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Pescara, 25/07/2024
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Data: 09/12/2016
Testata giornalistica: Il Centro
È maggioranza trasversale il partito del “no” al voto. Vitalizi: le regole inchiodano 629 parlamentari

ROMA «La pensione d’oro arriva dopo 4 anni di legislatura e cioè a settembre 2017. Ecco perché non vogliono farti votare: noi vogliamo andare al voto il prima possibile». Alessandro Di Battista rinnova su Facebook la posizione ufficiale del Movimento 5Stelle: basta giochetti, nessun governo dopo Renzi, si vada alle urne per chiedere ai cittadini di esprimersi. Ma nei corridoi del Parlamento, tra Camera e Senato, in queste ore capita di ascoltare ragionamenti un po’ diversi. Come, ad esempio, quello di un deputato grillino che, a colloquio con un collega dem e un ex pentastellato emigrato nel gruppo misto, un paio di giorni fa invocava con ansia «un governo qualunque che arrivi all’autunno del 2017, altrimenti ci salta la pensione». Non è dato sapere se la preoccupazione del deputato sia il frutto della disperazione isolata di un grillino pronto a disobbedire ai capi pur di agguantare il vitalizio. Oppure l’espressione di un sentimento diffuso. Però resta un fatto che sulla piega che prenderà la crisi pesa in maniera importante la paura di circa due terzi del Parlamento che l’interruzione della legislatura possa mandare in fumo tutti i contributi versati vanificando il vitalizio futuro pronto per essere incassato a partire da 65 anni. Vale a dire duemila 400 euro dopo 4 anni, 6 mesi e un giorno di mandato. Bisogna tirare avanti fino al 15 settembre del prossimo anno per riuscirci. Altrimenti, per chi non sarà ricandidato o rieletto, si va a casa come se l’esperienza romana (dal punto di vista contributivo) non ci fosse mai stata. Le norme introdotte dal governo Monti nel 2012 parlano chiaro: il vitalizio si intende come rendita parzialmente alimentata da un prelievo sull’indennità del periodo di esercizio della carica e viene calcolata con il metodo contributivo. Così il diritto al trattamento pensionistico si matura al conseguimento di un duplice requisito, anagrafico e contributivo. Pertanto, il parlamentare ha diritto al vitalizio dopo avere svolto il mandato parlamentare per almeno 4 anni e mezzo e una volta compiuti 65 anni di età. I versamenti dei parlamentari, dunque, si configurano a tutti gli effetti come una gestione separata. E non si possono ricongiungere né riscattare: se non si raggiunge il tetto dei 4 anni 6 mesi e 1 giorno i contributi confluiscono in un Fondo. Fatti due conti i parlamentari a rischio, se si va al voto prima del raggiungimento dei requisiti, sono 629 su 945. Una maggioranza trasversale schiacciante e capace, per dire, di eleggersi un presidente della Repubblica al primo turno. Per l’esattezza sono 438 a Montecitorio e 191 a Palazzo Madama. I più numerosi, almeno alla Camera, i dem (209) e i grillini (91). Tanto è vero che, in questi giorni, almeno in pubblico i due schieramenti hanno cominciato a rimpallarsi reciproci sospetti. «Basta con i tentativi del M5S di far credere che i deputati del Pd vogliono arrivare a ottobre per la pensione. Piuttosto si preoccupino di quei parlamentari 5 Stelle che senza l’incarico tornerebbero disoccupati», ha accusato il dem Umberto D’Ottavio beccandosi una marea di proteste.

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