ROMA Non c’è solo la bocciatura del bilancio segnalata alla presidenza del Consiglio e pure alla procura dell’Aquila. Nel mirino della Corte dei Conti è finita qualche giorno fa anche la gestione del processo di razionalizzazione delle società partecipate dalla Regione. Stroncato, o quasi, insieme a quello che interessa l’intera galassia delle 1.034 partecipazioni dirette (l’86%) o indirette (14%) detenute dagli enti locali abruzzesi. Obiettivo disatteso. Il giudizio della suprema magistratura contabile è netto: «Analizzando, in modo aggregato, il contenuto dei piani e delle relative relazioni tecniche emerge chiaramente come l’obiettivo di razionalizzazione rimanga sostanzialmente disatteso». E i risparmi di spesa? Non sono «quantificabili». Certo invece che i casi in cui è stato scelto di ridurre i costi delle strutture societarie «risultano numericamente contenuti». Con buona pace degli obiettivi imposti da Roma, i richiami del ministero dell’Economia, i vincoli della legge Madia, il pressing dei numerosi commissari che si sono cimentati nel tempo con la spending review. E che avevano individuato proprio nella riduzione delle partecipazioni, fonti spesso di sprechi e di conflitti di interessi, come la madre di tutte le battaglie. Battaglia persa. E nel giudizio della Corte dei Conti dedicato all’Abruzzo si capisce perché, almeno per ora, la battaglia è stata persa: «A fronte di operazioni di ricognizione del portafoglio di partecipazioni, i documenti mostrano carenze rispetto alle motivazioni della scelta di mantenere la partecipazione». E ancora:«I tempi di attuazione dei piani di razionalizzazione sono molto spesso indefiniti e i risparmi conseguibili per effetto delle azioni di contenimento dei costi, generalmente trascurati». Eredità pesante. Delle oltre 1000 partecipazioni in capo agli enti locali abruzzesi, ben 900 sono detenute dai comuni, specie piccoli o piccolissimi. Ma quelle di maggior peso sono, naturalmente, in capo a regione e province. Dal censimento effettuato emerge, ad esempio, che la regione detiene 83 partecipazioni, di cui 19 di tipo diretto. Una specie di giungla che ovviamente è stata ereditata dal passato ma rispetto alla quale bisogna mettere mano e con urgenza. Anche perché vi sono situazioni che dal punto di vista economico-patrimoniale sono definite «delicate». Eppure in relazione ad alcune di esse, il Piano elaborato dalla regione non pare evidenziare il motivo per cui vengano ritenute comunque indispensabili rispetto alle finalità proprie dell’amministrazione. Saga della perdita. C’è il caso della società di gestione dell’aeroporto, la Saga spa che nel 2013 registrava una perdita di esercizio superiore ai 5,4 milioni di euro. La Corte dei conti evidenzia lapidaria come «non siano esplicitate le ragioni che inducono a ritenere assolutamente strategica la partecipazione». Sebbene i magistrati contabili apprezzino il lavoro di analisi prodotto dalla Regione non possono che concludere che il Piano e la relazione tecnica «risultano carenti o non sufficientemente dettagliati in relazione alla indicazione delle misure tese alla riduzione dei costi di gestione delle partecipate». Dismesse e aggregate. Ma quali sono i risultati prodotti da questo Piano? La Regione ha previsto o già realizzato la dismissione delle quote di 5 società (Centro ceramico Castellano scarl, Circolo Nautico Vallonchini srl, Eurosviluppo spa, Gran Sasso Teramano spa e Majella spa) ritenute non più indispensabili o strategiche. E di altre due (il Consorzio di ricerca per l’Innovazione tecnologica, la qualità e la sicurezza degli alimenti e il Consorzio Polo universitario Sulmona e Centro Abruzzo) in cui il numero degli addetti era addirittura inferiore a quello dei consiglieri di amministrazione. Ma anche l’aggregazione di tre società di trasporto pubblico locale Arpa, Gtm e Fas (in Tua) e quella di tre società consortili (Cotir, Crab e Crivea). La Corte dei Conti non entra nel merito delle decisioni adottate dalla Regione. Ma evidenzia come non sia stato «adeguatamente motivato lo scostamento tra quanto previsto e quanto realizzato». Limitandosi a citare le conclusioni messe per iscritto dalla Regione stessa. Che rispetto alle fusioni e alle liquidazioni ha constatato come scontino «il parametro dell’appetibilità del mercato». Mentre per altre misure risultano «condizionate da conseguenze di carattere sociale quali il licenziamento o la difficoltà di ricollocare il personale».