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Data: 12/12/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Il metodo Gentiloni «Il Paese va ricucito»

ROMA «Bisogna ricreare un confronto civile, anche perché quei lievi segnali di voglia di riprendere la marcia che il Paese manifesta, vanno incoraggiati con un clima sereno». Sarà pure un governo molto simile, il suo. E sarà Matteo Renzi, in qualità di azionista di maggioranza, a decidere timing e bandiere da issare. Ma Paolo Gentiloni, durante le sue prime consultazioni, manifesta un approccio nuovo. Meno divisivo. Lontano dalle trincee care al suo predecessore. Questione di carattere e non solo. In più, forse anche per non spaventare i suoi interlocutori, il premier incaricato (con riserva) non traccia alcun termine. Non parla di elezioni a giugno.
Al capogruppo Pino Pisicchio, che l'interrogava sulla durata del governo che nascerà domani con il voto di fiducia, Gentiloni ha risposto: «Dici bene, i governi ricevono la fiducia delle Camere e vanno avanti con il loro programma». Insomma, il successore di Renzi non enfatizza la data di scadenza.

L'APPROCCIO FELPATO La volontà di un approccio più garbato e meno da combattimento (anche verso la minoranza del Pd), è la strategia scelta da Gentiloni per tentare una navigazione «maggiormente proficua possibile». Non certo nella speranza di trascorrere giornate serene a palazzo Chigi. Ma per tentare di spingere il Paese, con più forza, verso una ripresa economica convincente. Insomma, il premier incaricato tenterà la pacificazione, dopo ben sette mesi di campagna referendaria lacerante e mille giorni di renzismo. E lo farà anche per provare a disinnescare, e far perdere forza e consensi, a chi come i Cinquestelle e la Lega sono determinati a restare sulle barricate: i due partiti hanno annunciato di non partecipare alle consultazioni, chiamando i militanti in piazza.
Uno stile umano, non solo politico. Ai suoi interlocutori, durante le consultazioni nella sala dei Cavalieri di Montecitorio, per prima cosa Gentiloni ha chiesto scusa: «Perdonatemi se vi ho costretto, senza preavviso, a venire qui di domenica. Ma il capo dello Stato desidera che il governo sia nella pienezza dei suoi poteri prima del Consiglio europeo di giovedì». Da qui anche la decisione di chiedere il voto di fiducia del Parlamento già domani. «Per un governo vero, con un programma vero». Che avrà «massima attenzione alla questione sociale, soprattutto quella che tormenta il Sud».
Diverso pure l'approccio nella comunicazione. Per l'intera giornata Gentiloni si è tenuto alla larga dai giornalisti. Quando alle sei di sera è arrivato il momento di raggiungere la sala dove si sarebbero svolte le consultazioni, il premier incaricato ha preferito compiere un percorso di ben duecento metri, pur di non passare davanti a cameramen e taccuini. E quando non ha avuto modo di dribblarli, con alle spalle un albero di Natale, si è limitato a dire: «Arbre de Noel». Un silenzio da record. Un silenzio che ha imposto anche agli interlocutori che ha visto per istruire la pratica-governo: dal capogruppo del Pd Luigi Zanda, incontrato alla Camera, ai ministri Pier Carlo Padoan, Carlo Calenda, Maurizio Martina e il sottosegretario Claudio De Vincenti ricevuti in segreto a metà pomeriggio nello studio della Farnesina.
In punta di piedi, felpato, è anche il modo con cui Gentiloni intende affrontare il nodo più spinoso: la legge elettorale. Tanto più che il tempo necessario per riformarla sarà decisivo per stabilire la durata del nuovo esecutivo. «Mi voglio mantenere il più distante possibile da questa materia. La legge elettorale la farà il Parlamento, se lo chiederete il governo sarà naturalmente disposto a dare una mano», ha precisato incontrando Gaetano Quagliariello. La replica del leader di Idea: «Bene, è un apprezzabile segnale di discontinuità rispetto al tuo predecessore».

IL NODO LEGGE ELETTORALE Che questa sia la linea, Gentiloni l'ha fatto capire anche nel breve discorso (meno di tre minuti) pronunciato al Quirinale: «Il quadro ampio e articolato delle consultazioni svolte dal presidente della Repubblica sarà la base del lavoro per accompagnare e facilitare se possibile il lavoro delle forze parlamentari per definire, con la necessaria sollecitudine, le nuove regole elettorali».
Diversità a parte, Gentiloni non ha alcuna intenzione di allontanarsi dal suo amico e segretario Renzi. Perché, come dice Michele Anzaldi che lo conosce molto bene, «è Renzi il capo e a Renzi bisogna dare retta». E prova di lealtà, Gentiloni, l'ha data già sul Colle: «Dalle consultazioni del capo dello Stato è emersa la conferma della decisione del presidente Renzi di non accettare il reincarico. In coerenza con l'impegno che Renzi aveva più volte manifestato in campagna elettorale. Questa coerenza merita rispetto da parte di tutti». E' seguita anche la spiegazione perché il nuovo governo sarà molto simile al vecchio: «E' emersa l'indisponibilità delle maggiori forze di opposizione a condividere la responsabilità di un nuovo governo. Dunque non per scelta, ma per senso di responsabilità, ci muoveremo nel quadro dell'esecutivo e della maggioranza uscenti».
Oggi pomeriggio, dopo aver finito le consultazioni, Gentiloni scioglierà la riserva. Domani la lista dei ministri, giuramento al Quirinale. E voto di fiducia. Giovedì a Bruxelles il debutto al Consiglio europeo.

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