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Pescara, 25/11/2024
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Data: 11/12/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Si moltiplicano i partitini. La Regione: cambiamo la legge. Con solo 31 consiglieri le sigle sono undici, di cui sei costituite da un solo membro. E la maggioranza balla. D’Alessandro: entro sei mesi una nuova norma elettorale

PESCARA Solo a elencarli viene il mal di testa. Venerdì il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricevuto per le consultazioni ben 17 delegazioni. C’erano il Südtiroler Volkspartei, la minoranza linguistica della Valle d’Aosta, Alternativa libera-Possibile di Pippo Civati, l’Unione sudamericana Emigrati Italiani di Renata Bueno ed Eugenia Roccella, Fare!-Pri di Matteo Bragantini, e poi il Psi, con i Liberali, Grande Sud e i Civici e innovatiori, i Conservatori e Riformisti di Daniele Capezzone. E via così, in un delirio partitocratico di cespugli e cespuglietti. Ma in Abruzzo, non ce la passiamo meglio. Se il presidente della Regione Luciano D’Alfonso dovesse fare le sue consultazioni ne dovrebbe invitare undici di gruppi su un’assemblea di appena 31 consiglieri, tra i quali lo stesso governatore. Analogo discorso si può fare su molti consigli comunali. Come risulta da questa veloce ricognizione sul campo fatta dal Centro. Dei gruppi in Consiglio regionale, sei sono monogruppi, composti cioè da un solo consigliere (Cda, Ncd, Abruzzo Futuro, Idv, Sel, Gruppo misto), due da una coppia di consiglieri (Regione facile e Abruzzo civico), poi ci sono i cinque di Forza Italia, i cinque di M5s e gli 11 dei Pd. Una polverizzazione che mette in difficoltà la maggioranza. Non c’è argomento che abbia ricadute territoriali dove non si saldino opposizione e pezzi di forze politiche di governo. E D’Alfonso balla. Mentre le verifiche sono sempre in agenda. Ultima quella chiesta dall’assessore Pd Donato Di Matteo e dai due consiglieri di Abruzzo Civico (Andrea Gerosolimo e Mario Olivieri che nel frattempo hanno cambiato i colori della maglia e oggi sono Mca - Movimento civico abruzzese - pur restando formalmente Abruzzo civico). E’ per questo che D’Alfonso sta seriamente valutando l’idea di cambiare la legge elettorale (come ha anticipato mercoledì scorso sul nostro giornale) e ha messo alla presidenza della commissione statuto e legge elettorale Camillo D’Alessandro, veterano dell’Emiciclo (è alla terza legislatura) nonostante i suoi 40 anni. «Conto di portare all’approvazione la nuova legge entro sei mesi», assicura D’Alessandro, chiamato a correggere i difetti della precedente normativa, («approvata nella scorsa legislatura da tutti i partiti con la sola eccezione del Pd», sottolinea). In particolare la bassa soglia di sbarramento: 3% con possibilità di sfondarla verso il basso per chi entra con i resti. Mentre nella proposta del Pd c’era lo sbarramento di coalizione del 10%, con il 4% necessario ai singoli partiti per partecipare alla distribuzione dei seggi. «Finora non abbiamo portato il nuovo testo in commissione perché volevamo studiare un testo coerente col sistema elettorale nazionale. Dopo il referendum la cosa è saltata perché non sappiamo che cosa deciderà il Parlamento». Ma un orientamento resta, spiega D’Alessandro: «Prevale l’idea del presidente D’Alfonso che pone la seguente questione: i consiglieri oggi sono consiglieri regionali o sono persino meno di consiglieri provinciali? Le loro attenzioni vanno a tutta la regione oppure ognuno massimizza l’attenzione sui territori di provenienza?». Da qui l’idea del collegio unico regionale. Con due possibili correttivi: resta per esempio la divisione numerica dei seggi tra province: 8 per Chieti e L’Aquila; 7 per Pescara e Teramo. Inoltre, aggiunge D’Alessandro, «c’è un’ipotesi, che io non preferisco, che prevede una quota di eletti su base regionale e una quota di eletti su base provinciale». Ma non sarà facile cucire una legge che possa trovare l’unità della maggioranza «e che possa in qualche maniera», dice D’Alessandro, «estendersi ragionevolmente alle posizioni dell’opposizione». Programma ambizioso. Già è iniziato il fuoco di sbarramento delle minoranze e non solo. Cambiare una legge che riduca i cespugli contando sul consenso degli stessi cespugli non sarà facile. E di mezzo ci saranno le elezioni politiche. Dopo le quali tutto potrebbe cambiare. Anche all’interno dell’Emiciclo.



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