Pd. Romano Prodi, ex presidente del Consiglio ha ripetutamente smentito di essere stato chiamato in causa per un ruolo di premier al posto di Renzi. L’ipotesi è tornata negli ultimi giorni e l’invito da parte di molti nel Pd è di non cancellare questa possibilità. L’ultima parola lunedì al presidente della Repubblica.

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