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Data: 12/12/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Il voto a giugno disinnesca i referendum Cgil sul Jobs Act

ROMA Il voto a giugno anche per disinnescare la mina referendum anti-Jobs Act che preoccupa i renziani. Nell'agenda politica del prossimo anno potrebbero infatti conquistarsi un posto di rilievo i tre referendum di carattere sociale per i quali la Cgil ha raccolto oltre 1 milione di firme per ciascuno e ottenuto, proprio qualche giorno fa, il sì della Cassazione. Ora l'iter formale di questi referendum prevede che si pronunci la Consulta il cui parere favorevole è dato per scontato.
Da quel momento il governo Gentiloni, una volta ottenuta la fiducia, avrà sei mesi di tempo per fissare una data per lo svolgimento della consultazione.
Sui tre referendum pende però un'incognita: in caso di elezioni anticipate la legge prevede che possano svolgersi solo almeno un anno dopo le politiche. Se le Camere fossero sciolte la prossima primavera, dunque, i referendum della Cgil slitterebbero al 2018.
IL PUNTO
Già, ma di cosa si occupano i tre quesiti? Eccone i titoli secondo gli stessi comunicati del sindacato guidato da Susanna Camusso: «Abrogazione disposizioni in materia di licenziamenti illegittimi; abrogazione sul lavoro accessorio (voucher); abrogazione disposizioni limitative della responsabilità solidale in materia di appalti».
Al di là dei titoli, i testi dei quesiti sono molto complessi sul piano tecnico ma chiari su quello simbolico. Il primo referendum farebbe tornare l'articolo 18 e quindi la reintegrabilità del lavoratore in caso di licenziamento senza un valido motivo in una serie di casi che oggi non sono previsti dal Jobs Act promosso da Matteo Renzi.
Questo quesito è lungo una pagina e mezza ed è considerato strategico dalla Cgil che si è opposta al Jobs Act. Com'è noto quest'ultima legge viene chiamata anche delle tutele crescenti perché se un'azienda licenzia un dipendente deve riconoscergli una somma di denaro che cresce con il passare degli anni di lavoro del dipendente stesso. Il referendum - come detto - intende invece ripristinare il reintegro del lavoratore licenziato stabilito dal giudice. Va sottolineato, però, che il reintegro obbligatorio per motivi economici (cioè anche in caso di crisi dell'azienda) ovvero il cuore dell'articolo 18 è stato abolito non dal Jobs Act ma dalla riforma del lavoro varata dal governo Monti nell'estate del 2012.
Gli altri due referendum intendono colpire l'uso eccessivo dei voucher (cioè di buoni acquistabili presso le tabaccherie) per pagare le prestazioni temporanee dei lavoratori e rendere ugualmente responsabili, in caso di incidente sul lavoro, sia la società o l'amministrazione che dà un appalto sia la ditta che lo vince.

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