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Data: 13/12/2016
Testata giornalistica: Il Centro
Boschi è sottosegretario Solo due le new entry. Le senatrici Pd Finocchiaro e Fedeli ai Rapporti con il Parlamento e all’Istruzione. Tra i cinque nuovi ministri c’è Lotti, braccio destro di Renzi. Alfano va agli Esteri. Graziano Delrio confermato alle Infrastrutture e trasporti

ROMA Le vere “new entry” sono solo due: Valeria Fedeli, vice presidente Pd del Senato ed ex dirigente della Cgil, chiamata a sostituire Stefania Giannini al ministero dell’Istruzione, e Anna Finocchiaro, presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato ed ex ministro delle Pari opportunità con il governo Prodi, dal maggio 1996 all’ottobre 1998, che assume l’incarico di ministro per i Rapporti con il Parlamento e il compito delicato di gestire i passaggi che dovranno portare alla nuova legge elettorale. Per il resto, la lista di Paolo Gentiloni non contiene nomi nuovi, ma novità importanti, prima fra tutte il cambio della guardia al ministero degli Interni tra Angelino Alfano e il sottosegretario ai Servizi Marco Minniti, con il trasferimento del leader di Ncd al ministero degli Esteri, lasciato libero dal neo-premier. I fedelissimi di Renzi. Con la riconferma di 13 ministri e la promozione a ministro di tre sottosegretari, infatti, il governo Gentiloni rappresenta la continuità dell’esecutivo di Matteo Renzi. Una squadra in cui due fedelissimi del premier uscente, l’ex ministro delle Riforme Maria Elena Boschi e l’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti, restano in campo in posizioni di forza. Boschi infatti, seppure “depotenziata” è sottosegretario unico alla Presidenza del Consiglio, un ruolo più defilato ma certamente di grande potere, mentre la delega alle Riforme viene depennata dalle competenze del governo. Boschi dà il cambio a Palazzo Chigi a Lotti, il plenipotenziario di Renzi, che assume l’incarico di ministro dello Sport, ma mantiene due deleghe importanti, quella all’editoria e quella al Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica, determinante per il prossimo giro delle poltrone che riguarderà le grandi quotate pubbliche, da Eni a Enel, da a Poste a Finmeccanica. La titolarità dei Servizi, che Lotti pensava di avere in agenda, resta invece per ora nelle mani di Gentiloni, dopo che lo stesso presidente Sergio Mattarella avrebbe fatto trapelare la sua contrarietà a un eccessiva concentrazione di deleghe pesanti nelle mani del neo-ministro. La staffetta. Il cambiamento più vistoso è certamente il trasloco di Alfano alla Farnesina, un incarico a cui dopo aver guidato il Viminale per quasi quattro anni, il nuovo capo della diplomazia italiana arriva lasciando il posto all’ex sottosegretario ai Servizi Marco Minniti. Ai suoi appuntamenti europei, dove ha già una lunga esperienza nel consiglio degli Interni, Alfano tornerà a occuparsi di immigrazione e, se la vita del governo non sarà troppo breve, si troverà a gestire il G7 del 26 e 27 maggio a Taormina, nella sua Sicilia. I promossi. Con Lotti e Minniti, entra a far parte della squadra dei ministri anche Claudio De Vincenti, 68 anni, chiamato a occuparsi di Coesione territoriale e Mezzogiorno, deleghe che vengono resuscitate dopo essere state tenute a lungo nel cassetto per dare un segnale di attenzione alla parte più sofferente del Paese. Pur non essendo parte del cosidetto “giglio magico” De Vincenti è un collaboratore strettissimo dell'ex premier. Professore di Economia politica all’università di Roma La Sapienza, ex sottosegretario allo Sviluppo economico con i governi Monti e Letta ed ex viceministro allo Sviluppo con Renzi, De Vincenti commenta così l’incarico: «È un grande sfida, Io speriamo che me la cavo...». I confermati. Restano dunque al loro posto Pier Carlo Padoan all’Economia, la cui riconferma viene salutata dai media stranieri come «necessaria» per gestire le pesanti questioni economiche sul tavolo, Andrea Orlando alla Giustizia, Roberta Pinotti alla Difesa, Marianna Madia alla Pubblica amministrazione, Graziano Delrio alle Infrastrutture, Carlo Calenda allo Sviluppo Economico, Maurizio Martina all’Agricoltura, Gianluca Galletti all’Ambiente, Beatrice Lorenzin alla Salute, Giuliano Poletti al Lavoro e Dario Franceschini alla Cultura. La bocciata. Del governo uscente l’unica a non rientrare è il ministro all’Istruzione Stefania Giannini, ex Scelta civica e ora Pd, “sacrificata” dopo le polemiche che hanno investito la riforma della “Buona scuola” per fare posto a Fedeli e assicurare al governo l’apertura a sinistra che Gentiloni aveva già provato a garantire con Gianni Cuperlo, incassando però il rifiuto dell’ex presidente Pd. E Fedeli lancia subito un segnale di apertura: «Convocherò presto tutte le parti per sentire il loro parere sui problemi della scuola».

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